Le métier de la critique: il treno nella letteratura e gli autori che ne hanno attraversato i binari

Il fischio di un treno è voce di presente.
Sussurri, grida, saluti, conversazioni dal vivo o al cellulare.

 

Treno

Il fischio di un treno è voce di memoria.
Immagini che scorrono sotto l’occhio di un demiurgo: campi, monti, città, uomini, donne, bambini.
Vivi, semivivi o morti.

I vagoni si nutrono dell’essenza dell’umanità. Profumano di acqua di colonia, di sudore, di panini avvolti in carta stagnola. E di carta: libri da leggere per sognare o da sottolineare per il prossimo temuto esame.

Ma non solo, il treno, quale piccolo mondo in moto verso una meta, diventa metafora della storia e del destino e, in conseguenza di ciò, scenario privilegiato di numerosi romanzi. Un microcosmo in evoluzione dove ogni evento assume forza nell’eco che risuona nella claustrofobica dimensione in cui si intrecciano vita e morte e quanto fra esse si dipana.

Anna Karenina

L’associazione fra treno e letteratura si compie in modo sublime in Anna Karenina, uno dei capolavori assoluti del genio umano, in cui la fine sotto una locomotiva consacra gli eroi, dell’amore o della giustizia, ad essere in eterno “tutti giovani e belli”, come cantava Francesco Guccini, ossia estranei al tempo umano, quello contingente, scandito dalle lancette che dominano il ritmo dei passi nelle stazioni.

Le davano noia innanzi tutto il chiasso e l’andirivieni della gente; poi, quando il treno si mise in moto, non poté non prestare orecchio ai rumori, e la neve che picchiava sul finestrino di sinistra e si attaccava al vetro, la vista di un capotreno tutto imbacuccato che passava tutto ricoperto di neve da un lato solo, i discorsi sulla tormenta che infuriava distrassero la sua attenzione. Poi tutto divenne uniforme, il traballio interrotto da scosse, la neve al finestrino, gli improvvisi passaggi da un caldo di vaporazione al freddo e poi di nuovo al caldo, il baluginare di quegli stessi volti nella penombra e il suono delle stesse voci”.

“Dopo essere scesa con passo veloce, leggero, per i gradini che andavano verso le rotaie, si fermò accanto al treno che le passava vicinissimo. […] “Là – si diceva, guardando nell’ombra del carro la sabbia mista a carbone di cui erano sparse le traverse – là, proprio nel mezzo, e lo punirò, e mi libererò da tutti e da me stessa”. – Lev Tolstoy, Anna Karenina

Dal giallo al nero, passando per il rosa, tutti i generi letterari, dunque, vantano parecchi treni. Mi soffermerò su romanzi imperniati sui grandi eventi del Novecento: un secolo di guerre e racconti attorno al focolare, di tradizione e rivoluzione, di ingenuità e di orrore, di diritti negati e di diritti conquistati, di progresso mostruoso e di boom economico.

Il Treno - Georges Simenon

Non gridai, ma fui lì lì per farlo. Fui lì lì per pronunciare parole senza senso, per esprimere la mia gratitudine, la mia felicità, o anche per lamentarmi, poiché era una felicità che mi faceva soffrire. Soffrire di non poter raggiungere l’impossibile. Avrei voluto esprimere tutta la mia tenerezza per quella donna che il giorno prima non conoscevo, ma che era un essere umano, che diventava ai miei occhi l’essere umano”. – Georges Simenon, Il treno

Georges Simenon racconta, attraverso la vista di un uomo miope miracolato da un destino beffardo, affinché la realtà gli sia nuda, di un treno che attraversa le gallerie dell’animo, conducendo il lettore, che deve necessariamente rinunciare ad una asettica poltrona in prima classe, in un carro merci sporcato dal sangue e depurato dal sesso inteso come fusione amorosa di corpi, in netta contrapposizione con lo sterminio che divide uomini che si appellano nemici. Lo scopo è nel viaggio stesso.

Ci guardammo a vicenda, quasi smarriti. Avevamo resistito, dopo tutto: avevamo vinto. Dopo l’anno di Lager, di pena e di pazienza; dopo l’ondata di morte seguita alla liberazione; dopo il gelo e la fame e il disprezzo e la fiera compagnia del greco; dopo le malattie e la miseria di Katowice; dopo i trasferimenti insensati, per cui ci eravamo sentiti dannati a gravitare in eterno attraverso gli spazi russi, come inutili astri spenti; dopo l’ozio e la nostalgia acerba di Staryje Doroghi, eravamo in risalita, dunque, in viaggio all’in su, in cammino verso casa. […]Giunsi a Torino il 19 di ottobre, dopo trentacinque giorni di viaggio: la casa era in piedi, tutti i familiari vivi, nessuno mi aspettava”. – Primo Levi, La tregua

Primo Levi, nella sua Odissea senza Itaca, si muove per treni simili a serpenti sulle rovine di un’Europa violata, distrutta, orfana di storia e di giustizia. È un percorso tormentato e tortuoso, senza meta, perché la bussola si è persa e non c’è modo di tornare davvero a casa. La casa è fra snodi, fermate e cambi, dove la gioia, a volte, si prende gioco della malinconia.

Il treno dell’ultima notte - Dacia Maraini

È un treno lento che arranca sulle rotaie. Si dirige verso nord. Amara se ne sta seduta composta, in preda a una sorta di eccitazione sonnolenta. Il primo lungo viaggio della sua vita. Un treno che si ferma a ogni stazione, ha i sedili decorati da centrini fatti a mano e puzza di capra bollita e di sapone al permanganato. Sono gli odori della guerra fredda che ha diviso i paesi dell’Ovest da quelli dell’Est, segregandoli con muri, fili spinati e soldati armati di fucile”. – Dacia Maraini, Il treno dell’ultima notte

Sarà Dacia Maraini ad affidare alla sua Amara, nomen omen, il compito di trovare e ritrovare il senso dell’arrivo nella fermata giusta, quella alla quale, dopo aver assistito allo scorrere del libro della storia del Novecento, si può decidere di costruire un capolinea. Anche se il treno sembra anche per quest’ultima protagonista l’unica casa possibile che consente di unire e riunire popoli lacerati, non manca la voglia di indignarsi e di ricordare, perché è vero che “partire è un po’ morire”, ma, a volte, solo dalla morte rinasce nuova vita.

Al termine di questo brevissimo excursus, forse nascerà in voi il desiderio di un nuovo treno: se una notte d’inverno, come viaggiatori, credete di aver perso la coincidenza, forse c’è un messaggio che merita di essere letto. Salite sul vagone e diventate parte della storia e della Storia.

 

Written by Emma Fenu

 

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