Le métier de la critique: il supplizio di Olindo e Sofronia della “Gerusalemme Liberata” in chiave contemporanea

“Novo canto fa Ismen che vano uscito,/ Vuole Aladin che muoja ogni Cristiano./ La pudica Sofronia e Olindo ardito,/ Perché cessi il furor del re Pagano,/ Voglion morir. Clorinda il caso udito,/ Non lascia lor più de’ ministri in mano./ Argante, poi che quel ch’Alete dice,/ Non cura il Franco, a lui guerra aspra indice.”

Gerusalemme Liberata

Forse non tutti si ricorderanno di Olindo e Sofronia, due personaggi presenti nella Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso (Sorrento, 11 marzo 1544 – Roma, 25 aprile 1595) o, forse, qualcuno non ha neppure mai letto questo famoso poema epico, ma di sicuro si conosce il titolo ed il poeta, scrittore e drammaturgo italiano.

Torquato Tasso iniziò a scrivere la “Gerusalemme Liberata” all’età di 15 anni, e la storia narra di due edizioni: la prima non autorizzata del 1580 con il titolo di “Goffredo” con la casa editrice Cavalcalupo; la seconda sotto autorizzazione dell’autore nel 1581 a Ferrara per Baldini.

La trama è incentrata sul sesto anno della prima crociata iniziata il 27 novembre 1095 per volere di Papa Urbano II, sotto la guida dei nobili Raimondo di Tolosa, Goffredo di Buglione, Boemondo di Taranto, Baldovino delle Fiandre, Roberto di Normandia, Ugo di Vermandois, Stefano di Blois, Roberto di Fiandra e Tancredi d’Altavilla.

Precisamente la “Gerusalemme Liberata” racconta le vicende del condottiero Goffredo di Buglione e del sesto anno della crociata. Goffredo era a capo dell’esercito ed aspettava la fine dell’inverno in Libano quando l’Arcangelo Gabriele lo invita per volere di Dio a compiere l’attacco finale ai danni di Gerusalemme.

Oggi rinfrescheremo la memoria su Olindo e Sofronia, due cristiani protagonisti di uno dei passi più romantici ed appassionati del Canto Secondo. Per capire la vicenda dobbiamo ripercorrere qualche passo indietro. Goffredo di Buglione stava dunque per sferrare un colpo decisivo su Gerusalemme quando il mago Ismeno convince il Re Aladino a rubare, da un Tempio dei Cristiani, l’immagine sacra della Madonna per custodirla nella Moschea di ‘Omar. Ma l’ulteriore scomparsa del quadro della Vergine rende furioso Aladino che vuole massacrare i cristiani presenti a Gerusalemme. (Uno degli storici della crociata, Guglielmo di Tiro, narra in questa vicenda l’eroismo di un giovanotto cristiano ma Torquato Tasso trasforma il prode in una donna, Sofronia per l’appunto.)

Torquato Tasso

Per placare l’ira del Re Aladino, la bella Sofronia si dichiara colpevole del furto anche se non era stata lei a commetterlo. Fu ovviamente dichiarata la sua morte nel momento esatto della sua autoconfessione.

Ma dalla folla emerse Olindo, segretamente innamorato della donna, che cercò di sviare l’attenzione da Sofronia sostenendo di esser solo lui il colpevole. Si apre così una contesa fra i due, una disputa amorosa di immensa bellezza che termina con la dichiarazione di colpevolezza di entrambi e la condanna al rogo.

Solo davanti alla morte, Olindo prende coraggio e dichiara i suoi sentimenti a Sofronia, ed in quel momento di grande purezza d’animo interviene Clorinda, la donna guerriero figlia del Re d’Etiopia Senapo.

Una piccola digressione su Clorinda è necessaria. Nata albina, non fu riconosciuta dal padre che imprigionò la moglie accusata di tradimento in una torre con lo schiavo eunuco Arsete. Quest’ultimo fu incaricato di salvare la piccola e di portarla nella foresta. Fu allatta da una tigre ed allevata ai principi dell’Islam da Arsete, ed anche quando San Giorgio si rivela a lui in sogno per intimarlo di battezzare la piccola, questi non gli diede ascolto.

