“Spiriti dei morti” di Edgar Allan Poe: l’attimo che valica due mondi
“Starà la tua anima, disperata e sola/ Fra i bui pensieri d’una grigia lapide -/ Non uno, in tanta folla, verrà a spiarti/ In quella tua più segreta ora.”
L’estremo istante.
L’attimo che valica due mondi.
Il sospiro che libera i lacci dell’anima.
Chi mai può spiegare appieno l’istante della morte?
Quale filosofia così tronfia e piena di sé potrà mai scandagliare con la propria lanterna ciò che accade nell’istante senza tempo della morte?
Ecco un’anima, da pochissimo uscita dalle carni mortali che abitò in questa vita, impaurita e spaesata, non ancora pienamente conscia della sua presente condizione.
Sola, ma non sola, al contempo…
“Non dir nulla in quella solitudine/ Che non è però desolazione – perché, allora,/ Gli spiriti di quelli che in vita/ Ti precedettero incontrerai, nella morte,/ Di nuovo intorno a te – ed il loro volere/ Porrà in ombra il tuo: ma tu, non dir parola”
Ecco il rivelarsi della natura di quella folla: gli spiriti dei morti, di coloro che l’anima appena liberata ha incontrato in vita.
Sono presenze discrete ma terribili.
Stanno, eteree ma mai più presenti di adesso, intorno a lei.
Perché non dovrebbe parlare?
Forse, ogni parola proferita dall’anima spaesata (ma si chiamerà ancora “parola”?) non farebbe che rovinare la terribile ed arcana magia di quegli istanti fuori dal tempo.
Presenze nella solitudine.
E silenzio senza tempo.
“La notte t’apparirà accigliata e greve -/ E le stelle non più occhieggeranno/ Dai loro alti troni celesti, con luce/ Di vaghe speranze offerte ai mortali -/ Ma le loro rosse sfere, prive d’ogni raggio,/ Al tuo languente occhio si mostreranno/ Come incendio e ardore/ Che per sempre t’investiranno”
Cambia ogni prospettiva.
Il punto di vista terreno lascia il posto, calato il sipario della vita su questo piano d’esistenza, ad una nuova visione.
E ogni nuova visione, ogni nuovo (ma sarà veramente nuovo?) punto di vista richiede occhi nuovi: si abbandonano i “filtri” con cui si credeva di vedere ed analizzare la realtà fenomenica, scoprendosi così in relazione più profonda con il tutto.
“Avrai pensieri che non potrai bandire -/ Visioni che mai più svaniranno -/ Che mai più da te saran disgiunte -/ Come le gocce di rugiada dall’erba.”.
Cosa vedrai, anima? Cosa percepirai?
Sarà tutto così effimero, come nella vita terrena?
Così vano e vuoto, come ogni pensiero che rimpiazza il precedente?
Come ogni sensazione che ben presto lascia il tuo cuore, come un velo notturno carezza il viso d’una dama sognante?
Oppure… Scoprirai che il fuoco delle stelle è anche in te?
Potrà ancora chiamarsi “pensiero” o “sensazione” ciò che provi ora?
O più non valgono queste classificazioni razionali? Ecco, come ti si diceva: la parola può rovinare questi attimi…
“La brezza – l’alito di Dio – è caduta/ E la nebbia sulla collina -/ Un’ombra – un’ombra che non si squarcia,/ È un simbolo, è un segno -/ Già per come incombe sugli alberi,/ Mistero dei misteri!”.
Tutto si fa immobile.
E incredibilmente vivo.
Apoteosi dell’invisibile che diviene persistente, e con te resterà per sempre.
Non sei come la nebbia che, nell’atmosfera crepuscolare, accarezza freddamente le colline: sei la nebbia stessa.
Divieni il mistero a cui, più o meno consciamente, desideravi dare risposta.
E la risposta è il silenzio stesso.
Il silenzioso sibilare della nebbia.
Sei l’ombra appena percepita dagli occhi mortali più sensibili.
Come scintilla, in te risplende il simbolo dell’Oltre, di cui, pure, fai parte e hai sempre fatto parte.
Non siamo mai così autentici come nell’attimo fatale…
Written by Alberto Rossignoli
Bibliografia
E.A. Poe, Tutti i racconti, le poesie e “Gordon Pym”, Newton Compton Editori, Roma 2009
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