“Gli huligani” di Mircea Eliade: un poderoso ritratto della gioventù romena degli anni Trenta del Novecento
“Nella vita, c’è un solo inizio fecondo: l’esperienza huliganica. Non portare rispetto a nulla, non credere che in sé, nella propria giovinezza, nella propria biologia, se preferisci… Chi non comincia così, nei propri confronti o in quelli del mondo, non creerà nulla, rimarrà sterile, pavido. Poter dimenticare le verità, avere tanta vita in sé da non lasciarsene né penetrare né intimidire, ecco la vocazione dell’huligano!”

È dell’ottobre 2016 la prima edizione italiana de “Gli huligani”, il romanzo dello scrittore rumeno Mircea Eliade (1907-1986), intellettuale carismatico del XX secolo, anche storico delle religioni, antropologo, saggista e orientalista.
Le edizioni Calabuig nascono dall’esigenza di presentare opere di qualità di lingue e paesi diversi – inedite in Italia o comunque poco conosciute. La traduzione dal romeno di Cristina Fantechi e un testo di Roberto Scagno, esperto del pensiero di Mircea Eliade, danno nuova linfa ad un romanzo che già dalla prima pubblicazione in Romania, nel 1935, ha ottenuto un grande successo.
Mircea Eliade all’epoca aveva 28 anni, ma era già molto conosciuto, tanto da diventare un vero e proprio caso editoriale col suo ritratto potente della gioventù romena alle soglie della seconda guerra mondiale, sedotta da ideali nazionalisti e attratta da ideologie fasciste.
Si tratta di un’opera corposa – 471 pagine – che però si legge con facilità, grazie ad una prosa elegante di cui si avverte sentore di “grande classico”, sebbene la traduttrice abbia evidenziato che Mircea Eliade tanto confidasse nella sua capacità di scrivere di getto, da non curarsi di sottoporre il testo a successive revisioni.
Da qui scaturisce l’abilità di trascendere da queste difficoltà oggettive, e dare invece corpo ad una storia che appare omogenea, senza sentore di trascuratezze, nonostante le espressioni giovanili in voga i quegli anni non sempre siano di facile interpretazione.
La trama è ambientata nella Bucarest degli anni 1933 e 1934. Ma di cosa parla questo romanzo? Di personaggi carismatici, dai nomi impossibili. Dei loro sentimenti o dell’assenza di essi; di giovani che vogliono sforzarsi di creare una tipologia d’uomo “nuovo”, di cui la Romania potrà andare fiera.
Questi “ossessivi della morte”, perché di fatto, questo diventano, offrono un quadro che si affaccia sulle tragedie che presto colpiranno l’Europa.
Una giovane borghesia in cerca di violenza e di azione.
Ed il titolo, a cosa allude?

La radice riprende la parola inglese, a noi notoria perché sinonimo di “teppista da stadio”. Nel linguaggio dei paesi dell’est esso assume il significato più generale di “anticonformista”, una sorta di teppismo ideologico.
I personaggi sono giovani della borghesia romena, le cui esistenze si “sfiorano” per dare voce ad una intera generazione. Giovani intellettuali – scrittori, artisti, musicisti – legati da rapporti d’amicizia e in costante scambio di idee e confessioni. Essi fuggono dai sentimenti; rinnegano il rimorso e affermano una visione egoistica della libertà.
Le vittime sono tutti personaggi femminili: Nora, Marcella, la giovanissima Anisoara, la madre di Petru Anicet.
La descrizione più calzante l’ha data lo stesso Roberto Scagno: “Eliade ci presenta un quadro della società borghese bucarestiana degli anni Trenta sotto l’insegna della leggerezza dell’essere, declinata dall’apatia e dall’abulia morale all’amoralità. I conflitti di coscienza vengono tacitati nell’assenza di un’etica borghese e di pietas religiosa.”
“Gli huligani” è senza dubbio un romanzo interessante, che andava tradotto per essere conosciuto anche in Italia. Ancora troppo poco si sa della tradizione letteraria dei paesi dell’est, ed un primo piccolo passo è stato compiuto.
Written by Cristina Biolcati