“C’eravamo tanto amati” film di Ettore Scola: sogni e disillusioni dell’Italia del post conflitto bellico
“C’eravamo tanto amati non è solo un film: è un pezzo di memoria collettiva, una poesia cinematografica che continua a emozionare a distanza di decenni.”

Capolavoro del cinema italiano, C’eravamo tanto amati è un film rappresentativo, intenso e malinconico, dell’Italia del dopoguerra. Narrato come un affresco intriso di nostalgia è stato realizzato nel 1974 e diretto dal regista Ettore Scola.
Pellicola che parla di sogni e disillusioni, di amicizia e di scelte, dell’Italia del post conflitto bellico, gode dell’interpretazione di eccellenti protagonisti. Tutti artisti di pregio che partecipano a un cast ricco e variegato.
C’eravamo tanto amati è un racconto filmico che si dipana attraverso la storia di tre amici, che dopo un lungo periodo, si ritrovano per rievocare il tempo andato. Convinti che la loro amicizia possa riprendere dal momento in cui si sono lasciati, per abbracciare scelte che li hanno allontanati dai loro ideali giovanili. Se non fosse che, come spesso accade, le persone cambiano, e con loro cambia anche la prospettiva da cui si osservano le cose.
Ed è a malincuore che i tre scoprono che il mondo intorno a loro non è quello che avevano immaginato, e loro non sono più le stesse persone di un tempo.
Le loro aspettative sono state tradite, anche perché la vita ha imposto loro regole diverse da quelle su cui avevano fantasticato, scavando fra i tre una distanza incolmabile.
Antonio (Nino Manfredi), Gianni (Vittorio Gassman) e Nicola (Stefano Satta Flores), sono i protagonisti di C’eravamo tanto amati, il cui sogno di un’Italia migliore fondata sui valori della Resistenza, ha accompagnato la loro gioventù e il loro diniego al nazifascismo.
Antonio, è un infermiere compagno di Luciana (Stefania Sandrelli), un tempo innamorata di Gianni, e poi abbandonata da lui. Idealista e generoso, Antonio è descritto come un uomo che ha vissuto nel segno di una grande passione politica, ma è stato toccato dal disincanto della vita. Gianni, altro protagonista, si manifesta come un ambizioso opportunista ben inserito nella borghesia romana dopo aver sposato una donna benestante (Giovanna Ralli).
Satta Flores, il più intellettuale del gruppo, nei panni di Nicola, studioso e appassionato di cinema, si trova a vivere una condizione esistenziale povera da un punto di vista economico. La sua esistenza, che si è scontrata con una dura realtà portata dal fallimento dei suoi sogni, è amara. Un’amarezza che è un po’ di tutti i componenti del gruppo, che hanno visto sfumare la loro giovinezza con la fine del conflitto.
Un’età giovanile, vissuta sull’onda di una visione volta a cambiare la società grazie agli ideali politici dei tre, che si ritrovano per rievocare la loro condizione di ex partigiani. Oltre che a riflettere sulla situazione politica attuale, sul disastro che ha portato alla guerra, sulle difficoltà quotidiane che ne hanno modificato il progetto di vita a causa del potere trasformativo della realtà.
Non riconoscendosi in quel mondo, percepiscono il cambiamento che ha intaccato non soltanto gli ideali ma anche il mondo dei loro sentimenti.
Se durante il periodo della Resistenza avevano principi tesi a concepire una realtà migliore, adesso devono fare i conti con un mondo che li ha disillusi, con la conseguente perdita dell’innocenza. Il cui risultato di aspettative non corrisposte è fonte di delusione.
E mentre i tre, impotenti, assistono al tracollo della loro amicizia, il racconto filmico evidenzia non soltanto le loro vicende personali, ma il cambiamento epocale della società italiana negli anni seguiti alla fine del conflitto. Raccontando anche del destino di un’intera generazione, che ha assistito al passaggio da un mondo di ideali alla concretezza del presente.
