“Badde Suelzu”: l’intervista al regista Martino Pinna e al direttore della fotografia Alessandro Violi

“Racconterò la storia delle città che andrò visitando, tanto delle grandi quanto delle piccole. La maggior parte di quelle che un tempo erano grandi, sono ora diventate piccole; e quelle che nel corso della mia vita ho visto crescere e diventare potenti, avevano prima dimensioni molto ridotte.” – Erodoto

Badde Suelzu

Sardegna Abbandonata è un progetto web autofinanziato nato nel 2012 che mette in luce territori presenti nella Sardegna che ormai sono stati abbandonati, o sono in via di abbandono come Badde Suelzu, una piccola frazione di soli sette abitanti del comune di Alà dei Sardi nella provincia di Olbia-Tempio.

Oltre ad articoli e foto che ci narrano queste zone che vivono nel dimenticatoio, il responsabile del sito Martino Pinna ed un suo collaboratore Alessandro Violi, hanno prodotto dei documentari quali il cortometraggio “Adiosu” (ne abbiamo parlato nel 2013) e il neo progetto “Badde Suelzu” inaugurato pochi giorni fa e presentato al pubblico con i primi due episodi.

Rispettivamente l’idea del progetto è di Martino Pinna, Alessandro Violi si è occupato delle riprese, ed assieme hanno curato il montaggio degli episodi; hanno collaborato Daniele Bertulu, Massimiliano Chessa, Gabriele Pinna e Simone Righini.

L’intervista che segue è stata realizzata in due momenti diversi così che Alessandro e Martino potessero rispondere autonomamente e raccontare la propria visione di Badde Suelzu.

Vi auguro una proficua lettura e consiglio vivamente di visionare i primi due episodi di questo toccante documentario.

 

A.M.: Ciao Martino ed Alessandro con molto piacere vi ospito qui sul nostro pozzo dell’oblio per conoscervi meglio e per poterci abbeverare alla vostra sorgente. La prima domanda che vorrei farvi è un po’ personale: come vi siete conosciuti e da quanto tempo collaborate assieme?

Adiosu

Alessandro Violi: Ho conosciuto Martino una decina di anni fa tramite un amico in comune, Simone, con cui abbiamo creato un gruppo di studio sulla commedia italiana degli anni ‘70, senza nessuno scopo ben preciso. Dato che io nella vita mi occupo di riprese e montaggio video, quando Martino decise di fare il primo documentario legato al progetto di Sardegna Abbandonata (“Adiosu”) mi chiamò, così dal 2012 abbiamo cominciato a collaborare anche in maniera professionale, anche perché in quel periodo ero l’unico che conosceva con una videocamera.

Martino Pinna: Ci conosciamo da molti anni ma abitavamo in posti diversi. Però una volta Alessandro mi disse “se vuoi fare un video, un film o un documentario in Sardegna, io ci sono”. Diversi anni dopo volevo realizzare quello che poi è diventato “Adiosu” (il primo progetto video di Sardegna Abbandonata) e la prima persona che mi è venuta in mente è stata lui. Sia “Adiosu” sia “Badde Suelzu” non esisterebbero senza questa preziosa collaborazione.

 

A.M.: Sarebbe bello parlare in modo approfondito anche degli altri vostri lavori ma oggi siamo qui per il documentario uscito su Sardegna Abbandonata “Badde Suelzu”? Come siete venuti in contatto con questa piccola ed incantata frazione?

Alessandro Violi: La prima volta che siamo stati a Badde Suelzu fu nel 2013, durante le riprese di Adiosu. Martino aveva già notato il piccolo paese sperduto in mezzo le montagne, quindi un giorno decidemmo di andare a farci un giro. In realtà io, di solito, quando non faccio le riprese dormo in macchina, quindi praticamente un giorno mi sono svegliato che ero a Badde Suelzu. Quel giorno realizzammo anche la primissima intervista a Salvatore.

Martino Pinna: Non dirò “per caso” perché mi è stato espressamente chiesto da un amico di evitare questa espressione. È andata così: eravamo in giro a fare riprese nei dintorni del lago Coghinas. Dopo una giornata iniziata all’alba e subito andata male, mi ero affidato alla cartina. Mi piacciono molto le mappe, di ogni genere. E su questa cartina avevo notato, a circa un’ora da lì, un puntino nero su uno spazio bianco, apparentemente circondato dal nulla, con il nome “Badde Suelzu”. Il suono era molto bello e pensavo fosse un paese abbandonato. Dopo molte curve senza incontrare praticamente neanche una macchina siamo arrivati alla fine della stradina del villaggio, dove c’è la chiesa di San Giuseppe. Lì c’erano due degli abitanti di Badde Suelzu, uno di questi era Salvatore. Era gennaio, faceva abbastanza freddo. Abbiamo iniziato a parlare, poi siamo andati a casa sua, un bicchiere di vino (noi, lui non beve) e ricordo di aver pensato: mi piacerebbe vivere qui. In seguito non ci sono andato a vivere, ma ho trovato pretesti per tornarci spesso, come girare un documentario. Direi che l’intero progetto è stato un pretesto per andare ogni tanto a Badde Suelzu.

