“Installations”, mostra personale dell’artista latinoamericano Cildo Meireles: sino al 20 luglio all’Hangar Bicocca, Milano

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Una rivelazione la mostra personale del brasiliano Cildo Meireles (dal titolo Installations) all’Hangar Bicocca di Milano. Si tratta della prima mostra italiana dedicata a uno dei più importanti e celebrati artisti latinoamericani del secondo dopoguerra, in Italia quasi sconosciuto.

La personale, a cura di Vicente Todolí, comprende 12 tra le più importanti installazioni realizzate dall’artista tra il 1970 e oggi.

In uno spazio enorme, i visitatori hanno il tempo e la calma di poter interagire con le opere, toccarle, annusarle, camminarci sopra, ascoltarle, lasciarsi cullare dalle onde, venendo guidati, ma in modo soft, non invasivo, in una meditazione su ciò che esse vogliono comunicare.

Cildo Meireles affronta infatti tematiche sociali e culturali con opere che, per essere comprese, devono essere vissute, usate dal visitatore, che camminerà su specchi rotti  in Através (1983-1989),  o si infilerà in un tubo ventoso con del ghiaccio in bocca e, così facendo, riuscirà a capirle ed apprezzarle.

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Oggetti e materie sono in base alle loro caratteristiche simboliche o sensoriali, mettendo insieme elementi contrastanti dal punto di vista semantico o visivo.

Quindi avremo un tipee fatto di cartamoneta e costruito su ossa puzzolenti in Olvido (1987-1989), un pavimento di 22mila uova di legno in Amerikkka (1991-2013), accanto a un mare fatto di libri, ma è il suono l’elemento centrale, come Babel, la torre fatta di radio che accoglie il visitatore all’ingresso, dimostra.

Através è un  labirinto realizzato con diversi materiali trasparenti: vediamo il tracciato, non ci perderemo nel labirinto, ma ugualmente dobbiamo seguire un percorso che ci è imposto, camminando con attenzione sugli specchi rotti cercando di non scivolare su questi limiti così sottili, ma che ugualmente possono fare male.

Si medita sulle costrizioni del vivere che accettiamo dandole per scontate, e su cosa è passare attraverso lo spazio, dovendo porre attenzione al percorso che ci viene proposto.

Meireles sa anche farci sorridere. Ci si deve avventurare in uno spazio buoi, quasi brancolando, seguendo un occhio di bue per arrivare a Cruzeiro del Sud, un cubo di 9 millimetri per nove, metà in pino e metà in quercia (legni sacri per la popolazione india Tupì). È minuscolo, abbandonato per terra in mezzo al nulla.

Ci si accovaccia e lo si guarda. Non lo si osa toccare. In realtà l’opera denuncia la colonizzazione, ma il suo significato più immediato è questo: brancolare nel buio per osservare un’opera che non si riesce neppure a vedere da tanto è piccola. Accovacciarsi, pensare. Non è un’opera che interagisce con lo spettatore. Solo, teatralizza l’arte.

Olvido circonda lo spazio zeppo di ossa di bue con 70.000 candele di paraffina poste una sopra l’altra a creare una sorta di muretto a secco – che richiama al potere della Chiesa – a delimitare un tepee indiano realizzato con 6000 banconote provenienti dai vari paesi americani. Si sente il rumore  di una sega elettrica ci parla della distruzione delle foreste.

Cinza (1984-1986) mette a confronto due pavimenti: uno cosparso di gessetti bianchi e la tela che lo circonda è anch’essa dipinta di bianco, l’altro è nero, con carbone per terra. Il visitatore entra in uno, poi nell’altro, e li contamina, rendendoli sempre più simili.

Ma la meraviglia è in fondo alla sala, dove c’è il mare. La risacca altro non è che la parola acqua, in 85 lingue. Siamo sul pontile. Il mare è una distesa di fascicoli blu, aperti. Una vertigine ci coglie. Si tratta di  Marulho (1991-1997). Cosa è vero? Il mare vero o la sua percezione?

 

Written by Silvia Tozzi

 

 

Info

Sito Hangar Bicocca

 

Cildo Meireles, Installations / a cura di Vicente Todolí

dal 27 marzo al 20 luglio 2014

HangarBicocca / via Chiese 2, Milano / telefono: 02.66111573 / info@hangarbicocca.org

Orario: giovedì – domenica 11.00 – 23.00 / Ingresso libero

 

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