Intervista di Irene Gianeselli al regista Carlo Bruni: “Else” al Teatro Kismet di Bari il 21 e 22 gennaio 2017

Carlo Bruni, lavora in teatro dal ’77, prima come attore (Teatro Studio 3, Magopovero, Valdoca) e dall’85 anche come autore e regista. Premio Scenario e Stregatto, ha diretto il Teatro del Mercato di Perugia, il Kismet e il Piccinni di Bari, il Teatro Rossini di Gioia del Colle.

Carlo Bruni

Ha collaborato con le Università di Perugia, Bologna e Bari come formatore e curato la programmazione del capoluogo pugliese nel corso della prima amministrazione “Emiliano” di cui è stato consulente per la cultura e la comunicazione. Si è occupato di uno dei più antichi carnevali italiani (Putignano), ha lavorato per il cinema e la televisione (Il Miracolo – E. Winspeare, Venezia 60).

Fra i suoi ultimi spettacoli: Lezioni di Piano (Napoli – Mercadante), I Reduci (MittelFest), Molto rumore per nullaDashiuri e hidur, una riscrittura del Romeo e Giulietta per il Teatro Nazionale di TiranaLenòr dedicato a Eleonora de Fonseca Pimentel. Ha fondato Linea d’Onda, un’associazione di “bonifica culturale” di cui cura la direzione artistica. Recentemente, per Orfeo Futuro, ha curato Folias (Roma Auditorium Parco della Musica).

Ha interpretato e scritto con Edoardo Winspeare, che ne ha curato la regia, L’anima attesa, medio metraggio dedicato alla figura di don Tonino Bello e, selezionato dai Teatri del Sacro, ha curato scrittura e messa in scena di Croce e fisarmonica, una produzione Diaghilev/Armamaxa. Attualmente dirige il Teatro Garibaldi di Bisceglie, cura la stagione di prosa del Teatro Comunale di Ruvo ed alcune rassegne teatrali del territorio.

Per questa stagione è impegnato nell’adattamento e messa in scena di Else: da La signorina Else di Arthur Schnitzler (fra le città toccate Bari, Napoli, Asti).

 

I.G.: Come hai cominciato a fare teatro e perché?

Carlo Bruni: Mio nonno oltre che capostazione era organista e con il suo figlio minore, paragonabile ad un fratello, con soli due anni di differenza, è stato naturale da prima seguirlo girando la manovella del mantice che dava fiato alle canne e poi, man mano autonomizzandoci, mettersi direttamente in gioco. Così, direi dai sei anni in poi, sono passato dalle esperienze amatoriali al professionismo senza soluzione di continuità.

 

I.G.: Nella tua produzione sei sempre molto attento alla voce delle donne. Il 21 e 22 gennaio 2017 al Teatro Kismet va in scena “Else”. Ci racconti come è nato questo progetto?

Carlo Bruni

Carlo Bruni: Else nasce dalla commissione di una Fondazione contro l’usura che ne ha promosso una messa in scena favorita poi anche da un’antica amicizia con uno dei più importanti traduttori di Schnitzler, Giuseppe Farese. Lo spettacolo prodotto da “La luna nel letto”, con la collaborazione del Teatro Rossini di Gioia del Colle, sarà prima di Bari a Bisceglie e poi fra l’altro ad Asti, Napoli, Polignano, completando una tournée molto ampia che vede ancora tappe importanti per Lenòr, come quella romana (dal 14 al 26 febbraio). Fondandoci sulla novella di Arthur Schnitzler, scritta come monologo interiore nel 1924, sotto le stesse influenze che avrebbero dato corpo alla psicanalisi di Freud, con Nunzia Antonino per la nostra Else siamo partiti dall’adolescente in vacanza e dal suo dramma, alimentato da un debito del padre nei confronti di un laido signor Dorsday. Debito che lei è invitata a estinguere con “strumenti” ritenuti ormai comuni, perciò lontanissimi dal produrre scandalo, ma ancora oggi “perfettamente” in grado di alimentare le tragiche conseguenze svolte dal racconto. La direzione è stata condizionata dall’anagrafe. Else nel nostro caso non è la diciannovenne dell’originale, lo è stata. Rimasta impigliata nella lettera che scatenò il dramma, è alle prese con lo stesso Veronal di allora: medicinale ormai però fuori moda; veleno inadeguato al ruolo e dunque anche inutile a domare il reiterato dolore. La nostra Else vive in un mondo sordo, immerso in una crisi culturale, non dissimile da quella che ispirò Schnitzler: fonte di ossessioni, nel migliore dei casi in grado di condurre alla follia. L’approfondimento del femminile coincide con l’incontro di Nunzia Antonino, dapprima professionale e poi della vita. Accolto anni fa un suo spettacolo (Ballando Ballando, regia di Sepe) per l’inaugurazione del Rossini di Gioia, l’ho “assunta” per il ruolo di “Bella” in una fortunatissima edizione di Bella e Bestia, diretta da Teresa Ludovico, prodotta per il Kismet. E dopo una tournée di seicento repliche, con tappe in tutto il mondo (Giappone, Australia, Europa occidentale …), dal sodalizio artistico si è passati a quello sentimentale. 