“Tra ironia e dolore, il film esplora il tempo che corrode le illusioni e trasforma le vite, lasciandoci con un senso di nostalgia indelebile.”
La pellicola incornicia le storie di Antonio, Nicola e Gianni in un’analisi di un’Italia che è andata modificandosi: il boom economico, il consumismo, la trasformazione dei valori politici e culturali. Il tutto osservato con sguardo critico e malinconico attraverso flashback che rivisitano periodi significativi della storia italiana: la Seconda Guerra Mondiale, gli anni del dopoguerra e gli anni Settanta, momenti in cui i protagonisti scoprono di non essere più le persone di un tempo.
Ma individui che non sono stati capaci di mantenere fede ai propri ideali.
In un racconto dai toni accesi di realismo, grazie a un’esplorazione che indaga la vita e le trasformazioni politiche e sociali, descritte in maniera toccante, il regista costruisce una narrazione che oscilla tra il dramma e la commedia, tra il comico e il tragico.
Utilizzando, oltre ai flashback, il montaggio alternato che impiega sequenze in bianco e nero, riferite al passato, intervallate a sequenze a colori. Al fine di sottolineare il contrasto tra il momento storico del passato, alternativo al presente.
“Chi vince la battaglia con la coscienza, ha vinto la guerra dell’esistenza…”
Con una narrazione che intreccia il dramma alla commedia, C’eravamo tanto amati si impone come una delle opere più significative del cinema italiano degli anni ‘70. Capace di far riflettere sulle speranze tradite, sulle illusioni e sui cambiamenti sociali che hanno attraversato il Paese, e su quanto in molti avessero sognato un’Italia fondata sui valori della Resistenza.
Il film, inoltre, vuole essere un omaggio al cinema neorealista, con espliciti riferimenti a capolavori come Ladri di biciclette, che testimoniano il legame tra l’opera di Ettore Scola e la tradizione cinematografica italiana.
Riflessioni sulla giovinezza, sull’amicizia, sull’amore e sul tradimento, quindi, nel film C’eravamo tanto amati di Ettore Scola. Ma anche ritratto vivido della società italiana del Novecento, in cui si esplora il passaggio dall’entusiasmo degli ideali giovanili per arrivare all’età matura, descritti grazie a un approccio narrativo in cui si alternano scene commoventi e più leggere, intrise di una sorta di ironia, ad aspetti di una realtà dal sapore aspro.
“Scola ci regala un affresco vivido e malinconico di un’Italia che cambia, mentre i protagonisti si aggrappano, invano, ai loro ideali.”
Il finale di C’eravamo tanto amati, amaro in quanto rappresentativo di un sogno infranto, è una delle sequenze più struggenti del cinema italiano, tanto da poter definire la pellicola un capolavoro senza tempo. Grazie all’eccellente regia, capace di trasmettere emozioni intrise di una sorta di bonario umorismo, C’eravamo tanto amati è un punto di riferimento del cinema italiano, anche per il sapiente tratteggio dei protagonisti e della loro espressa umanità.
Con interpretazioni magistrali e una sceneggiatura perfetta giocata sul potere dei dialoghi e sulla costruzione dei personaggi, tutti originali e aderenti a un verismo che tocca lo spettatore nella propria emotività. Oltre che fruire di una regia che si sofferma sul tempo e sulla memoria, regalando al pubblico un’opera che ancora oggi emoziona e fa pensare. Aiutando a comprendere, al contempo, l’anima e le contraddizioni del Paese Italia.
Come già detto, il film vanta un eccellente cast di attori del cinema italiano, il cui tributo è stato importante per dare al cinema nazionale i connotati di un prodotto di qualità. Con interpreti leggendari quali Nino Manfredi, Vittorio Gassman e Stefano Satta Flores, nonché una brillante Stefania Sandrelli.
“Un capolavoro assoluto del cinema italiano, un viaggio struggente tra le speranze infrante e i sogni traditi di un’intera generazione.”
Written by Carolina Colombi