Donne contro il Femminicidio #23: le parole che cambiano il mondo con Elisabetta Valeri
Le parole cambiano il mondo. Attraversano spazio e tempo, sedimentandosi e divenendo cemento sterile o campo arato e fertile.
Per dare loro il massimo della potenza espressiva e comunicativa, ho scelto di contattare, per una serie di interviste, varie Donne che si sono distinte nella lotta contro la discriminazione e la violenza di genere e nella promozione della parità fra i sessi.
Ho chiesto loro, semplicemente, di commentare poche parole, che qui seguono, nel modo in cui, liberamente, ritenevano opportuno farlo. Non sono intervenuta chiedendo ulteriori specificazioni né offrendo un canovaccio. Alcune hanno scritto molto, raccontando e raccontandosi; altre sono state sintetiche e precise; altre hanno cavalcato la pagina con piglio narrativo, creando un discorso senza soluzione di continuità.
Non tutte hanno espresso opinioni univoche, contribuendo, così, in modo personale alla “ricerca sul campo”, ma tutti si sono dimostrati concordi nell’esigenza di un’educazione sentimentale e di una presa di coscienza in merito a un fenomeno orribile contro le donne, che necessita di un impegno collettivo.
Oggi è il turno, per “Donne contro il Femminicidio“, di Elisabetta Valeri, giornalista, editor e docente di giornalismo digitale, collabora con diverse testate cartacee e webzine. La difesa della donna è un tema che le sta a cuore perché è consapevole della responsabilità del suo lavoro nel raccontare le ferite subite. Ha fondato, di recente, il sito ProtagonistaDonna perché crede che il mondo possa girare intorno all’universo femminile, non solo per le brutte pagine di cronaca.
Femmina
Lo ammetto! È un termine che, istintivamente, rinnego. Forse per un retaggio culturale errato la parola “femmina” mi evoca sensazioni negative. Le parole hanno un peso, un corpo nel nostro immaginario ed è come se il termine femmina si concretizzasse davanti a me. Lo vivo in contrapposizione con “donna” che, inconsciamente, lego alla dolcezza, alla classe, alle caratteristiche che tratteggiano noi ragazze. Se, però, supero l’istinto e la familiarità, osservo meglio i tratti della parola e ne scopro il valore. Femmina è l’odore acre della terra dopo la pioggia, è la forza che fa rinascere tutto dopo che è stato spazzato via. Femmina è la lava che ognuna di noi ha dentro, quella che inonda il mondo ed è capace di colorarlo dei nostri colori. Una femmina me la immagino anche una leonessa che combatte per i propri cuccioli, li difende, è pronta a sacrificare se stessa. Sicuramente le donne sono così, e non importa quale sia la parola scelta, rimangono così: donano la vita, il bene più prezioso.
Femminismo
Una parola che sa di battaglie, fatte in nome della parità, in un tempo in cui alla donna erano preclusi ambiti e decisioni. Questo è stato il movimento storico che in Italia ha assunto la definizione di “femminismo”. Il punto di riferimento da eguagliare, però, è sempre stato l’uomo. Il confronto si è basato sulle differenze rispetto al genere maschile. Il femminismo quindi, in fondo, è stato il desiderio di comportarsi e agire come gli uomini, senza alcuna limitazione delle proprie decisioni. Possiamo considerarla, con il senno di poi, una vittoria? Non so. Continuo a pensare che la conquista delle donne non sia equipararsi agli uomini, competere con loro, pensare come loro, ma essere orgogliose della propria natura. Credo che una conseguenza negativa del movimento femminista sia l’attuale confusione dei ruoli che fa sentire insicuri gli uomini e aggressive alcune donne. Non metto in discussione la bontà dell’intento iniziale di apportare un cambiamento che rendesse giustizia per i soprusi e le mortificazioni subite. Il femminismo, infatti, lo descriverei, a una ragazza di oggi, come un ideale comune per cui lottare. I tempi, però, sono cambiati. Ormai non ci sono molte barriere da abbattere. Le donne non hanno più bisogno di dimostrare di essere competenti e professionali in ogni campo. Oggi il gioco dei ruoli non è più un braccio di ferro.
Sarebbe meglio sedersi insieme al tavolo e guardarsi di nuovo negli occhi, fieri quelli dell’uomo e dolci quelli della donna.
Indubbiamente la parola che mi ferisce di più. Spesso il femminicidio non è solo l’eliminazione fisica di una donna, ma la volontà di umiliarla e mortificare la sua natura. Femminicidio significa desiderio di possesso, mai amore. Su questo, soprattutto noi professionisti della comunicazione, dobbiamo essere molto chiari. L’amore è un’altra storia, un sentimento di rispetto e fiducia. Nulla a che vedere con un gesto crudele che mira ad annientare l’altro, non ad accrescerlo. Il femminicidio è la rappresentazione dell’insicurezza di fronte alla libertà femminile. Un gesto vile che ha bisogno di giustificarsi perché non trova spiegazioni. Non bisogna cedere neanche su questo! Qualunque sia il movente del femminicidio, nulla può avallare un crimine tanto meschino.
Educazione sentimentale
Se ci fosse, forse, non si parlerebbe più di femminicidio. A scuola e in famiglia non s’insegna come coltivare un amore, come rispettarlo e onorarlo. Oggi, poi, che tutto va veloce e si parla solo via chat non è facile far maturare un sentimento, comprenderlo e offrirgli la cura che merita. L’educazione sentimentale, invece, dovrebbe essere una materia obbligatoria nella scuola della vita. Fin da piccoli è importante insegnare ai bambini il valore dei legami: con la famiglia, con gli amici, con gli animali e con l’altro sesso. Anche i libri contribuiscono a far maturare un’educazione sentimentale. Io, ad esempio, ero una bambina appassionata di Leopardi. Dovevo sembrare proprio strana! Quelle pagine, però, mi hanno aiutato a capire che un sentimento può provocare anche dolore. Un sentimento può anche ferire, però sta a noi scegliere come elaborare quell’esperienza. L’educazione sentimentale insegna proprio questo: ogni emozione, positiva o negativa, ti fa crescere e diventa una parte di te…non sempre la peggiore!
Written by Emma Fenu
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