“Padania” nuovo album degli Afterhours – recensione di Daniele Mei

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Viaggio all’interno di questo freddo e minaccioso mondo chiamato “Padania:

si entra dal cancello che dalla miseria porta al nulla, un albero senza foglie sulla sinistra, niente sulla destra. Una pozza d’acqua fangosa,  di neve sciolta, che non sai quant’è profonda, che non sai se rimarrai impantanato e non sai se potrai uscirne.

Un muretto basso ma che non puoi scavalcare. Qualcuno ci è passato per quel cancello, non tira un filo di vento. Non puoi sapere se da li si esce vivi.

La paura di entrare in un non luogo, incolore e senza uscita, esiste, ma la curiosità prende il sopravvento e passo dopo passo ci si avventura nelle sfumature, anche se molto oscure, della musica. La consapevolezza che se il primo ascolto non ti ammazza questo ti può solo rinforzare per andare avanti e scoprire un mondo. E il non luogo incolore diventa fiorito, qualcuno ti strappa un inaspettato sorriso, ci sarà una bella luce, una casa a cui tornare: si costruisce un sogno per distruggere un incubo.

Questi non sono gli Afterhours, questo è qualcosa di più, qualcosa di complesso ed inumano, questo è un lavoro (come dicevo) che ci metterà un po’ di ascolti per  venire fuori, ma quando questo avverrà avrà un’esplosione dentro di me (e di voi) e si marchierà a fuoco nelle mie (e vostre) viscere; ormai, sinceramente, non posso più decidere, “Padania si è impossessato di me, verrò umiliato e distrutto, sarò obbligato a lottare, la metamorfosi è iniziata, insieme alla goduria.

Fortunatamente la “Padania di cui parliamo non è quella leghista, per cui la tempesta è iniziata, ma è il mondo nuovo degli  Afterhours, che si spingono nell’uso di un termine che fino ad ora ha segnato solo malessere, per non dire malaffare,  e lo fanno loro, rubandolo concettualmente alla tristezza di questi anni, e rendendolo sinonimo di capolavoro Rock: d’ora in poi “Padania”  non sarà più un non luogo per pseudo vigliacchi ignoranti del Po ladroni e codardi, ma sarà il titolo di un disco chiave dell’arte musicale italiana, wow! Il fantasma di Captain Beefhart, poi Blixa Bargel, Diamanda Galas, Scott Walker, ma anche lo spettro di Robert Johnson, passeggiano  sopra gli aborti di Pooh e Zucchero Fornaciari, tenuti in una stanza di sicurezza buia e senza finestre col cappello a punta e le orecchie da asino.

Questo è il disco più cantautorale e più rock degli Afterhours, più sperimentale, quello che tutti volevamo; più pericoloso per loro, che con coraggio e aria di sfida ci porgono con tutta la loro superba umiltà, ma con la consapevolezza nei propri mezzi che pochi in Italia si possono vantare, sbattendoci in faccia il loro: “So chi sono”, e lo fanno dire anche ai loro figli.

Se solitamente si parla di dischi concept, in questo caso si fa un’evoluzione e diventa tutta la storia degli Afterhours un concept, dalle loro dichiarazioni si entra in un filone di rimandi tra i lavori di diversi periodi:  il nome dell’etichetta usata per far uscire Padania”,Germi,  ad esempio, già titolo del loro primo disco in italiano, sta a significare i germi lanciati ad infestare tutta la popolazione rock italiana, creando la fan base più  varia, eterogenea e convinta del panorama nazionale.

Disco da avere, insieme ad altri due fondamentali degli anni ’10 per un dovere culturale: è la dimostrazione che la vita esiste anche in Italia.

 

 

Afterhours

Padania – Germi,  2012

 

RECODM 006

Written by Daniele Mei

 

 

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6 pensieri su ““Padania” nuovo album degli Afterhours – recensione di Daniele Mei

  1. La più bella e pertinente recensione letta finora per questo disco (e che disco!)!
    Grazie. Tony.

  2. Bello soprattutto l’inizio del tuo articolo, mi ha fatto pensare a “Stalker” di Tarkovski.
    Una curiosità: quali sono gli altri due dischi fondamentali degli anni ’10?
    Raffo

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