Intervista di Alessia Mocci a Sacha Naspini ed alla sua monografia "Noir Désir. Né vincitori né vinti"

Noir Désir. Né vincitori né vinti”, edito nel 2010 presso la casa editrice Perdisa Pop, è l’ultima pubblicazione di Sacha Naspini.

Sacha Naspini (Grosseto, 1976) ha esordito nel 2006 con il romanzo “L’ingrato” edito da Edizioni Effequ, segue sempre nel 2006 il tascabile “Il risultato” edito da edizioni Magnetica, nel 2007 ancora un romanzo “I sassi” edito da Edizioni il Foglio, nel 2009 il romanzo “Never alone” edito da edizioni Voras ed il romanzo breve “Cento per cento” edito nella collana Short-Cuts di Edizioni Historica, nel 2009 il romanzo “I cariolanti” edito da Elliot Edizioni.

“Noir Désir. Né vincitori né vinti” è un viaggio nella storia di una band francese che ha portato ad una sfibrante discussione etica  riguardo il ruolo dell’artista come essere umano: “Si può scindere l’uomo dall’artista?”. Sacha abilmente percorre la sua passione per i Noir Désir, gli esordi della band, le personalità degli artisti, gli album.

Di seguito alcune domande rivolte all’autore. Buona lettura!

 

A.M.:  Quando nasce l’idea di scrivere una monografia sul gruppo francese Noir Désir?

Sacha Naspini: Nasce di colpo, da una mail di Luigi Bernardi, che mi fulminò così: “Che, ti va di scrivere un libro sui Noir Désir?”. Aveva intravisto la mia passione per questa band; nel frattempo nasceva la collana Rumore Bianco di Perdisa, che sarebbe stata inaugurata da lì a poco dal bel “Jean-Claude Izzo” di Stefania Nardini. Io non avevo mai fatto niente fuori dalla narrativa pura. Ma i Noir Désir. Mentre mi dicevo che forse non sarei stato in grado di affrontare un progetto del genere, in testa l’avevo già scritto mezzo. È stato un viaggio bello.

 

A.M.: L’immagine dei Noir Désir è purtroppo oltraggiata dall’opinione pubblica dall’incidente di Vilnius. Credi che con il tempo si possa separare la vita privata da quella prettamente artistica di Bertand?

Sacha Naspini: Io spero di sì. È stata già una bella prova quella di Bordeaux, il 2 ottobre scorso, quando Bertrand è tornato sul palco con gli Eiffel. E poi successivamente, con la sua band. Il fatto di Vilnius ha spaccato in due il pubblico dei Noir Désir, e quell’esercizio interiore di separare l’uomo dall’artista non viene bene a tutti – all’inizio anche per me è stata una scossa forte, che nel libro racconto – . Sta di fatto che Bertrand Cantat è stato condannato da un tribunale, ha avuto un regolare processo, senza trattamenti “particolari”, come molti pensano. Sono dell’idea che comunque la pena maggiore se la sia inflitta da solo. Alla sua prima apparizione in pubblico dopo tutto quel che è successo, in tanti hanno pensato la cosa più facile: Eccolo là, l’assassino, a cantare e divertirsi su un palco. Io mi sono emozionato.

 

A.M.:  Su che cosa verte maggiormente la tua monografia?

Sacha Naspini: È la loro storia, che ho provato a raccontare con la mia voce schietta, senza artifici narrativi. Non sono un saggista, né un critico musicale (per quel che servono, a volte). Ciò che mi premeva di più, era provare a rendere indietro e raccontare tutto quel mondo, interiore e non. E mi ci sono messo anch’io, un pochino, là in mezzo, ma senza disturbare troppo, spero. C’è una premessa, per esempio, in cui dico come mi è capitata in mano questa band. E poi la chiusa del libro, che ho dato ad un mio vecchio racconto sul senso di colpa. Provavo a capire quel casino che sentivo dentro, dopo il fatto di Vilnius. Comunque il fuoco centrale sono loro, i Noir Désir, sempre e comunque, nella loro evoluzione di uomini e musicisti. Il loro forte impegno sociale. Per me, sono tra i pochi progetti musicali che hanno dato (danno) a quest’arte un valore attivo e devastante, sia per il dentro che per il fuori.



A.M.: Come hai appena detto, il volume termina con il racconto intitolato “Des visages des figures”. È il tuo più intimo omaggio al gruppo?

Sacha Naspini: Be’, in qualche modo sì. Ci sono io, al Pére Lachaise, in uno dei tanti viaggi che ho fatto a Parigi. Ho sperato fino all’ultimo che Luigi Bernardi non cassasse quella parte, anche se non ci speravo troppo. Invece gli è piaciuta subito, nonostante per un momento io sposti (apparentemente) la lente da un’altra parte. E poi senza quel racconto avrei rischiato di chiudere il libro con una specie di finale a trombetta, che non mi sarei mai perdonato.

 

A.M.:  Da ascoltatore dei Noir Désir, qual è l’album che non smetteresti di ascoltare?

Sacha Naspini: Il “Des Visages” per me è fenomenale. Ma ho fuso e continuo a fondere il “666.667 Club”, anche. A volte poi mi prende una specie di malinconia un po’ scema e mi ascolto il primo a loop. Ci sento dentro quella prima scommessa che i Noir Désir fecero subito rifiutando un 45 giri alla Barclay, risposero: “O un disco, o niente”. L’etichetta alla fine cedette, diede al gruppo un primo minialbum di sei pezzi da incidere velocemente, e con lo stesso budget solo un po’ gonfiato che di solito davano per la registrazione di due singoli, face A-face B. La scommessa la vinsero eccome, ed è per questo che ascoltare quelle tracce mi muove un mondo, ci sento dentro tutto il dopo. Anche “Tostaky” lo consumo abbastanza. Insomma, alla fine li consiglierei tutti. Perché i Noir Désir hanno effettivamente fatto dei dischi, senza mai ripetersi. Tutta un’altra cosa da quei gruppi che buttano fuori una canzone e la ripetono in tutte le salse nei vent’anni dopo.

 


A.M.:
 Quale target di lettori pensi possa interessarsi a “Noir Désir. Né vincitori né vinti”?

Sacha Naspini: Spero bello largo e fatto di pochi curiosoni che saltano subito alla morte di Marie Trintignant. In questo libro ho cercato di mettere tutta la fame che quei quattro ragazzi avevano all’inizio, le loro posizioni ferree riguardo al mondo della musica e dello show business. Questo libro ripercorre la loro storia, così credo che in qualche modo possa essere definito “di formazione”. I ragazzi di oggi potrebbero essere interessati. Ma anche quelli che sono cresciuti con loro, e che adesso navigano attorno ai quaranta e rotti. Sta di fatto che mi scrivono persone anche di sessant’anni, per dire, quindi non credo che sia una questione di età. Alla fine mi viene da rispondere che il target di persone interessate a questo testo, potrebbe essere quello di gente che ha voglia di guardarsi un film che parla di musica, lotta, poesia, amore, tragedia. E rinascita, certo. In qualche modo.

 

 

Vi consiglio di seguire il sito di Sacha Naspini per controllare le date della presentazione. Vi lascio alcuni link:

www.sachanaspini.eu

http://www.facebook.com/?sk=messages&tid=1500648108700#!/sachanaspini

http://www.sololibri.net/Sacha-Naspini.html

 

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