Dunque, Olindo e Sofronia sono in punto di morte, il fuoco divampa i due neo amanti e Clorinda presenzia davanti al Re ricordando che nel culto dell’Islam è proibito venerare le proprie immagini sacre tanto meno immagini sacre di altre religioni. In ultima istanza promette il suo aiuto nella guerra contro i Cristiani invasori.

Olindo e Sofronia – Cornelis van Poelenburgh

Ed i due innocenti che, per amor di popolo l’una e per amore di lei l’altro, si erano autoaccusati di aver rubato il quadro della Vergine Maria sono salvi dalle fiamme del rogo. Si narra poi che la loro vita sia stata armoniosa e compassionevole.

Ed ora lettori, vi starete chiedendo pensando al titolo: ma la chiave contemporanea dove sta?

Ed ecco che ci arriviamo. 11 dicembre 2006, sono le 20:20 e siamo ad Erba in provincia di Como. Raffaella Castagna, il figlioletto Youssef Marzouk, la madre Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini brutalmente uccisi a colpi di coltello e spranga.

Esattamente un mese dopo, l’11 gennaio 2007, Olindo Romano e Rosa Bazzi (SofROniA, curiosità sul nome) confessano di essere gli autori della strage.

Poco valsero le successive ed estenuanti ritrattazioni dei due, ormai per tutti gli italiani erano colpevoli. Il 26 novembre 2008 arriva la sentenza di primo grado: Olindo e Rosa sono condannati all’ergastolo ed a tre anni di isolamento diurno.

Olindo e Rosa durante gli anni hanno sempre decretato la loro innocenza, l’autoconfessione – hanno sostenuto – non è altro che un lavaggio del cervello con promesse mai ottenute quali l’immediata scarcerazione di Rosa e la pena degli arresti domiciliari per Olindo.

Nel 2012, il marito di Raffaella Castagna, Azouz Marzouk (ma già il 24 novembre 2008 aveva esposto i suoi dubbi riguardo alla colpevolezza di Olindo e Rosa per poi ritrattare dopo qualche giorno perché preoccupato per la sua famiglia; ed anche un suo connazionale tunisino Ben Brahim Chemcoum aveva dichiarato di aver visto la notte della strage due uomini tunisini scappare dalla scena del crimine) richiede la revisione del processo in quanto i due coniugi Olindo e Rosa sono innocenti e dichiara con testuali parole: “Sono dei poveretti che stanno pagando per la loro ingenuità”.

Olindo e Rosa

Ed arriviamo al 2016. Nuove intercettazioni (o meglio vecchie intercettazioni che non sono mai state rese pubbliche durante il processo) hanno aperto uno spiraglio nella storia dei due amanti accusati di feroce delitto. Ma ancora si aspetta la sentenza della Corte di Strasburgo sulla riapertura del caso, intanto i due possono teneramente incontrarsi ogni 15 giorni. Da tenere ben presente che nessuna traccia del DNA di Olindo e Rosa fu trovata nel palazzo della strage di Erba.

E tutti in coro ed un po’ (a caso) ci chiediamo: dov’è finita Clorinda?

Così giungiamo al termine di questa speciale puntata della rubrica “Le métier de la critique” nella quale un vecchio poema che tratta la lotta fra Islam e Cristianesimo è stato riproposto in chiave contemporanea grazie alle varie concordanze riscontrate come i nomi dei personaggi innocenti guidati dall’amore ad autoconfessare. Nel caso di Erba i due probabili assassini sono a piede libero e rappresentano l’Islam; nella “Gerusalemme Liberata” invece un probabile candidato del furto potrebbe essere lo stesso ideatore del piano contro i Cristiani, l’astuto mago Ismeno. Ma è solo letteratura…

 

Io sono tutto ciò che fu (QUID FUIT), ciò che è (QUID EST), ciò che sarà (QUID ERIT) e nessun mortale ha ancora osato sollevare il mio velo.

 

 

 

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