 

I.G.: Nunzia Antonino è l’elegante interprete di entrambi i monologhi. Come è nata la vostra collaborazione?

Carlo Bruni: Le sue qualità, che superano la dimensione interpretativa comprendendo una concezione autorale dello stare in scena, hanno decisamente indirizzato la nostra ricerca. Il resto lo hanno fatto anche le coincidenze fortuite, come l’incontro con Daniela Pansini, compianta amica, pianista sensibilissima, con cui nacque il fortunato Lezioni di piano, ispirato dall’opera cinematografica della Campion. Prima tappa di un itinerario che comprendendo Lenòe ed Else, prevede ancora molti altri incontri: da quello con la straordinaria stilista Elsa Schiaparelli, a quello con Marianela Garcia Villas, avvocato dei poveri, compagna degli oppressi, salvadoregna e vittima della repressione che portò all’uccisione del vescovo Romero. 

 

I.G.: Sei attualmente direttore artistico del Teatro Garibaldi di Bisceglie, puoi parlarci di questa realtà?

Else

Carlo Bruni: Il Garibaldi è un laboratorio culturale. La scelta di chiamare l’impresa Sistema Garibaldi chiarisce l’intendo di farne una fucina di relazioni partendo appunto dal principio che il Teatro non è uno spettacolo né un edificio, ma il risultato di un incontro capace di rappresentare la comunità che lo esprime e offrirle un’occasione di riflessione viva, emozionante, aperta alle influenze del mondo. Oggi, dopo tre anni di lavoro e certamente grazie alla perseveranza di un’Amministrazione Comunale che ha sin dal principio scelto e creduto in questo indirizzo, credo sia diventato un punto di riferimento: un’impresa esemplare. Fra novembre e maggio apriamo al pubblico quasi cento volte, ospitiamo una compagnia di danza residente (Menhir), collaboriamo strutturalmente con esperienze come quella del Teatro Comunale di Ruvo, fiancheggiamo una serie di produzioni (L’abito nuovo, Trilogia, Else) e animiamo una Squola (con la q) in cui convivono oltre che un percorso di professionalizzazione alla danza contemporanea (Libero Corpo) e un teatro laboratorio, anche un corso di lingua italiana per stranieri, che conta una trentina di “allievi” e una quindicina d’insegnanti volontari: un’impresa importante.

 

I.G.: Dal tuo punto di vista qual è la situazione teatrale pugliese?

Carlo Bruni: Il momento è assai delicato. A fronte di una sensibile crescita sia organizzativa che artistica delle realtà territoriali (penso ad esempio ad alcuni Teatri Abitati), certamente favorita da politiche regionali più sensibili e competenti, si attende di comprenderne più concretamente i nuovi indirizzi che appaiono ricchi di buone intenzioni, ma dai contorni ancora poco chiari. Nonostante la straordinaria e preziosa crescita del Teatro Pubblico Pugliese, grandi difficoltà mi sembra di riscontrare nel sistema distributivo che stenta a valorizzare le molte qualità espresse dal nuovo teatro pugliese e non. Una rete vasta di teatri resta sostanzialmente incapace di riconoscere e promuovere questo patrimonio produttivo: di favorire cioè quell’incontro fra spettacolo e spettatore che necessita di un gran lavoro, per svincolare lo spettatore dai cliché televisivi che sembrano condizionarne le scelte e la produzione dal rischio dell’ autoreferenzialità che tende a restringerne la portata.

 

I.G.: Progetti futuri?

Carlo Bruni

Carlo Burni: Innumerevoli sia sul piano produttivo che per lo sviluppo del sistema Garibaldi, ma fra tutti il desiderio di far crescere il progetto Squola dando corpo in Puglia ad un vero istituto per le arti sceniche e visuali, capace di trattenere i tanti talenti attualmente costretti a cercare lontano la risposta al loro legittimo bisogno di formazione e magari assicurare questo servizio anche ai nostri vicini mediterranei. Un sogno più che un progetto, ma è importante coltivare sogni. O no?

 

Written by Irene Gianeselli

 

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