“La sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj: solo la morte mette fine al conflitto di due carni che mai divengono una

“«Allora vi racconterò che… Ma lo desiderate veramente?». Io ripetei che mi interessava molto. Tacque per un po’, si passò le mani sul volto e cominciò: «Se devo raccontare, allora devo cominciare dall’inizio: bisogna dire come e perché io mi sposai, chi fossi prima del matrimonio. Fino al matrimonio io vissi come vivono tutti nel nostro ambiente. Sono proprietario terriero, laureato all’Università e sono stato anche maresciallo della nobiltà”.

La sonata a Kreutzer

Racconto del “risveglio morale”, la cui stesura è avvenuta dopo la cosiddetta “conversione ai Vangeli”, chiamatelo pure come volete, ma “La sonata a Kreutzer” di Lev Tolstoj  – romanzo pubblicato nel 1889 – presenta due aspetti fondamentali.

È breve, e questo giova all’approccio con questo scrittore, la cui particolare prolissità potrebbe inibire il lettore comune e non appassionato; si discosta dalla tipologia di riflessione dell’autore russo, dedita all’analisi della cruda realtà, divenendo – se mi passate il termine – di introspezione “dostoevskiana”, in cui si avverte uno sforzo estremo di identificazione e di esaltazione dei moti più intimi dell’animo umano. Quest’ultima peculiarità è molto probabilmente dovuta al fatto che Tolstoj prende spunto da un tradimento subito, per narrare una vicenda autobiografica.

Opera travagliata, accolta in maniera “tiepida” dalla critica del periodo per gli argomenti scabrosi trattati, la cui pubblicazione la si deve all’intercessione della moglie Sonja presso lo zar Alessandro III. Insomma, a suo tempo, niente di eclatante e rivalutata in seguito.

Si tratta di un romanzo di denuncia, ricco di pathos, dove la forza dell’eros emerge di continuo. Nonostante sia intriso di religiosità e inteso come un monito a guardarsi dai piaceri della carne, esso esorta a liberarsi da quella passione oscura che annebbia la mente ed induce l’uomo a comportarsi come una bestia.

Il tormento interiore del protagonista, ossessionato dal tradimento, induce a provare repulsione per un corpo seducente che allontana l’essere umano dalla sua vera essenza. Il “furore” trionfa sulla ragione e un’idea, se ben radicata, porta alla pazzia.

La vicenda si svolge interamente durante un viaggio in treno. Un’accesa discussione sta avendo luogo in uno scompartimento ferroviario sul matrimonio e, inevitabilmente, anche sul divorzio. Alcune persone dissertano sui principi dell’amore, mettendo a confronto il parere di una signora che difende l’amore fondato sull’affinità spirituale, e un uomo “dai capelli grigi, dall’aria solitaria e dagli occhi scintillanti” che narrerà la sua esperienza e farà comprendere alla voce narrante, ovvero una presenza maschile  che rimarrà sconosciuta, il perché non crede più all’amore.

Pozdnysev – questo il suo nome – inizia a raccontare la sua storia, partendo dall’errore di gioventù che fece sposando una donna per il suo aspetto, senza in realtà avere approfondito la conoscenza. L’appetito carnale viene scambiato per amore, ed egli si ritrova con una moglie che non ama, né tantomeno rispetta. Una donna che causerà, a sua detta, la sua rovina e sfocerà in tragedia.

Lev Tolstoj

La passione dell’inizio, dalla quale nasceranno cinque figli, si rivelerà un crescente fastidio, che allontanerà sempre più i due coniugi.

Egli commette l’errore di presentare la moglie ad un amico violinista, e una sera i due eseguono insieme – lei al piano, lui al violino – la “Sonata a Kreutzer” di Beethoven, e da lì nasce il sospetto che lei lo tradisca. La storia termina nell’uccisione della donna, per mano di un Pozdnysev sempre più ossessionato ed inesorabilmente precipitato nella pazzia più assoluta.

L’uomo prenderà coscienza della gravità del suo gesto soltanto quando verrà condotto sulla tomba della moglie, e nel congedarsi dal suo interlocutore, al termine del racconto, l’uxoricida implora il suo perdono.

In un’epoca in cui si dava ragione al marito, soltanto per un sospetto di tradimento, e questi rimaneva impunito, Tolstoj ci mette di fronte a tematiche di non facile accettazione. Ciò che anima tutto il racconto sono queste elucubrazioni ossessive, di chi ha punito più per soddisfare un senso di rivalsa che per vendicarsi, dato che il tradimento non è mai stato colto in flagrante, né il protagonista si sia mai curato di appurarne la veridicità.

Sebbene qualche piccolo passo avanti sia stato fatto – poca roba – la donna è sempre colei che ha la peggio, adesso come allora. Per questo, trovo questo romanzo terribilmente arretrato, ma, al tempo stesso, attuale. Vi prego di interpretare nel giusto modo questo mio paradosso.

Come per tutti i libri celebri, vi comunico che di edizioni ne sono state fatte tante. Per esempio, io ne ho letta una del 2006, edita da Einaudi nella collana Einaudi tascabili. Classici. Volendo, al fine di incentivare la lettura, in rete è presente anche un’edizione digitale gratuita. Ora non avete proprio più scuse.

Vi auguro quindi una buona lettura.

 

Written by Cristina Biolcati

 

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