“Storia dei paesi baltici” di Ralph Tuchtenhagen: un destino comune?

Con l’ingresso, il primo maggio del 2004, degli Stati Baltici nell’Unione Europea, si può dire che questi tre paesi abbiano trovato una loro collocazione chiara e stabile nello spazio e nel tempo, dopo tanti anni, o anche secoli, che li ha visti coinvolti in mai finite vicende turbolente e conflittuali. Tuttavia, la storia di questi paesi, a livello europeo, è piuttosto ignorata.

Storia dei paesi baltici di Ralph Tuchtenhagen
Storia dei paesi baltici di Ralph Tuchtenhagen

Dobbiamo quindi ringraziare il prof. Ralph Tuchtenhagen, che insegna “Storia dell’Europa nordorientale” nell’Università di Amburgo, per questa sua pubblicazione “Storia dei paesi baltici”, abbastanza breve ed agevole, ma, nello stesso tempo, sufficientemente esaustiva.

Occorre tuttavia essere coscienti che quando si parla di paesi baltici non si parla di un’entità con una struttura unitaria, né nel passato né oggigiorno. Se da un lato vi sono elementi che unificano questi paesi, a cominciare dalla loro collocazione geografica e climatica, perlomeno in parte, dall’altro le loro peculiarità e difformità sono tante e composite.

Anche da un punto di vista etnico risulterebbe una forzatura volere loro assegnare un’unica e chiara appartenenza, dato che in questi territori si sono sovrapposti e mischiati nel tempo lettoni, lituani ed estoni, ma anche prussiani, russi, polacchi ed ebrei. Per tutte queste ragioni servirebbe scrivere un volume per ciascuno dei tre paesi baltici, dovendo però fare continui riferimenti tra uno e l’altro, ragion per cui l’autore ha preferito mantenere unitaria la storia di questi tre paesi dato il loro comune destino quali stati indipendenti.

Tuchtenhagen, dopo un breve cenno alla preistoria di queste popolazioni e alle lingue da loro parlate, parte dal raccontare le vicende che si sono susseguite dal XIII secolo in avanti. Dal medioevo quindi, passando per l’età moderna, l’Ottocento e infine per giungere agli Stati Baltici del XX secolo e dei primi anni di quello attuale.

Del medioevo mi pare importante ricordare le fondazioni delle attuali città capitali dei paesi baltici: il porto e la città di Riga nacquero all’incirca nel 1.200 sulla foce della Dvina occidentale, a seguito della conquista del territorio dei livi attraverso la crociata del Vescovo cattolico romano Alberto di Bekeshovede. Tra il 1201 e il 1202 la città fu dotata anche di un proprio Duomo. Questo territorio, poco dopo denominato Livonia, venne preso in “protezione” dall’ordine dei Frati del cavalierato di Cristo della Livonia che per via dello stemma raffigurato sul mantello, una croce soprastante una spada volta verso il basso, vennero presto chiamati Fratelli Portaspada. Dal 1207 la Livonia divenne feudo del Sacro Romano Impero.

Quando nel 1227 la terra estone fu definitivamente assoggettata alla sovranità dei Fratelli Portaspada e della Curia romana fu fondata la città di Tallinn.

La formazione politica della Lituania fece la sua comparsa più tardi, nel XIII secolo. Già nel XII secolo, accanto alla popolazione lituana e slava, iniziarono a insediarsi in Lituania i primi nuclei ebraici e dalla prima metà del Duecento in gran numero.

Alla fine del XIV secolo, ci spiega l’autore, ci fu poi un primo picco di immigrazione degli ebrei espulsi dai territori tedeschi occidentali e al secolo successivo di quelli cacciati dalle regioni tedesche orientali; a dimostrazione del fatto che le persecuzioni e i pogrom antiebraici in Europa iniziarono ben prima del XX secolo!

Molti di questi ebrei, che svilupparono notevolmente il commercio, fornirono un impulso notevole alla formazione delle città lituane, tra cui Vilnius, che già nel 1387 aveva acquisito il diritto civico magdeburghese.

Nei secoli successivi entrarono ripetutamente in conflitto tra loro tanto le diverse religioni che tentavano di imporsi in quest’area europea nordorientale (cattolici, protestanti ed ortodossi) tanto le diverse potenze che cercarono di dominare questi territori: tedeschi, russi, polacchi, svedesi e norvegesi.

La storia di questi territori è stata davvero un susseguirsi quasi continuo di guerre, di capovolgimenti politici e di ridefinizione dei confini.

Venendo velocemente al XX secolo, scrive Tuchtenhagen: «la conclusione della prima guerra mondiale nelle regioni nordorientali, che vide la sconfitta dell’impero russo e dell’impero tedesco, creò le condizioni generali per la costituzione di stati indipendenti di Estonia, Lettonia e Lituania». Si badi bene, creò le condizioni, perché in realtà l’acquisizione di una vera indipendenza per questi tre paesi sarà ancora lontana.

Gli anni 1917 e ‘18, per queste provincie, fu un periodo molto convulso e di continui cambiamenti politici, che videro alternarsi al potere anche bolscevichi e tedeschi.

Con la pace di Brest-Litvosk del 3 marzo ‘18 la Germania si impose sull’Unione Sovietica e prese nuovamente il controllo delle regioni di Estonia, Lettonia e Curlandia (una parte dell’attuale Lituania).

Tuttavia, già qualche mese dopo, Il 28 novembre ‘18 le truppe sovietiche entrarono in Estonia, ma gli estoni aiutati da molte nazioni occidentali e guidati dal generale Johan Laidoner, si difesero strenuamente, fino a che l’esercito sovietico dovette ritirarsi dall’Estonia. Dopo di che le truppe estoni sconfissero anche le forze del Reich. Il 23 giugno ‘19 è ancor oggi celebrata come festa nazionale in Estonia (giorno della vittoria).

Nello stesso tempo, dopo varie battaglie, le forze lettoni riuscirono a loro volta a liberarsi del giogo tanto dei sovietici che dei tedeschi e l’11 agosto ‘20 venne proclamata l’indipendenza della Lettonia (festa nazionale).

I territori lituani avevano dichiarato l’indipendenza nazionale il 6 febbraio ‘18 (giorno dell’indipendenza, oggi festa nazionale). Anche in questa regione e nella capitale Vilnius segui un periodo assai movimentato, che vide scontrasi sovietici, tedeschi e polacchi per il predominio. Infine, attraverso diversi trattati bilaterali, L’Estonia, la Lettonia e la Lituania nel ‘21 fecero finalmente il loro ingresso nella Società delle Nazioni.

Se inizialmente le tre nazioni assunsero un ordinamento autonomo di tipo democratico e repubblicano, dopo il 1934, purtroppo, si spostarono verso regimi autoritari.

Questa deriva, scrive l’autore ne “Storia dei paesi baltici”: «che rispecchiava un processo politico in atto in gran parte dell’Europa nel periodo tra le due guerre mondiali, non fu l’esito, malgrado il ruolo eccezionale svolto da talune personalità, dell’azione isolata di singoli politici, bensì l’effetto di particolari condizioni economiche, culturali e internazionali che vanno tenute in debita considerazione qualora si voglia comprendere adeguatamente la trasformazione delle strutture di potere e sociali negli Stati baltici durante gli anni Trenta».

Ma veniamo alla Seconda guerra mondiale (1940/44).  Il patto di non aggressione sottoscritto nel ‘39 tra Germania e Unione Sovietica (più conosciuto come patto Ribbentrop/Molotov) con il quale le due superpotenze si spartivano anche la Polonia, permise loro una tregua che allontanava lo scontro finale per l’egemonia sull’Europa Orientale.

Nel contempo, tuttavia, le clausole supplementari segrete concedevano all’Unione Sovietica mano libera nei confronti dapprima dell’Estonia e della Lettonia e, dopo il patto di amicizia tedesco-sovietico sui confini, stipulato poco dopo, anche nei confronti della Lituania.

Nel giugno del 1940 le truppe sovietiche occuparono gli Stati baltici e il 21 luglio le nuove assemblee parlamentari proclamarono l’istituzione delle repubbliche sovietiche di Estonia, Lettonia e Lituania.

Tra il luglio del ’40 e il giugno del ’41 i nuovi regimi fecero arrestare «migliaia di persone, iscritti ai vecchi partiti, ufficiali, uomini d’affari e proprietari terrieri, che più tardi sparirono senza lasciare traccia» scrive ancora Tuchtenhagen. Si diede poi via anche alle deportazioni di massa nei gulag siberiani. Chi riuscì a sfuggire alle deportazioni si rifugiò nelle foreste. Davvero una storia tremenda quella di questi tre paesi, anche perché poco dopo, i tedeschi di Hitler aggredirono e occuparono a loro volta gli Stati baltici.

