FEFF 2017: Sezione Competition – “Godspeed” di Mong-hong Chung
Udine. Al secondo giorno di Far East Film Festival, Oubliette Magazine, in veste di web media partner, sbarca a Taiwan grazie al quarto lungo di finzione firmato da Mong-hong Chung, quel “Godspeed” che nella nostra lingua si può tradurre letteralmente con “Buon viaggio” o “Buona fortuna”.

Commedia nera dal profilo accattivante, se ne può intuire l’originalità dando semplicemente uno sguardo alla realizzazione complessiva, ma anche e anzi maggiormente focalizzandosi sulle singole scelte poetico-estetiche che vanno a comporre lo stralunato soggetto, cui si dà parola attraverso una sceneggiatura imprevedibile e assurda, in perenne ed instabile evoluzione, agile nell’accostare e sovrapporre con sorprendente brillantezza (un virtuosismo a sprazzi tarantiniano) tonalità fortemente dissonanti.
In breve, riordinando i blocchi narrativi frammentati dal ricercato montaggio: un fattorino vagamente goffo di nome Na Dow (nella finzione come nella realtà, in patria e nei dintorni minuzia naturalmente non trascurabile) viene ingaggiato per fare la spola da Taipei a Tainan al servizio di un signore della droga; all’inizio di una nuova missione finisce per cedere alla petulanza del vecchio tassista Wu (affidato al talento di uno dei miti della comicità locale, Michael Hui, nominato di recente al suo primo Asian Film Award, Gelso d’oro al FEFF 13), che a bordo di un macinino ventennale su cui ormai nessuno sceglierebbe più di salire conduce il “giovane capo” dalla metropoli alle paludi più sperdute dell’isola.
Sono due individui che non hanno ricevuto molto dalla vita, non hanno neppure più nulla da perdere, l’uno comandato come un burattino al soldo di riccastri, l’altro abbandonato dalla famiglia ed esulato da ogni altro affetto; assieme si trovano a compiere un lungo viaggio esponendosi costantemente a pericoli di morte (in un simile mondo gli interessi contrastanti non possono certo tardare a manifestarsi).
Non è solo però un “tour lavorativo”: come in ogni classico road movie (si veda a tal proposito l’ormai noto “Survival Family”), i giramondo intraprendono una metamorfosi spirituale, Na attingendo alla saggezza di lunga data maturata da Wu, Wu accogliendo a braccia aperte l’occasione di riscatto che Na seppur involontariamente gli offre, imparando l’un l’altro ad apprezzarsi, accettando il destino condiviso con rassegnata nonchalance.
Il valore aggiunto deriva dall’autentica maestria con cui Chung orchestra questa curiosa avventura (pure, si dice, fra le più accessibili dell’intera sua filmografia), un prodotto che in molti probabilmente mai si sognerebbero di affrontare, eppure infine suggestivo nella sua complessa e coerentissima architettura.

Si registra di fatto una certa lentezza nel “fare cinema”, una placidità rispecchiata nel quieto dinamismo assunto dai due protagonisti, comune anche al capo che ha assoldato il fattorino e al suo braccio destro, sempre in coppia lungo la strada.
La dilatazione temporale del loro peregrinare, interrotto solo da alcune tappe in cui sovente si leccano le ferite, ci autorizza ad applicare ai numerosi e affascinanti paesaggi, nonché ai profili umani, ai volti segnati con dovizia di dettagli, una definizione acuta e sottile della forza evocativa nel caso dei primi (e non si tratta del semplice effettone da filtro fotografico sovraccarico: il fluire incessante dell’acqua, la maestosità del sole al tramonto, non si riducono a meri patetismi quando catturati e umanizzati da un regista così sensibile), dello spessore psicologico a proposito dei secondi.
Accanto ad un’imperante e divertente scurrilità, che contrasta oltretutto con le perle regalateci dall’anziano tassista, e ad alcune sequenze di grande crudezza (le violenze perpetrate dai gangster “macellai”), emerge un soffuso lirismo con cui non riesce difficile entrare in empatia. Sorte stessa incontra l’umorismo straniante animato dai diversi personaggi, tipicità risaputa magari nel Paese d’origine ma qui d’effetto forse ancor più efficace, sostenuto pure da una parca disposizione di immagini simboliche (persino una gallina che adempie alle proprie funzioni corporali viene trasfigurata), nonché da un corredo sonoro di gran pregio, distinto da un uso assai sapiente della colonna musicale che combina con esito realmente originale pezzi di repertorio e composizioni ex novo.
“Godspeed” nasconde insomma più segreti di quanto una visione corriva possa far emergere; Mong-hong Chung, dal canto suo, resta un autore tutto da scoprire.
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni
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