FEFF 2017: Sezione Competition – “Shock Wave” di Herman Yau
Udine. Ed è letteralmente con un’“onda shoccante” che s’è chiuso il 19esimo Far East Film Festival, meglio di quanto non fosse stato fatto l’anno passato in corrispondenza di un altro titolo appartenente allo stesso genere, quel “The Bodyguard” di e con Sammo Hung in “versione cricetone dall’animo nobile”.
L’animo nobile c’è anche qui, indubbiamente più raffinato nell’approfondimento psicologico, ed ha il volto di Andy Lau, figura di spicco dell’evento udinese in qualità di produttore e protagonista del meraviglioso “A Simple Life” e, per l’appunto, di “Shock Wave”, prestigiosa première festivaliera a livello internazionale collocata a soli 9 giorni di distanza dal debutto in patria, attualmente secondo nei mercati cinesi solo a “Fast and Furious 8”.
Per l’occasione il divo è posto sotto la direzione di un altro mito asiatico, Herman Yau, in concorso pure con l’horror “The Sleep Curse”, noto agli occidentali in special modo per “The Legend Is Born: Ip Man” (2010) e “Ip Man: The Final Fight” (2013), giunto comunque alla rispettabile quota di 67 lungometraggi realizzati dal 1987 ad oggi.
Siamo di fronte ad un solido action movie, importante innanzitutto per il rilievo emblematico dato al soggetto e per il teatro principale degli eventi narrati, ossia rispettivamente una storia di terrorismo organizzato e il Cross-Harbour Tunnel hongkonghese, infrastruttura lunga poco meno di 2 km percorsa mediamente da oltre 100 mila veicoli al giorno.
Il suo annientamento (perché naturalmente di questo si tratta) è pianificato da un famigerato criminale (Jiang Wu), ribattezzatosi Blast dopo un colpo grosso ad un caveau d’oro terminato con la cattura di metà banda per opera del poliziotto infiltrato Cheung (Andy Lau).
Accanto al fatto che la distruzione del tracciato subacqueo causerebbe un disastro economico per il mondo intero (e non sorprendono a tal proposito le celate connivenze con grandi azionisti in borsa), il diabolico disegno mira a colpire sul personale il traditore, esperto bonificatore di ordigni esplosivi tanto quanto il capo di rapinatori lo è nella fabbricazione.
La vendetta prende avvio con una serie di minacce sventate, pacchi bomba in piazze affollate, e giunge all’acme bloccando centinaia di sventurati ostaggi sotto il Victoria Harbour per la cui sopravvivenza si aprono trattative che non tardano a trasformarsi in carneficina.
Il film adotta un approccio impegnato allo sviluppo centrale della vicenda, esteso per qualche decina di ore, suscita entusiasmo nell’illustrare i tentativi della polizia, agente Cheung compreso, di limitare al massimo il numero delle vittime e acciuffare integralmente la gang.
Minuto dopo minuto al nostro beniamino appare sempre più chiaro che quella in cui è stato trascinato sarà la missione della vita, e nella sua progressiva presa di coscienza gli spettatori sperimentano il piacere di affezionarglisi, conquistati dal carisma (riconosciuto non a caso con una medaglia al valore) che dimostra nello sposare la propria vocazione, rischiare cioè la pelle sul campo ad ogni intervento pur di garantire l’incolumità della popolazione, e nel gestire le imprese più ardue con inscalfibile autocontrollo, anche quando le speranze di salvezza paiono azzerate e la follia omicida più spregevole spingerebbe a una reazione letale.
È anche propriamente il confronto diretto con Blast ad appassionare, orchestrato con polso da Yau in un succedersi di disgrazie tragicamente plausibili, sempre aliene però da alcuna spettacolarizzazione della morte, duro e coinvolgente nella costruzione della tensione attraverso sequenze serrate di conflitto a fuoco (e qui si nota l’uso coscienzioso che s’è fatto dei 23 milioni di dollari di budget).
Stesso discorso vale per il vis-à-vis fra avversari, mai schiavizzati dai soliti cliché di circostanza ed anzi pienamente credibili nel proprio profilo personale, ognuno coi propri affetti da difendere, l’uno la compagna fedele, unica a cui rivolgere effusioni sincere, l’altro il fratello imprigionato, ed un prestigio da giocare fino all’ultimo, capaci di tenersi reciprocamente testa da uomini tutti d’un pezzo.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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