 

A.M.: Per ora ci sono online due episodi, “Salvatore” ed “Enrico”, ci svelate se i prossimi episodi in uscita ad ottobre avranno come titolo il nome degli altri abitanti di Badde Suelzu?

Badde Suelzu

Alessandro Violi: Ogni episodio sarà dedicato ad un abitante di Badde Suelzu, non so esattamente quante saranno le puntate, ma sicuramente non più di sette, anche se spero in una puntata monotematica solo sulle pale eoliche.

Martino Pinna: Sì. Come si può immaginare, visto lo scarso numero degli abitanti del villaggio, gli episodi non saranno tantissimi. Anche se a me sarebbe piaciuto documentare la vita a Badde Suelzu ogni settimana, ogni mese, per anni. Fare 7mila episodi, come Beautiful. Purtroppo non è possibile, anche perché sia io sia Alessandro abitiamo da un’altra parte, fuori dalla Sardegna, e inoltre vanno considerate tutte le difficoltà dei progetti autofinanziati. Ma fosse possibile io documenterei ogni singola giornata di Badde Suelzu, fino all’ultimo. Penso sia completamente inutile e assolutamente necessario. Nel mio mondo ideale accendo la tv e non c’è un telegiornale: c’è una ripresa fissa su Badde Suelzu. Apparentemente per la maggior parte del tempo non accade nulla. Ma se succede qualcosa lì, allora sta succedendo veramente qualcosa. Io penso che per vedere meglio si debbano chiudere gli occhi. Noi siamo convinti che ogni giorno accadano migliaia di eventi significativi, ma basta allontanarsi un attimo per rendersi conto che non è così, i fatti veramente significativi alla fine sono pochi. Io ad esempio penso di non averne visto nemmeno uno, in tutta la mia vita. Per questo una ripresa fissa su Badde Suelzu sarebbe fondamentale: se accade qualcosa di realmente importante, si dovrebbe vedere anche là.

 

A.M.: Sul sito Sardegna Abbandonata specificate che gli episodi del documentario possono anche esser visti autonomamente. Come mai questa scelta?

Alessandro Violi: Perché è anche la maniera in cui l’abbiamo vissuta noi: ci siamo dedicati singolarmente ad ogni abitante di Badde Suelzu, realizzando le interviste principali, anche se in un anno e mezzo abbiamo raccolto un sacco di materiale, quindi non è escluso di far uscire una versione integrale della durata di 37 ore. La visione a puntate e sicuramente anche più comoda poi per la visione su internet, che è il sistema principale con cui Badde Suelzu viene distribuito.

Martino Pinna: I vari episodi sono legati tra loro da fili invisibili. Non c’è una “storia” da seguire dall’inizio alla fine. Quindi per me si può vedere in tutti i modi. È più simile alla televisione, qualcosa che puoi guardare come e quando vuoi. Allo stesso tempo richiede attenzione, anche se solo per 11 o 12 minuti. Se proprio dovessi dare un consiglio però io direi che il modo migliore di vederlo è in ordine, uno dopo l’altro, perché è più o meno l’ordine in cui li abbiamo girati. Però allo stesso tempo ogni episodio ha vita autonoma.

 

A.M.: Nell’episodio “Salvatore” mi ha colpito molto la nascita del capretto e l’armonia con la quale il protagonista salendo sulla montagna riversa, nei lati della strada, le pietre trascinate dalla pioggia. Possiamo affermare che a Badde Suelzu “essere umano” coincide con “essere naturale”?

Badde Suelzu

Alessandro Violi: Sicuramente Salvatore non prova quella gioia, quel senso di libertà, che proviamo noi di città quando andiamo in bosco o siamo a contatto con la natura, lui parte già di base da quel livello, per lui è la normalità, credo che lui non consideri neanche quello che fa un lavoro come lo intendiamo noi. A Badde Suelzu hanno sempre vissuto in simbiosi con l’ambiente che li circondava, è anche per questo probabilmente che la natura lentamente sta inglobando anche il paese e i suoi abitanti.

