Intervista di Irene Gianeselli al cantautore veronese John Mario ed al suo album “Per fare spazio”
Mario Vallenari in arte John Mario è un cantautore veronese.
Il suo genere musicale è il risultato di una felice contaminazione di sonorità alternative e indie pop. Ha all’attivo tre dischi autoprodotti: Les Moods (2001), Viaggiare! (2004) ed Embarcadero (2008). Nel 2007 ha firmato un contratto editoriale con Emi Music Publishing Italia e insieme al produttore Orazio Grillo (Emma, Modà, Nesli) ha scritto il tema musicale del film “Goodbye Mr Zeus”. Dal 2007 al 2012 ha pubblicato con Dead Man Watching due EP (Dead Man Watching e Dead Man is Coming to Town) e un full length (Love, come on!).
Nell’ottobre del 2011 ha fondato la “Cabezon Records” produttrice di The Softone, Veronica Marchi, El Matador Alegre, Nicola Battisti, Dead Man Watching, Nicola Sartori, Facciascura e Divano.
Per Fare Spazio è il suo nuovo album, in uscita a gennaio 2015 che presenta ai lettori di Oubliette Magazine.
I.G.: “Perché tanti discorsi ambigui, buttati con l’edera a nascondere un pozzo, quando tutti sapevamo di che pozzo si trattava?” (Cesare Pavese, Il diavolo sulle colline). Il tuo quarto album non è ambiguo e non cerca di nascondere pozzi, al contrario “Per fare spazio” è un titolo che sottende l’urgenza di definire la propria dimensione. Puoi raccontarci il tuo percorso?
John Mario: Il progetto John Mario nasce alla fine degli anni 2000 quando ero in Erasmus a Saragozza, in Spagna. Sono sempre stato un chitarrista ma in quel periodo mi è capitato tra le mani “Comes a time” di Neil Young e tutto è cambiato; ho sentito il forte impulso di mettermi alla prova anche con la scrittura e così in un mese ho buttato giù venti canzoni, in parte finite sul mio primo demo “Les Moods” del 2002. Da allora ho fatto veramente tante cose in ambito musicale, come John Mario ho pubblicato altri tre dischi: “Viaggiare!” nel 2004, “Embarcadero” nel 2008 e ora questo “Per fare spazio”.
I.G.: In “Pecora nera” è presente l’influenza di Brian Eno e della sua musica Ambient: come hai incontrato questo genere?
John Mario: Gli inserti ambient così come l’utilizzo dei droni sono opera del produttore artistico del disco Sebastiano Festa, che ne è un vero cultore. Volevo che si sentisse la sua personalità e gli ho dato carta bianca, inutile dirlo: sono molto soddisfatto di come ha interpretato le mie canzoni.
I.G.: Quale delle canzoni ritieni la più rappresentativa dell’album?
John Mario: Sicuramente la titletrack racchiude il senso dell’intero album: “Per fare spazio” ha l’intento di archiviare i tanti malumori, le tante sensazioni negative (ma anche positive) accumulate negli ultimi sette anni, fare spazio dentro di me e ricominciare a camminare più leggero. Adesso che il disco è uscito mi sento a tutti gli effetti “nuovo”.
I.G.: Tutto l’album è pervaso da un senso di disillusione e da una profonda insoddisfazione ed il tappeto musicale (a partire dall’uso della chitarra elettrica) è sicuramente coerente col contenuto dei testi. Eppure non si tratta di “pessimismo” ma di una reazione ad un contesto ben preciso.
John Mario: Sì non è un album “negativo”, è piuttosto un pretesto per allontanare da me la negatività accumulata nel tempo. Tante cose qui in Italia non vanno per il verso giusto e personalmente non sono riuscito a dare alla mia vita la direzione che avrei voluto. Avevo bisogno di cantarlo per accettarlo, mettere un punto, andare a capo e ricominciare a lavorare sodo per meritarmi una possibilità di cambiamento.
I.G.: Hai scritto il tema del film “Goodbye Mr Zeus”, puoi parlarci di questa esperienza?
John Mario: Quella della colonna sonora di “Goodbye Mr Zeus” è stata una delle cose più belle che mi sono successe, soprattutto perché è capitata per caso. Un musicista di Verona (Bob Meanza) – all’epoca studiava a Bologna -, mi disse che il regista Carlo Sarti stava cercando delle canzoni per il suo nuovo film, mandai allora gli mp3 di alcune canzoni che piacquero e vennero inserite nella pellicola. Vederlo al cinema è stato straniante ed emozionante al tempo stesso.
I.G.: In un momento così difficile per l’editoria musicale, potresti raccontarci della scelta di aprire la Cabezon Records?
John Mario: Il motivo è molto semplice: amo la musica in tutte le sue sfaccettature. Mi affascinano allo stesso modo la purezza dell’espressione artistica e i meccanismi che regolano il music biz. Sono curioso e voglio capire come funzionano le cose in questo mondo, credo che solo così si possa portare avanti un percorso artistico con serenità. I risultati per ora non sono incoraggianti ma in un momento storico come questo non posso pretendere chissà cosa anche perché parto da zero, nessuno mi ha insegnato nulla; vado avanti a tentativi, sbaglio e imparo. Mi sto mettendo in gioco e di questo sono orgoglioso.
I.G.: Domanda d’obbligo: ci spieghi l’origine del tuo pseudonimo?
John Mario: È un nickname nato per gioco, in quegli anni (fine anni Novanta) leggevo nomi di band e cantautori ultra ricercati così ho ben pensato di sceglierne uno idiota: John come John Rambo e Mario come Mario Cobretti (il nome e cognome). A parte l’ammirazione per Sly durante l’infanzia e la prima adolescenza, a vent’anni con addosso degli occhiali a goccia (e ovviamente a specchio) avevo a tutti gli effetti un’aria da Stallone. Purtroppo ora non è più così… maledizione!
I.G.: Progetti futuri?
John Mario: Continuare a coltivare questa passione chiamata musica, con serietà e ambizione senza però pretendere di più di quello che può dare.
Written by Irene Gianeselli
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