“L’altra figlia” di Annie Ernaux: lettera ad una sorella, altra sé, mai conosciuta
“L’altra figlia” di Annie Ernaux è un breve romanzo autobiografico edito in italiano nel 2016 da L’orma Editore.
Due donne si incontrano all’inizio di una stradina chiamata rue de l’École. Le rispettive figlie corrono intorno a loro, tentando di acchiapparsi. Complice l’estate, complice l’aria festosa della domenica, Annie è felice.
Ha dieci primavere, ma siamo negli anni ’50, quando si pensava che i bambini potessero comprendere ed essere scandalizzati solo dal sesso: del resto si parlava apertamente in loro presenza, come se non avessero orecchie.
Ed è così che Annie apprende dell’esistenza di Ginette, la sua sorellina morta di difterite due anni e mezzo prima che lei nascesse, dedicando le ultime parole a Gesù e alla Madonna.
Ginette: la figlia santa. La figlia buona.
Annie è l’altra figlia, quella che non sarebbe mai nata se la prima non avesse lasciato il posto, poiché i genitori, per poca disponibilità di tempo e denaro, avevano optato per un solo erede da crescere.
O Ginette o Annie. Non entrambe.
Ma la figlia rende la propria assenza prepotente urlo di presenza. Nel suo nome mai pronunciato, nel suo letto rosa destinato ad un’altra e nelle foto che la ritraggono quasi infelice c’è celata una vita passata, incontaminata, da cui l’ultima figlia, quella non buona, è esclusa.
Le foto color seppia raccontano una storia, anzi una favola: quella della principessa, buona, più buona dell’altra, che si punge con il fuso e al regno degli uomini preferisce quello dei cieli.
Quel pomeriggio d’estate, muore anche un’altra bambina.
Muore Annie piccola: l’infanzia le viene trucidata davanti senza che possa concedersi lacrime e commiati. Anzi, la bambina, non reggendo al dolore, si suicida, come fece Pavese, una domenica d’agosto del medesimo anno.
Tale condizione di “alterità” condizionerà tutta l’esistenza della donna: la sua crescita; la sua relazione affettiva con il padre e, soprattutto, con la madre; la consapevolezza di se stessa come non buona, come sopravvissuta, come usurpatrice, come ripiego.
Annie soffrirà di disturbi alimentari e di disagi psicologici fino a quando non comprenderà il potere rigenerante della scrittura: nella sua missiva ad una sorella morta, ella, in realtà, ripartorisce la bambina che era.
Come Geppetto con il legno, così la scrittrice, con la carta, crea memoria, ossia una storia familiare in cui trovare posto e sentirsi meno “altra”, creando una demarcazione sottile fra vita e morte, fra se stessa e la sorella. Talmente sottile da essere ponte di incontro.
Lo stile è intimistico, struggente, evocativo, a tratti nudo e lucido come una lama. Non è solo racconto autobiografico personale, è metafora collettiva dell’alterità generazionale e corale, costellata di numerose citazioni letterarie.
Written by Emma Fenu