Martino Pinna: Possiamo dirlo di Salvatore, forse. Ma la natura, la campagna, è una schiavitù. Vuol dire passare la propria vita ad alzarsi prestissimo la mattina e non potersi assentare mai, né con il freddo né con la pioggia. Essere completamente dipendenti dal proprio gregge, perché il gregge è completamente dipendente da te. Non esiste altro, è una vita dura. Ma questa rinuncia e la completa dedizione agli animali sono anche aspetti confortanti e piacevoli. Cancelli tutto il resto: c’è solo quello, e a quello ti dedichi. Un po’ come la vita monastica, se vogliamo. Io personalmente invidio la vita di Salvatore. Mi rendo conto che è una vita di sforzi, sacrifici e di abnegazione, ma lo invidio comunque. Come dice sua madre, tia Giovanna, “così è la vita che è passata”. Una vita dura. È proprio la solita storia del pastore, ma è sempre interessante.

 

A.M.: Nell’episodio “Enrico”, invece, mi ha colpito il racconto dei due sogni che, in qualche modo, hanno visto la preveggenza della morte della madre e del padre del protagonista. Se consideriamo che l’archetipo “casa” può essere assimilata con “famiglia”, dunque eccovi una domanda esoterica: quanto influisce il silenzio e la contemplazione della natura nell’incontro con la divinazione e/o profezia, visto e considerato che la mente di Enrico non subisce il bombardamento giornaliero a cui invece gli abitanti delle città e dei paesi sono soggetti?

Alessandro Violi: Ci sono persone che affrontano percorsi di studi e fanno esercizi per anni per raggiungere il silenzio e la pace interiore, per ripulirsi da tutte le contaminazioni negative del mondo moderno, probabilmente basterebbe trasferirsi a Badde Suelzu.

Martino Pinna: Enrico è una persona molto raffinata e intelligente. Questa sua sensibilità si nota in tanti aspetti del suo carattere, del suo modo di parlare e della sua casa. Ad esempio ha una calligrafia bellissima, che purtroppo non abbiamo ripreso, dato che la maggior parte delle cose che abbiamo visto non le abbiamo riprese. Ha libri sui palazzi di Vienna, vasi cinesi, dipinti e altre piccole cose che sembrano fuori luogo in mezzo al bosco di Badde Suelzu ma che rappresentano perfettamente l’interiorità di Enrico. È anche uno che fin da bambino ha fatto il pastore, ha vissuto nella natura, quella del freddo e della fatica. Oggi non lavora più ma cammina molto e gli piace molto stare in mezzo agli alberi. Allo stesso tempo guarda quotidianamente la televisione e gli piacerebbe vivere in città. Forse è l’unico degli abitanti di Badde Suelzu che ha questa attrazione per quello che lui chiama “l’agglomerato”. Però la vorrebbe a modo suo: non sarebbe in grado di vivere in un condominio. Un giorno ci ha fatto una domanda secondo me significativa. Dato che io e Alessandro abbiamo vissuto in città storiche, Enrico ci ha chiesto “ma quei bei palazzi antichi dove vivevano re e regine, ora da chi sono abitati?”. Per quanto riguarda i sogni, è vero, gli dà importanza, come fanno spesso le persone anziane.

 

A.M.: I due protagonisti, anche se vivono per scelta in una sorta di isolamento dalla società ed in perfetta comunione con la Natura, vi hanno accolto nel migliore dei modi. È a Badde Suelzu che si è nascosta la così tanto nominata “ospitalità sarda” che ultimamente da quanto si scorge nei nostri telegiornali è stata abbandonata per una psicosi caratterizzata dal rifiutare il diverso?

Badde Suelzu

Alessandro Violi: Tutte le persone che abbiamo incontrato a Badde Suelzu si sono dimostrate subito molto aperte e cordiali, direi che la maggior parte delle interviste sono state fatte durante un pranzo o cena (qualche volta ci siamo anche dimenticati di fare le riprese), ma in ogni caso non abbiamo mai voluto esagerare con la nostra presenza, perché al di là di tutto è fastidioso avere in casa della gente con una telecamera. Devo dire che in generale ho sempre trovato molta ospitalità da parte dei sardi, anche con altri ragazzi di Sardegna Abbandona e soprattutto con i genitori di Martino che ringrazio particolarmente. In generale credo la paura nasca dall’ignoranza, gran parte di questa psicosi è riconducibile ad una cattiva informazione. Auspico un futuro dove si torni tutti ad essere nomadi.

