Intervista di Alessia Mocci a Gabriele Aprea ed al suo "Ma che state facendo?"
“Ma che state facendo?” è una pubblicazione di Gabriele Aprea. L’autore ha pubblicato con la casa editrice Centoautori ben tre raccolte di racconti, nel 2007 “Il mio psicanalista si è suicidato”, nel 2008 “Poteva andare peggio” e nel 2009 “Ma che state facendo?”.
L’autore ha una vena comica innata che vede come punto focale della risata la sventura del protagonista, quasi sempre lo stesso Gabriele Aprea, che racconta con particolare cinismo la sua vita, le sue avventure, le sue immaginazioni.
Abbiamo incontrato l’autore per alcune domande riguardo il suo operato artistico e ci siamo resi conto che Gabriele è un incompreso e che, in realtà, non vuole esser comico bensì tragico. Questo è un grave problema per l’autore ma almeno si può consolare con il fatto che ha un pubblico caloroso che lo segue e l’ammira.
A.M.: “Ma che state facendo?” è il tuo ultimo libro. Hai sempre posseduto quest’animo comico?
Gabriele Aprea: Ma quale animo comico! Uno che viene concepito per salvare il matrimonio dei propri genitori e dopo 45 giorni i genitori si separano, ti sembra possa avere un animo comico. Soprattutto se la madre poi, all’età di 6 anni, gli confida che il padre se la intendeva con la ginecologa che lo ha messo al mondo ed è fuggito con lei a Cuba, e soprattutto se uno viene a sapere che i genitori in via di separazione hanno litigato per l’affido, nel senso che nessuno dei due lo voleva e soprattutto se uno si sente dire dalla madre a 6 anni : ” era meglio che non nascevi, così tuo padre non conosceva quella troia della ginecologa”.
Dati questi elementi, insomma, uno può avere un animo comico? Certo che no. Ho un animo malinconico tendente alla depressione. La mia canzone preferita è ” In morte di F. S” ovvero “Canzone per una amica” del grande Francesco Guccini, quella che inizia così: ” lunga e diritta correva la strada……….non lo sapevi che c’era la morte quel giorno che ti aspettava”. Insomma mi chiedo spesso chi siamo, perché viviamo e dove andiamo e soprattutto “ma proprio noi ci dobbiamo andare?”
A.M.: Come si pone la tua comicità nella tua vita reale?
Gabriele Aprea: Allora non ci siamo capiti! Io scrivo testi drammatici. Se i lettori non ci capiscono nulla e se anche l’editor della casa editrice scambia un testo drammatico per un testo comico e mi costringe a pubblicare nella collana Humor Lab, io che ci posso fare?
Sono disperato perché tutti ridono dei miei racconti. Io mi sento a metà strada tra “Le ultime lettere di Jacopo Ortis” ed “I dolori del giovane Werter”. Nessuno mi capisce, nemmeno il mio Psicanalista. Devo cambiarlo. A proposito se conosci qualcuno bravo con cui hai fatto analisi. Ma bravo davvero. Te ne sarei grato.
A.M.: Qual è il racconto della raccolta “Ma che state facendo?” al quale sei più legato?
Gabriele Aprea: “LIMONI” . È quasi autobiografico anche se raccontato da un punto di vista diverso. La mia prima moglie ha avuto una storia col fruttivendolo. Non sarebbe stata una cosa grave ( io ho avuto una storia con la portiera. È durata qualche mese poi l’assemblea di condominio ha deliberato che chi aveva storie con la portiera, doveva pagare il doppio della rata condominiale perché fruiva del bene comune più degli altri condomini. Allora ho smesso perché la rata era troppo alta ) se non fosse che dimenticava sempre più spesso di comprare i limoni. Ed io non riesco a mangiare il pesce lesso senza limone. Ho capito che non mi amava più e ci siamo separati.
A.M.: I tuoi racconti sono sempre in prima persona oppure scrivi anche di altri personaggi?
Gabriele Aprea: I miei racconti spesso sono dei monologhi. Allora è d’obbligo la prima persona. Ma ce ne sono anche altri in terza plurale, in seconda singolare e in prima plurale. A volte mi piace fare il Narratore esterno, eterodiegetico.
Scusa per il tecnicismo., ma ogni tanto bisogna pur ricordarsi che si è frequentata l’ Università . Tra un po’ prendo la laurea in Pedagogia. Sto lavorando alla tesi da 32 anni. Il titolo è ” Strategie di apprendimento: come velocizzare il proprio studio e raggiungere rapidamente i propri obiettivi cognitivi”. Ho avuto 4 relatori. Il primo è deceduto, il secondo è andato in pensione, il terzo è stato trasferito per incompatibilità ambientale ( quando mi vedeva aveva crisi isteriche), l’ultimo è in gamba, ma sfaticato: mi ha consigliato il CEPU.
A.M.: Quant’è la percentuale della vita di Gabriele Aprea nel tuo umorismo?
Gabriele Aprea: Ma Gabriele Aprea è l’Autore Reale, in carne ed ossa. Io conosco poco di Lui . Io sono semplicemente L’autore Ideale quello che il lettore immagina leggendo il testo. Sono variabile come il tempo o l’indice della borsa di Milano. In realtà non esisto.
A.M.: Ci sono state diverse presentazioni del libro ultimamente. Come stanno andando? Hai avuto la fortuna di trovare un pubblico attento e caloroso?
Gabriele Aprea: Sempre. anzi colgo l’occasione per ringraziare mia madre, mia zia, i miei cugini, mia moglie (la quarta), i miei nipoti e l’amministratore di condominio: mi perseguita perché gli devo pagare 3 rate.
A.M.: In una presentazione di “Ma che state facendo?” racconti di tre canzoni che cantavi da ragazzo. Ci ricordi i titoli?
Gabriele Aprea: AUSCHWITZ, di Guccini
TUTTI MORIMMO A STENTO di De Andrè
ANGOSCIA METROPOLITANA di Claudio Lolli
A.M.: Riesci a raccontare qualcosa di “triste”?
Gabriele Aprea: Ieri ero all’Hotel ” Regal ” ho assistito ad una rissa terribile, scoppiata durante un convegno. Era un convegno internazionale di Mediatori di Pace. Quello che picchiava di più era il moderatore.
Lascio il link della presentazione della quale parlo nella domanda sulle canzoni. Invito i lettori a guardare i due filmati:
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