Intervista di Alessia Mocci a Gabriele Ronchetti ed al suo "Il coraggio non si compra"

Il coraggio non si compra”, edito nel 2010 dalla casa editrice Artestampa Edizioni, è un viaggio nel passato e nella memoria di un uomo, Gino Costantini, conosciuto come il Comandante partigiano John durante la fine della Seconda Guerra Mondiale.

 

L’autore, Gabriele Ronchetti, ha acconsentito nel narrare la storia di quest’uomo che a 92 anni ha sentito l’esigenza di far conoscere la sua storia, come lui l’ha vissuta. Gabriele conosce il partigiano da lunga data, essendo stato il padre un soldato del comandante.

Gabriele Ronchetti è stato molto disponibile nel rispondere alle nostre domande per conoscere meglio “Il coraggio non si compra”. Buona lettura!

 

A.M.: Come ti sei trovato in una pubblicazione a due autori?

Gabriele Ronchetti: Bene, anche perché non è proprio un volume a quattro mani, nel senso che Gino Costantini mi ha raccontato la sua storia di quando era il comandante partigiano John ed io ho tradotto sotto forma di racconto le sue memorie. Quindi un solo scrittore. Essendo però il romanzo narrato in prima persona, era logico che figurassimo entrambi come co-autori sulla copertina. Non è altro che il modello usato da molti personaggi noti che danno alle stampe la loro biografia, facendosi però aiutare da un giornalista o da un addetto ai lavori.

 
A.M.: Rifaresti questa esperienza con Gino Costantini?

Gabriele Ronchetti: Si, certo. Anche se, devo dire, è stato un lavoro gratificante quanto faticoso. Sono passati 65 anni dalle vicende narrate nel libro e Gino oggi ne ha 92. Pur essendo una persona del tutto lucida e di buona memoria, molti suoi ricordi non sono chiari o, peggio, si sono “cristallizzati” in una forma spesso non storicamente corretta. Altri ricordi arrivavano poi a giorni alterni e, di conseguenza, mi è toccato in alcuni casi rimetter mano a capitoli già scritti per integrazioni o modifiche. Comunque una bella esperienza, vissuta con la viva sensazione di recuperare e consegnare ai lettori una storia che altrimenti sarebbe andata perduta.

 


A.M.:
Quando è nata l’idea di questa pubblicazione?

Gabriele Ronchetti: Nacque nell’estate del 2009, praticamente un anno prima della pubblicazione. Tutto sortì da una precisa richiesta di Gino, il quale un bel giorno mi telefonò chiedendomi espressamente se potevo dargli una mano a scrivere un libro sulle sue memorie da partigiano: “Ho deciso che devo raccontare la mia storia esattamente come andò, sono stanco delle calunnie e delle denigrazioni che ho dovuto subire in tutti questi anni”. Una richiesta alla quale non potevo certo sottrarmi, anche se, devo dire, la cosa mi lasciò inizialmente molto perplesso, proprio per le difficoltà legate al recupero di ricordi molto lontani e frammentari da trasformare in racconto fluido ed organico. Non potevo sottrarmi perché a Gino (che conosco da molti anni) mi lega un affetto particolare, dovuto al fatto che lui, all’epoca della Resistenza, era il comandante di mio padre, pure lui partigiano sulle montagne bolognesi. Da un iniziale “si, vediamo…” siamo poi passati a numerosi incontri, con interviste su interviste (a Gino e agli ultimi suoi compagni rimasti in vita), poi visite sui luoghi dove la storia si svolse, fino a vedere nascere, giorno dopo giorno, quel racconto fluido che cercavo.

 
A.M.: Qual è la macrostruttura de “Il coraggio non si compra”?

Gabriele Ronchetti: Viste le premesse, ed il fatto che la storia sarebbe stata narrata in prima persona (compresi quei “sassolini” che Gino intendeva togliersi dalle scarpe), non potevo fare a meno di giocare sul “flashback”. Da un’iniziale ipotesi di introdurre ogni capitolo con un riferimento al presente, ho poi preferito limitare le riflessioni odierne ad un prologo e ad un epilogo, che aprono e chiudono il libro sull’onda dei ricordi. L’ambientazione mi è stata fornita dal primo dei ricoveri ospedalieri che Gino ha subito durante l’anno di lavorazione del libro. Tutti senza gravi conseguenze, per fortuna.

 
A.M.: Il personaggio principale è lo stesso Gino Costantini. Qual è la percentuale di realtà presente nel libro?

Gabriele Ronchetti: Il 100 per cento, assolutamente. L’abbiamo già detto: nel libro è narrata la
sua storia, che resta tal quale, senza cedere a nessuna forzatura od invenzione. Quel che ci ho messo io è stata una struttura narrativa che tenesse insieme tutti quei ricordi, più da racconto che da romanzo, in quanto i particolari ed i dettagli erano troppo pochi. Oltre, naturalmente,
ad un inquadramento storico dei fatti che vengono narrati: la piccola storia calata nel quadro della più grande storia degli ultimi mesi della seconda guerra mondiale in Italia ed in Europa.

 
A.M.:  È stato complesso trovare una casa editrice disposta a pubblicare il vostro prodotto?

Gabriele Ronchetti: No, anzi. Conosco Carlo Bonacini di Artestampa da anni e conosco la sua
sensibilità verso le tematiche legate alla Resistenza. Non potevo che chiedere a lui di pubblicare questo lavoro. Ha subito accettato, fidandosi della bontà del mio lavoro. Ci hanno aiutato anche alcuni sponsor che hanno sostenuto la pubblicazione, in particolare l’Anpi ed il Comune di Vergato, dove Gino risiede.

 
A.M.: Pensi che il social network facebook possa aiutare lo sviluppo di interesse verso “Il coraggio non si compra”?

Gabriele Ronchetti: Beh, penso di si. Anche se io non sono su face book (non mi convince ancora del tutto, sia per un discorso di privacy che di tempo di gestione), ammetto che questo social network possiede una potenza comunicativa e una forza di “veicolazione” straordinaria. Bisogna però promuovere “Il coraggio non si compra” nel giusto modo e col profilo adatto, rivolgendosi al target che possa essere più ricettivo per questo tipo di pubblicazioni. Non c’è nulla di peggio che i messaggi lanciati nel vuoto, non uditi e non risposti da nessuno.

 

Info

Artestampa

 

2 pensieri su “Intervista di Alessia Mocci a Gabriele Ronchetti ed al suo "Il coraggio non si compra"

  1. ho letto tutto d’un fiato ‘il coraggio non si compra’ l’anno scorso. credo che un’ottima opera di raccolta di testimonianze e di trascrittura (o, meglio, scrittura) siano l’abbinamento giusto per fare storia e letteratura insieme. non a tutti riesce così bene. grazie agli autori!

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