Martino Pinna: A Badde Suelzu sono senza dubbio tutti molto ospitali, ma, basandomi sulla mia esperienza, posso confermare il luogo comune: in Sardegna si trova ospitalità praticamente ovunque. Perfino io, sono ospitale! È un modo di rapportarsi molto antico: passa un estraneo davanti a casa tua e lo inviti a entrare, a bere un bicchiere di vino, a scaldarsi davanti al fuoco. Per fortuna esistono posti dove questo si può fare ancora, probabilmente perché di estranei ne passano pochi. È tutta una questione di scala. Ovviamente è più difficile essere ospitali con gli sconosciuti se abiti, non so, a Milano. È curioso però che, perfino a Badde Suelzu, ci sia una certa preoccupazione nei confronti degli immigrati, fomentata più che altro dai telegiornali che loro guardano quotidianamente. Questo mi ha colpito molto. È un posto isolato e perfino difficile da trovare, eppure temi come il pericolo rappresentato da persone che vengono da “fuori”, qualsiasi cosa voglia dire, esiste anche là. Poi, non so se loro vivano “in perfetta comunione con la Natura”… non è esattamente il pianeta di Avatar, per capirci. Si vive là perché si è nati là, adattandosi tutta la vita. Credo sia più difficile vivere nelle periferie delle grandi città, eppure anche lì le persone si adattano. Dopotutto vogliamo anche andare su Marte, che non mi sembra per niente ospitale, eppure perfino là potremmo adattarci. È un aspetto dell’essere umano che trovo affascinante ma anche inquietante: è quasi come quei batteri che riescono a vivere ovunque.

 

A.M.: Se Salvatore ed Enrico non si sposeranno e dunque non avranno eredi, che ne sarà di Badde Suelzu? La frazione ha case libere in affitto od in vendita?

Alessandro Violi: Mai direi mai, magari il Signor Enrico incontra la persona giusta e decide di sposarsi, chi lo sa… Credo ci siano delle case in vendita, io personalmente ci andrei a vivere, ma credo che il futuro di Badde Suelzu sia composto per lo più da piante e alberi, magari da sughero.

Martino Pinna: Sul destino del villaggio posso dire che ho fatto la stessa domanda a tutti gli abitanti e tutti hanno risposto allo stesso modo: nessun futuro. È evidente: a un certo punto gli ultimi abitanti moriranno e nessuno resterà a Badde Suelzu. Forse i parenti più giovani ci andranno ogni tanto la domenica, o per andare a caccia o per fare qualche pranzo, ma la vita comunitaria è ormai scomparsa semplicemente perché sono scomparse le persone. Già ora è difficile definirla una comunità. Qualcuno immaginava un futuro di agriturismo, cose di questo tipo. Ma secondo me bisogna pensare in grande. Io fossi un imprenditore comprerei i terreni abbandonati e costruirei un enorme casinò, con sale da gioco, piscine, croupier, champagne, ballerine, insegne luminose come a Las Vegas (preservando il bellissimo bosco, naturalmente) alimentate dal vicino parco eolico, e dichiarerei tutta la valle zona franca, libera dalle tasse e dalle leggi dello Stato. Metà degli introiti ovviamente andrebbero ai parenti dei vecchi residenti.

 

A.M.: In Sardegna, ci sono realtà simili a Badde Suelzu o la ritenete una sorta di mosca bianca?

Alessandro Violi – Martino Pinna

Alessandro Violi: Simili probabilmente sì, ma come Badde Suelzu non credo ce ne siano, sarà la conformazione del terreno, sarà la sua storia, saranno le pale eoliche, ma direi che è unica.

Martino Pinna: Ci sono tantissimi posti così, in Sardegna e anche nelle regioni della penisola. Anche solo nella zona di Badde Suelzu ci sono altre frazioni simili, con pochissimi abitanti, oppure ormai già abbandonate, come la vicina Badu Andria. Una particolarità di Badde Suelzu è il relativo isolamento. È rimasta fuori dalle strade principali, la strada conduce solo lì, non ci sono turisti di passaggio e il cellulare non prende. Per capirci, non è un posto carino dove la gente va a fare le fotografie da mettere su Instagram, come Lollove. È un’altra cosa.

 

A.M.: Salutateci con una citazione…

Alessandro Violi: “La prossima volta che avrai paura di condividere un’idea, ricordati che qualcuno una volta ad una riunione disse ‘facciamo un film con un tornado pieno di squali’.” – Anonimo

Martino Pinna: Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n’avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle tali cose, o non fo quelle tali azioni, per dilettarvi o giovarvi. E finalmente, se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei.” – Giacomo Leopardi – “Dialogo della Natura e di un islandese”

 

A.M.: Martino ed Alessandro vi ringrazio per il tempo che mi avete dedicato ed aspetto con curiosità i prossimi episodi. Per ora vi saluto con una citazione tratta da Lev Tolstoj: “Una vita tranquilla, appartata, in campagna. Con la possibilità di essere utile alle persone che si lasciano aiutare, e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità; e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità.

 

Written by Alessia Mocci

 

 

Info

Sito Sardegna Abbandonata

Guarda “Badde Suelzu”

Recensione “Adiosu”

 

Un pensiero su ““Badde Suelzu”: l’intervista al regista Martino Pinna e al direttore della fotografia Alessandro Violi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *