FEFF 2016: al Far East Sezione Documentari – “Reach for the Sky” di Choi Woo-young e Steven Dhoedt

Uno dei tre film presentati al FEFF 2016 di Udine nella sezione “Documentaries” è “Reach for the Sky”, coproduzione Belgio-Sud Corea diretta da Choi Woo-young e Steven Dhoedt, entrambi alla seconda esperienza registica nel lungo.

Reach for the Sky di Choi Woo-young e Steven Dhoedt

SKY è un acronimo usato per indicare le tre università più prestigiose dello Stato orientale: la Seoul National University, la Korea University e la Yonsei University. Ad esse ambisce ognuno dei quattro studenti che assurgono al ruolo di protagonisti, soggetti di quest’analisi condotta nell’arco dell’intero anno di studio (il 2014 nel presente caso) che precede l’Esame Suneung, un test della durata di circa 8 ore che, in maniera molto più vincolante dei nostri “esami di maturità”, ogni secondo giovedì di novembre segna i destini di centinaia di migliaia di adolescenti speranzosi di ottenere l’accesso al corso di studi successivo.

Entrare nell’università più promettente, condizione cui costituisce da premessa l’ottenimento di risultati piazzati sull’ordine massimo dei 5 punti percentuali dalla completa esaustività delle risposte, è una questione di essenziale importanza, è la svolta che porterebbe all’affermazione in campo lavorativo, ad un futuro coinvolgimento di rilievo nella vita adulta, ad una vantaggiosa definizione dello status sociale in relazione alla carriera personale e, in non poche occasioni, al benessere dei propri cari.

Coloro che falliscono il Suneung possono sempre ritentare l’anno a venire, a patto che siano disposti ad investire altri 364 giorni nell’impegnativa dedizione al sapere, spesso affidata alle cure rigorose di speciali collegi di addestramento, cui, una volta conquistato il nulla osta, probabilmente seguirà un buon numero di colloqui con costosi esperti nell’orientamento.

Onde permettere a quanti più esaminandi possibile di superare la prova brillantemente e senza inutili difficoltà, la totalità del consorzio coreano si piega per un giorno ad alcuni specifici dettami, comprendenti una vistosa limitazione del traffico, l’apertura posticipata di uffici e aziende, l’interruzione dei voli aerei durante la fase dedicata alla comprensione.

Reach for the Sky di Choi Woo-young e Steven Dhoedt

Il corpo di polizia si rende disponibile a scortare gli studenti ritardatari o con particolari impedimenti, mentre l’imponente apparato di copertura mediatica mobilita nella propria globalità le attenzioni sull’edificante esperienza didattica. Le emittenti televisive ammettono nei loro palinsesti persino programmi istruttivi di massa, che non di rado ospitano eminenti figure professionali fra cui si distingue, ad esempio, colui che è generalmente considerato il miglior insegnante di lingua inglese del Paese.

La regia a due teste, utile fra l’altro ad offrire una visione meno marcatamente coinvolta e di conseguenza più facilmente accessibile al pubblico d’oltreconfine, osserva da vicino il complesso retroterra che caratterizza i mesi dedicati alla solerte preparazione. Gli allievi coreani non vanno mai a dormire prima delle 23, anzi il più delle volte, specie all’appropinquarsi delle scadenze, rimangono alzati a studiare dalla mezzanotte in poi.

Vivono stati d’animo perennemente contrastanti, in bilico fra le esaltate mire al successo e il timore di deludere i propri mentori e genitori, una routinaria paziente applicazione e la sensazione di aver finora solo sprecato tempo ed energie vitali.

L’ambito in cui invece al dubbio non è davvero concesso spazio alcuno è l’evidentissima fiducia che il Ministero dell’Istruzione sud-coreano attribuisce all’apparato scolastico, in merito al quale i propositi di piena statalizzazione rappresentano una dichiarata campagna atta a contenere quanto più maggiormente la diffusione degli istituti privati.

Reach for the Sky - Choi Woo-young e Steven Dhoedt

Ciò che però non viene esplicitato in “Reach for the Sky” è l’insieme di quelle conseguenze (più o meno riconoscibili come latenti) che fungono da cartina di tornasole per illuminare gli anfratti più scomodi di un sistema organizzato al singolo secondo, contraddistinto da un ossessivo horror vacui totalmente incompatibile con la calorosità dei legami d’amicizia, lo svago, le passioni, gli affetti personali (incluso il nucleo familiare): un labirinto in cui tutti sono contro tutti, spronati ad esigere il massimo da se stessi al fine di rendere gli strumenti conoscitivi di cui ci si appropria non solo un’utile risorsa, ma addirittura un dilettevole piacere.

Non è difficile per noi spettatori occidentali essere investiti da un qual certo sgradevole stato d’ansia, d’inaspettata presa di coscienza riguardo la realtà attuale, un panorama tutt’altro che utopico delineatosi a qualche migliaio di chilometri di distanza, neanche fossimo in casa esenti da impianti educativi particolarmente sensibili ai profili psichici dei nostri ragazzi.

Che Choi e Dhoedt abbiano, per quanto sotterraneamente, voluto denunciare un disegno collettivo assai lustro e competitivo, certo, ma allo stesso tempo esageratamente despota algido, cervellotico ed inflessibile?

 

Voto al film

 

Written by Raffaele Lazzaroni

 

 

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