“Traffic Lights” di Romeo Tofani: bisogna prima allontanarsi per potere poi fare ritorno
“Traffic Lights. Non ha mai senso la prima cosa che scrivo, ma devo ammettere che non suona male. Potrei scrivere qualcosa di molto americano, magari sotto pseudonimo per darmi delle arie. Credo che mi sia venuto fuori dalla mia personale teoria autolesionista che gli scrittori non sono altro che dei grandi rompiscatole, come i semafori. Certo potrei intitolarlo semafori, ma suona da schifo e poi traffic lights ha una sua valenza poetica”.

È uscito nell’agosto 2015, autopubblicato ed in formato digitale, il nuovo romanzo dello scrittore, attore e autore di teatro Romeo Tofani, nato a Varese nel 1991. “Traffic Lights” riprende il paragone che l’autore fa all’inizio dell’opera, affermando di non amare i semafori, perché inopportuni e talvolta del tutto inutili – specie la notte.
“Traffic Lights” è il classico esempio di romanzo introspettivo, anche se l’autore maschera bene la cosa, dotando il suo protagonista Luca Vanoni di molta ironia, che talvolta sfocia in cinica arroganza. Luca è uno scrittore che in passato ha avuto un discreto successo in campo letterario, ma che negli ultimi anni sembra essere stato colpito dal cosiddetto “blocco dello scrittore”. Il fatto è che, anche se non lo dà a vedere e non lo ammetterebbe mai, egli non è poi così imperturbabile come sembra. Anzi, giunto alla soglia dei trent’anni, sta facendo un bilancio della sua vita.
A Galliate Lombardo, dove è nato e cresciuto, è rimasta la sua famiglia: una madre che ha dovuto tirare avanti nonostante il marito l’abbia presto abbandonata, andandosene di casa perché non sopportava la responsabilità di avere dei figli; due fratelli minori, Michele e Caterina, che per lei ci sono sempre stati. Lui invece, Luca, ha voluto andare ad abitare da solo a Milano e da anni ormai vede la famiglia solo per le feste di Natale. Un infortunio lo costringerà a trasferirsi a casa della madre per un lungo periodo, dove egli imparerà che la vicinanza con le persone care non è poi così male e che stare da soli, in fondo, è anche un po’ triste.
Luca Vanoni accetta la proposta del suo agente di scrivere un romanzo a capitoli, dove, prendendo spunto dalla vita quotidiana, metterà a confronto se stesso e il suo personaggio, avendo ricevuto la notizia di avere i giorni contati. La molla che ha ridato “vitalità” al torpore nel quale era sprofondato Luca Vanoni è la notizia di dover morire da lì a tre mesi. Quando questa storia inizia è settembre, quindi per dicembre – in corrispondenza col matrimonio della sorella Caterina – dovrebbe essere tutto finito. A fare questa funesta profezia è stata la vicina di casa di Luca, la signora Rebeschi, dove il suo cane Sam va a rifugiarsi quando trova la porta aperta. L’anziana è inaffidabile poiché affetta da morbo di Alzheimer, ma certo che, anche se involontariamente, ha offerto un bell’“assist” allo scrittore. Se davvero dovesse morire di lì a tre mesi, cosa cambierebbe nella sua vita? In che modo renderebbe questo tempo degno di essere vissuto?

E mentre immagina che il suo protagonista debba presto abbandonare questa terra – anche se non sa bene come -, Luca Vanoni inizia a mettere ordine nella sua stessa vita e a mettere in discussione le sue scelte.
Il finale è a sorpresa, e mi pare di aver capito che l’autore sia solito voler stupire il lettore. Come gli attori, che sanno sempre dare un’interpretazione peculiare alle loro rappresentazioni.
Sebbene ci sia qualche imprecisione linguistica – niente a cui una buona opera di editing non possa ovviare – e un’animalista convinta come me non possa sopportare che al cane si arrivi con qualche calcetto, seppur per una giusta causa, e cioè per parlare della malattia della signora Rebeschi, ritengo “Traffic Lights” un’opera interessante e scritta in maniera piacevole.
Soprattutto apprezzo che ci siano persone, come il protagonista del romanzo, che non danno sempre tutto per scontato, ma che si pongono delle domande. La vita che abbiamo scelto di vivere, vale davvero la pena di essere vissuta? Oppure sarebbe il caso di cambiare qualcosa? Dettagli che farebbero stare meglio, facendoci sentire più sereni e in pace con noi stessi.
Consiglio la lettura di questo libro a chi nella vita si mette sempre in discussione, e soprattutto è consapevole del fatto che bisogna andarsene per potere poi fare ritorno. Se non ci si allontana da un luogo e lo si vede da distante, si finisce col perderne la prospettiva.
Written by Cristina Biolcati