Intervista di Amani Sadat a Salvatore Barrocu: il mondo dell’Islam raccontato da un occidentale

Salvatore Barrocu è uno scrittore e ricercatore storico sardo che ha trascorso buona parte della sua vita tra Cassolnovo (in provincia di Pavia) e Torino. Ha scritto due romanzi, entrambi di genere storico: “Hassan, il Rinnegato” pubblicato nel 2012 e “Kurrem, la rosa dell’harem” pubblicato nel 2013.

Salvatore Barrocu

Il primo romanzo racconta di un piccolo pastore sardo che diviene Re di Algeri e reggente dell’impero ottomano, l’impero che controllava il mondo. È la fiera storia di Hassan, comunque rinnegato, perché aveva abbracciato la fede islamica lasciandosi dietro quella cristiana.

Nella rosa dell’Harem invece Salvatore ci parla di una donna bella, intelligente e tremendamente ambiziosa che, maestra nell’arte dell’intrigo, elimina uno a uno i suoi nemici, insinuandosi nel cuore di Solimano il Magnifico, fino a diventarne l’insostituibile consigliera, ottenendo quello che nessun altra schiava aveva mai neppure osato desiderare: il potere.

Entrambi i romanzi prendono spunto da storie vere di personaggi realmente esistiti. Salvatore, in questa intervista, ci parla dell’impero ottomano del 1500 sotto Solimano il magnifico, cornice storica dei due romanzi.

Lo scrittore apre alla riflessione su civiltà e paesi che per secoli hanno rappresentato un punto d’incontro di culture e continenti, ci parla di Islam una religione che ha avuto modo di conoscere da vicino. Ci parla di storia per far luce sulle divisioni culturali, la loro influenza e incidenza sui fatti, sulle tappe più significative e per comprendere meglio l’attuale.

Come oggi, nel 1500 il mondo, per noi europei, era diviso in due, con l'”altro” sempre rigorosamente situato sulla sponda sbagliata del Mare Nostrum. I resti, la cultura, i regni nati dalla disgregazione dell’impero Romano, uniti da un rissoso cristianesimo, si scontravano contro il pericolo maggiore mai affrontato fino ad allora dagli eredi di Costantino: gli Ottomani. Un esercito potente e crudele, guidato da Sultani decisi nella battaglia e tolleranti nella vittoria si muoveva verso il cuore d’Europa, deciso a fermarne i battiti al suono dei tamburi dei Giannizzeri. Mentre si muore in battaglia, attorno a Vienna e a Bagdad, nel cuore di questo impero, orgoglioso e potente, guidato dal più grande dei sultani, Solimano il Magnifico, si dipana la storia di una piccola schiava dai capelli rossi. Decisa a trovare riscatto, questa donna cambierà le sorti di un impero, nello sfondo di una Istanbul dolce e crudele.

A.S.: Qual è il quadro storico dei suoi due romanzi? Due storie che condensano non solo la vita di persone a vario titolo eccezionali ma anche cinquant’anni di storia orientale ed europea.

Hassan, il rinnegato

Salvatore Barrocu: Il periodo storico dell’ambientazione è il 1500, il Secolo di Genova, della colonizzazione delle Americhe, e dell’eterna guerra tra Ottomani e Sacro Romano Impero. Guerra che poi, in realtà, era solo la continuazione tra due idee di Impero, quello Romano Occidentale, imbarbarito dai germani, e quello Orientale, formale ed organizzato. Periodo affascinante ed istruttivo, in realtà.

A.S.: Che differenze vi erano ai tempi, nel 1500 appunto, fra il mondo europeo e quello islamico?

Salvatore Barrocu: Era la differenza che, sostanzialmente, divide il mondo ancora adesso. Una visione del mondo pragmatica contro una teocentrica, solo al contrario. Nel 1500 ad essere pragmatici, erano i Paesi Islamici e integralisti i Cristiani.

A.S.: Ecco, uno dei temi più ricorrenti nei suoi libri è l’incontro fra civiltà soprattutto quella islamica con l’occidente. Come ha funzionato questo scambio e perché lo ritiene fondamentale?

Salvatore Barrocu: Oriente ed Occidente si sono sempre confrontati, a volte scontrati, però è dall’incontro di queste culture che è nata la civiltà. Con l’Occidente sempre un passo indietro, fino all’età Moderna, all’Oriente. Ma la medicina Araba, la chimica Egizia ad esempio, o la Matematica mesopotamica, l’Astronomia Caldea, la Geografia ancora araba, insieme all’Architettura, sono state e restano la base stessa della cultura moderna. Con buona pace di chi predica il contrario.

A.S.: Istanbul in questo senso per secoli ha rappresentato un punto d’incontro per culture e continenti. È la capitale del mondo e della cultura. Molti Europei in quel periodo fuggivano dall’inquisizione e dalle ingiustizie in Europa per arrivare ad Istanbul. Che opportunità dava all’altro, “il nemico per definizione” come lo chiama lei?

Salvatore Barrocu: L’impero Ottomano, fino a Solimano, ma anche durante il Sultanato di Selim, nonostante le critiche che gli vengono mosse dagli storici, era il rifugio di chi fuggiva ad una società chiusa, che stava cercando di uscire dal buio del Medioevo ma manteneva le strutture oppressive del Feudalesimo. In Europa non potevi far carriera per merito se eri un servo di nascita. Ad Istanbul bastava essere bravi nel proprio mestiere. Ebrei che fuggivano dalla Reconquista spagnola o dall’Inquisizione, ad esempio, venivano accolti a braccia aperte dai Sultani, essendo ottimi artigiani. Tra i Visir, la seconda carica dell’Impero, sono rari i Turchi, ma abbondano Slavi, Bosniaci, Italiani, Greci. Per far funzionare la macchina statale ereditata da Bisanzio, i Turchi impiegavano chi la sapeva usare meglio di loro, accettandoli a braccia aperte, chiunque essi fossero. L’Impero Ottomano, i Regni Barbareschi, l’Oriente insomma, erano quindi anche l’alternativa alle mille schiavitù che imprigionavano l’Occidente cristiano, stretto tra feudalesimo e religione.

A.S.: In “Kurrem, la rosa dell’Harem” racconta la storia di una donna che da schiava diventa la donna più importante dell’Impero Ottomano. Quanto le donne ai tempi erano importanti e decisive nella vita degli uomini in particolare se potenti? Anche perché sappiamo che per esempio vi è stato un intero periodo storico chiamato “sultanato delle donne”.

Kurrem La rosa dell’harem

Salvatore Barrocu: A dispetto di quello che si pensa, le donne, nell’Impero Ottomano in particolare, hanno sempre avuto un grande peso politico. Le madri dei Sultani, in genere ex schiave di ogni razza, educavano i propri figli e manovravano dall’Harem per influenzare le scelte dei Sultani. Kurrem è solo la più famosa, per alcuni famigerata, delle donne che avevano le qualità ed il potere per poter essere definite “Sultane”.

A.S.: Cosa in realtà rappresentava l’Harem; solo un luogo di piacere o molto di più?

Salvatore Barrocu: L’Harem non è da intendersi come lo ha spesso inteso l’immaginario occidentale, sminuendone la valenza culturale. Esso era un segno di potere. Ma non solo, si trattava di una vera e propria Università, in cui si doveva studiare, conoscere più lingue, discipline, arti, ed intendersi di politica. Più istruite erano le concubine, più era potente l’uomo che deteneva l’autorità su di loro. E doveva essere così, perché le donne dell’Harem dovevano aiutare il loro Signore nella gestione degli affari politici ed economici. Nel mondo occidentale non esisteva nessun centro culturale di una tale elevatura, accessibile alle donne. Anzi, in quel periodo la donna più colta del mondo occidentale, Margherita di Angoulême, figlia di Carlo di Valois e sorella di Francesco I re di Francia, ha avuto una preparazione culturale da ritenersi di gran lunga inferiore rispetto i livelli di preparazione raggiunti dalle donne dell’harem: in termini di titoli, la preparazione di Margherita di Angoulême sarebbe corrispondente ad una terza media rispetto a quella raggiunta da Kurrem, paragonabile invece ad una laurea.

A.S.: Come è venuto a conoscenza del personaggio di Kurrem?

Salvatore Barrocu: Kurrem l’ho conosciuta attraverso un altro personaggio storico su cui facevo ricerche, Hassan Aga, il figlio adottivo di Khayr El Din il Barbarossa, Kabudan Pascià del Sultano Solimano il Magnifico, appunto, che è stato il protagonista del mio primo romanzo. Le sorti del Rinnegato Hassan per un momento si sono trovate nelle mani di Kurrem; la sultana era solita ascoltare le sedute del Divan, il consiglio dei ministri turchi, dietro un paravento per poi discuterne con Solimano la notte. In una di queste riunioni i ministri con solimano stavano discutendo le sorti di Hassan, che innamorato di una donna araba l’aveva sposata, fatto vietatissimo per un reggente dell’impero ottomano, per via delle eterne ostilità fra arabi e turchi. Kurrem, che aveva ascoltato la riunione, la sera convinse Solimano a non punirlo per questo. Da questo intreccio di storie, durante le mie ricerche, ho scoperto la meravigliosa storia di Kurrem.

A.S.: Da cosa è stato colpito maggiormente all’interno della storia vera di Kurrem?

Salvatore Barrucu: Il coraggio di una ragazzina che rifiuta di arrendersi. Una donna decisamente influente su ogni scelta, anche la più crudele e spietata. Un profilo femminile, quello di Kurrem, che ho delineato attraverso il ribaltamento della sua stessa sorte, la sorte di una schiava divenuta padrona.

A.S.: Abbandonando per un momento i panni dello scrittore per entrare in quelli del lettore, quale libro dei due preferisce?

Salvatore Barrocu

Salvatore Barrucu: Difficile scindere tra scrittore e lettore, quando parli delle tue creazioni, ma credo di preferire il Rinnegato. Un po’ perché mi ha permesso di scoprire un mondo nuovo e poco conosciuto, un po’ perché mi è facile identificarmi con quel bambino selvaggio e testardo che diventa Aga dei Giannizzeri e Re di Algeri.

A.S.: Infine, proviamo a parlare di attualità. Vi è lo stereotipo comune che l’oriente aspetti la liberazione e i valori dell’Occidente. Nel corso della storia gli occidentali che valori hanno esportato all’oriente?

Salvatore Barrocu: Diciamo che i valori esportati sulla punta delle baionette non hanno molto valore, in genere. Viene da pensare che l’Oriente aspetti solo di liberarsi dall’Occidente, per potersi riappropriare delle proprie ricchezze, della cultura e, perché, no, della propria spiritualità. Non c’è liberazione fino a che c’è povertà e la democrazia occidentale è solo una finzione, se si ha lo stomaco vuoto. L’Occidente avrebbe una missione, in realtà, ed è quella di rendere ai popoli a cui le ruba da secoli, le risorse che rapina per mantenersi ricco chiamando questo furto “democrazia”.

Written by Amani Sadat

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *