“Sguardi incompiuti” di Francesco Pasella e Jean Òre: ricominciare dalla poesia, una nuova sfida editoriale
Gli autori tempiesi Francesco Pasella (1977) e Jean Òre ovvero Gianfranco Orecchioni (1984), si lanciano in una sfida quasi titanica, visti i frangenti in cui si trovano a vivere (secondo alcuni, a sopravvivere) l’editoria in generale e la poesia in particolare.
Indomiti, decisi, carichi di un bagaglio culturale, intellettuale e umano non da poco, presentano in questi giorni il loro nuovo libro, Sguardi incompiuti, con la prefazione di Cristoforo Puddu, prima pubblicazione della collana Zaum ebook di poesia della loro neonata casa editrice Còrdovaedizioni.
La raccolta a due voci, sei testi di Pasella seguiti da altrettanti di Òre costituisce, per le tematiche affrontate, lo spirito e la struttura, una sorta di manifesto programmatico, che si mostra sia come linea editoriale che come guida per il poeta, i poeti, i fruitori, a qualunque livello di approccio.
Si torna alla fonte di ogni possibile crescita umana, culturale, sociale: il dialogo. Non più poesia solipsistica, votata solo all’autoincenerimento, ormai non più contemplabile nell’urgenza del frangente storico delle scelte per la salvezza dell’uomo.
Subito Francesco Pasella espone con il nitore dei suoi versi, anche sofferti, ma lucidi e composti come nelle precedenti raccolte (Il porto degli sconfitti, 2007, e Il sole del Baltico, 2013) la sua visione di poesia e vita. La poesia ha bisogno di ritrovare la sua stessa ragione d’essere, il suo scopo, la sua essenza. Allora è necessario uscire dalla Babele di lingue imperfette, abbandonare la solitudine, la chiusura, l’immobilità, il vecchiume, ormai status consolidato per effettiva difficoltà o semplice comodità. L’autore pone al centro la volontà, di vita e di morte, quelle volute, scelte, incarnate, purché lontane da gabbie da altri volute, create, imposte, fuori da uno squallido e scrostato sistema,/ che tampona e sfiducia, opprime…
Ogni giorno è una sfida, un nuovo inizio, scendere nell’arena a combattere: avere la forza di iniziare è già una vittoria. Prendere atto del mondo circostante, del suo essere vivo, in perenne fluida trasformazione, essere in ascolto dell’altro, degli altri, senza barriere e chiusure mentali. Così Parigi.
Diventa simbolo e immagine del nostro quotidiano: il metrò, passaggio obbligato di genti, in cui si è così vicini e così lontani ai luoghi del potere macchiati di cumuli di colpe. Siamo noi stessi, sempre, nel nostro viaggio di vita in qualche metrò: dove sta la vera vita? Dove ha forza di innestarsi nuova linfa, dove questa attecchisce, non disturba, ma si fa brezza musicale che accarezza corpo e anima.
Questa è già poesia: poesia come amore per la poesia e amore per gli altri, cura attenta del noi; il primo amore si realizza e ha senso solamente nel secondo. Poesia veicolo di messaggi a masse di ciechi che vogliono ritrovare la vista. Fuori dai cenacoli, dunque, fuori dalla coltre polverosa della noncuranza bidirezionale.
Risponde e rilancia, caricando il peso, Jean Òre, che viaggia sulla linea infinita della voglia (e qui il legame con la volontà di Pasella) di un cambiamento radicale, perenne, anche attraverso l’esplorazione dell’Io, entro una condizione sociale/ profondamente alterata.
Per Òre la poesia è “voce imponente nell’aridità globale (…) Uno sguardo incompiuto degli occhi. Una conversazione/ universale, un’attesa, uno scioglimento duraturo.”
Dalle torri inespugnabili di oscuri e misconosciuti centri di potere, calano “giudizi imposti (…) Strade, orizzonti infiniti, viaggi lontani con la mente./ Tutto questo può esistere?” Capita, ed è naturale, che la fragilità trovi realizzazione nello schianto di fronte ai limiti imposti dalla realtà, naturale e/o artificiale.
Optometrista diviene l’esemplificazione semplice, lineare, di uno stile di vita, di un normale modus operandi della mente, di una disposizione dell’essere umano in generale e, ancor più del poeta: un elenco di elementi naturali in cui s’inserisce, normalmente, la vita e la morte; un elenco non finito che i punti di sospensione lasciano volutamente ampiamente aperto verso l’infinita possibilità di osservazione, di nominazione, che è pure forma d’azione.
Il noi e il tu, indefiniti, lasciano possibile l’identificazione ai lettori in questa visione sogno-veglia che è apertura, speranza, attesa, proiezione verso un giorno che la poesia attiva e fattiva rende “non impossibile” e quando i meridiani combaceranno noi saremo lì.
Per informazioni sulla nuova casa editrice, che inizialmente pubblicherà in ebook, ma non esclude di intraprendere presto anche la strada dell’editoria tradizionale, è possibile visitare il sito.
Written by Katia Debora Melis
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