“Muto come un orsetto” di Helfrid P. Wetwood: una favola noir per dare voce a chi non ne ha
“Mi chiamo Gosa e prima di finire per strada, prima che un barbone avvinazzato si pulisse il culo su di me, realizzando il suo sogno di morbidezza, ero un soffice orsetto che da quasi mezzo secolo oziava sul divano di Ginger, la mia padrona, una delle mignotte più vecchie di via Padova”.
Tutto è cominciato dal racconto di un concorso letterario, che si è distinto e si è trasformato in un romanzo. “Muto come un orsetto” (Fratelli Frilli Editori, 2014) è la favola “noir” di Helfrid P. Wetwood, pseudonimo dietro il quale si cela uno scrittore ancora non ben identificato, nato a Milano nel 1978.
E proprio a Milano è ambientata la storia, una città ormai cambiata nel profondo, divenuta schiava del progresso e della maleducazione della gente. Non più la “Milano da bere” degli anni Ottanta, bensì un luogo che ha ceduto alla speculazione edilizia, permettendo che l’emblematico Pirellone venga superato in altezza dalla Torre Unicredit.
Pertanto, se un orso di peluche che da quasi mezzo secolo è stato sul divano esce di casa, costretto da una situazione contingente, ciò che appare ai suoi piccoli occhi neri non è più riconoscibile, né accettabile. L’autore compie una vasta denuncia sociale, utilizzando come espediente il pensiero di un oggetto inanimato.
L’antropomorfismo che si realizza, permette di poter analizzare la situazione come realmente si presenta, poiché un orsetto arrabbiato e assetato di giustizia, seppur senza il dono della parola, può permettersi di essere spietato. Talvolta Gosa ricorre al turpiloquio, utilizzando lo “slang” di un vero e proprio “uomo” contemporaneo, nel suo interminabile ragionamento su tutto quello che si trova a vivere.
Gosa è stato per anni l’orso di peluche di Ginger, un’anziana prostituta che gli ha lasciato in eredità delle vere e proprie “perle di saggezza” tratte dal suo diario, col quale l’autore sempre inizia e termina i vari capitoli. Fra tutte, potremmo citare: “Le puttane non amano meno dei re” Diario di Ginger, pag. 41. Oppure “Caro Babbo Natale, quest’anno portami un fungo atomico” Diario di Ginger, pag. 21.
Un cliente, di quelli che Gosa ha sempre reputato “inaffidabili”, uno di quelli che potrebbe avere la “madre impagliata sul dondolo” come il protagonista di “Psyco”, ha ucciso Ginger, soffocandola nel suo letto, in quella via Padova dove negli ultimi tempi prospera la delinquenza. E lui, il povero orsetto, è stato proprio l’arma del delitto. Quello psicopatico ha messo l’addome di pezza nella gola della sua padrona, finché quest’ultima non ha esalato l’ultimo respiro.
Il sentimento di vendetta di Gosa è preponderante e diventa il suo scopo di vita, nonostante egli sia conscio che gli orsi di peluche non possano far valere le proprie ragioni. A loro però rimane il potere della mente, la trasmissione del pensiero. Gettato in strada come un cencio vecchio, Gosa inizierà la sua vita di oggetto inanimato senziente, in balìa delle circostanze e di persone che, di volta in volta, lo raccoglieranno e lo porteranno con sé a vivere un pezzo della loro esistenza. Solo e ramingo, il povero orsetto finirà di male in peggio, assistendo ad avvenimenti surreali che metteranno ancora più in risalto la cattiveria dell’uomo e lo squallore dei sentimenti umani.
Fino a quando, in una Milano violenta ed indifferente, riuscirà ad avere il suo riscatto.
“Muto come un orsetto” è senza dubbio un romanzo originale, dove l’io pensante (non vi sono parole, neanche una!) è un oggetto inanimato, un testimone silente dotato di un preciso e puntuale senso critico. Un’opera che valorizza gli “ultimi”, coloro che vivono ai margini, e non hanno facoltà di parola. Le uniche due persone con le quali Gosa diviene in sintonia, non a caso, sono due donne, la prostituta Ginger e la scialba donna delle pulizie Carla, alla quale egli consiglia di assaporare maggiormente la vita. Come se il messaggio di fondo ricordasse quanto difficile sia nascere donna, nella nostra società.
Profetico che Milano, la città più “modaiola” e caotica d’Italia, riesca a “fermarsi” per rendere giustizia ad una prostituta che, come dice l’autore, insieme ai premi Nobel per la fisica è uno fra gli esseri più soli al mondo.
Written by Cristina Biolcati
Un pensiero su ““Muto come un orsetto” di Helfrid P. Wetwood: una favola noir per dare voce a chi non ne ha”