Riporto ancora quanto scrive Tuchtenhagen: «Come già durante l’occupazione sovietica, i movimenti nazionali furono brutalmente repressi: i nuovi occupanti adottarono misure miranti a “germanizzare” la popolazione – idonea dal punto di vista razziale ‒ a deportare o annientare le altri parti di popolazione e, sul lungo periodo, a incorporare gli Stati baltici nel territorio del Reich»

Tali provvedimenti colpirono soprattutto gli ebrei: tra il ’41 e il ’44 i nazisti, assieme a collaboratori locali, sterminarono quasi 275.000 ebrei, ma non solo, anche “zingari”, estoni, lettoni, lituani  -e altri gruppi della resistenza trovarono la morte nei lager tedeschi.

Verso la fine della guerra iniziò la controffensiva sovietica e ben presto tutte le regioni baltiche (Estoni, Lettonia, Lituania e Königsberg caddero sotto il dominio sovietico. In questo periodo vi fu una fuga di massa da queste nazioni (quasi 300.000 persone) verso la Germania, la Svezia e l’America settentrionale. Con il processo di sovietizzazione delle regioni arrivarono anche tanti lavoratori dalla Russia, più di 600.000, attuando un processo che oggi chiameremmo di sostituzione etnica o di russificazione.

Alla fine degli anni ’40 iniziò la ždanovščina (dal burocrate sovietico Andrej Aleksandrovič Ždanov), vale a dire il processo di sostituzione della cultura tradizionale con una nuova cultura di massa ispirata al cosiddetto “realismo socialista”. Anche le lingue nazionali furono sempre più sostituite dalla lingua russa.

Nelle regioni baltiche si creò un movimento di resistenza armata, attuata soprattutto dai cosiddetti “fratelli della foresta” che venne duramente represso nel periodo staliniano.

L’avvento di Gorbačiov costituì una vera e propria rivoluzione in Unione Sovietica tanto che, dopo lunghe traversie, si arrivò al 9 novembre 1989, data del crollo del muro di Berlino, assurta ormai a spartiacque storico. Già alcuni mesi prima (23 agosto ‘89) in occasione del cinquantesimo anniversario del famigerato patto Ribbentrop/Molotov i fronti popolari organizzarono una catena umana lunga seicento chilometri da Vilnius fino a Tallin, composta da milioni di persone che reclamavano libertà per le repubbliche baltiche.

Ralph Tuchtenhagen citazioni storia dei paesi baltici
Ralph Tuchtenhagen citazioni storia dei paesi baltici

L’11 marzo 1990 la Lituania proclamò l’indipendenza dall’Unione Sovietica. Il 30 marzo l’Estonia annunciò un periodo di transizione che si sarebbe concluso con la ricostituzione della Repubblica di Estonia, come poi fu. Il 9 maggio fece altrettanto il nuovo parlamento lettone. Il 17 settembre 1991 la Lituania e la Lettonia, il 18 l’Estonia, sono diventati membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Rispetto alla politica della sicurezza gli stati baltici, dopo avere manifestato l’intenzione di entrare nella Nato come nuovi membri, vengono inclusi nell’alleanza il 29 marzo 2004 assieme a Bulgaria, Romania, Slovenia e Slovacchia.

Il primo maggio 2004 le tre repubbliche baltiche entrano nella Comunità europea.

Il volume si chiude con un’utilissima cronologia che va dal 1201 al 2004, con una serie di carte geografiche, con una sezione di letture consigliate e con diversi indici tematici.

Voglio concludere questa mia descrizione sintetica della “Storia dei Paesi baltici” (uscito nel 2005) riportando quanto scritto dall’autore, il prof.  Ralph Tuchtenhagen, relativamente alla questione delle minoranze etniche, perché mi pare molto significativo alla luce della recente guerra d’invasione in Ucraina: «… non si sono avute in Estonia né persecuzioni sistematiche delle minoranze, né violazioni permanenti dei diritti umani. Tuttavia, hanno rappresentato un problema le già menzionate intromissioni della Federazione russa, che ha frequentemente tentato di sfruttare il tema della minoranza di lingua russa ai fini della propria politica estera».

 

Written by Algo Ferrari

 

Bibliografia

Ralph Tuchtenhagen, Storia dei paesi baltici, Il Mulino, 2008

 

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