“La pietà dell’acqua” di Antonio Fusco: una verità che si profila come ideale e ragione di vita
“La verità si può nascondere, negare, modellare in nuove forme a seconda della convenienza, vestire con l’abito di una diversa apparenza, ma non si può cancellare”.

Dopo “Ogni giorno ha il suo male” (Giunti, 2014), il criminologo forense e Capo della Squadra Mobile di Pistoia Antonio Fusco torna con un sorprendente secondo romanzo, ancora più appassionante del primo. Questo perché esula da serial killer e richiami americani e, in maniera più genuina, sa di storia e di passato.
Sfatando il mito che il primo romanzo sia sempre il migliore, con “La pietà dell’acqua” (Giunti, 2015) Fusco ci propone una nuova indagine del commissario Tommaso Casabona: un personaggio che avevamo imparato ad amare per la sua umanità e per il fatto di avere una famiglia “normale”, alla quale nessun errore è stato risparmiato.
Un matrimonio, quello con Francesca, che forse con gli anni si è ossidato e non trova più la sua ragione di esistere, da quando i figli, ormai grandi, se ne sono andati di casa. Alla sindrome del “nido vuoto” si accompagna il rammarico di non averli saputi trattenere e proteggere, da quel male nel mondo che egli conosce fin troppo bene.
La storia è ambientata sempre in Toscana – dove l’autore napoletano abita da anni – , sulle colline ai confini della già nota Valdenza. Qui il cadavere di un imprenditore settantenne viene ritrovato freddato da un colpo di pistola alla nuca, sotto a quell’albero che tutti chiamano “il castagno dell’impiccato”.
È ferragosto e il caldo è insopportabile. Casabona è costretto a rientrare in tutta fretta dalle ferie, litigando per questo con la moglie, che si era illusa di poter trascorrere due settimane al mare da sola con lui.
Quella che sembra una vera e propria esecuzione di stampo mafioso – e infatti il caso viene subito sottratto dalla direzione antimafia – riporta alla luce una strage familiare avvenuta nel 1944, in pieno secondo conflitto mondiale, ad opera dei nazisti. Lo svuotamento della diga, costruita nel dopoguerra, fa riemergere dalle acque del lago – a periodi prosciugate per permettere la manutenzione – il vecchio borgo fantasma di Torre Ghibellina, e con esso l’ennesima atrocità di guerra perpetrata dai nazisti per la quale nessuno ha pagato. O meglio, dove a pagare sono state le persone sbagliate.

Casabona fa la conoscenza della francese Monique, che in un primo momento si finge reporter, ma poi si rivelerà un prezioso alleato per lo svolgimento delle indagini. L’intera vicenda ruota attorno ad un dossier scottante, che ha innescato una catena di omicidi, sia in passato che nel presente. Cosa nascondono in realtà le acque di quel lago?
Fra una capatina a Parigi e le indagini condotte sui colli fiorentini, Casabona dovrà fare i conti con una verità troppo a lungo insabbiata e, al tempo stesso, con quello che rimane del suo matrimonio.
L’indagine che si materializza nel romanzo si presenta come un incastro di scatole cinesi, dove nulla viene lasciato al caso e tutto trova una spiegazione. La prosa semplice ed incalzante di Antonio Fusco riesce a tenere alta l’attenzione del lettore e spinge a “divorare” il romanzo in tempi davvero brevi. Dalla sua parte, per essere credibile, l’autore ha l’esperienza sul campo di chi sa come si debba condurre un’indagine e una grande conoscenza del territorio, che si apre ai nostri occhi in paesaggi evocativi, come fosse un film.
Antonio Fusco dedica “La pietà dell’acqua” a tutte quelle persone che hanno fatto della verità la loro ragione di vita.
“Tutti furono per sempre come quell’ultima notte. L’acqua del lago di Bali, come una pietosa coperta, ne preservò il ricordo e diluì in essa l’immenso dolore. Nessuno di loro fu più altrove. Né diverso da come era quella sera”.
Quell’acqua da cui ogni cosa prende vita e in cui tutto si dissolve. Che fa da specchio e al tempo stesso protegge.
Written by Cristina Biolcati
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