“Miserere coi fichi” di Vittorio G. Rossi: l’idea che ci facciamo del tempo

“Miserere coi fichi” di Vittorio G. Rossi (G. sta per Giovanni) me lo prescrisse la mia anima curante dopo che avevo (non inavvertitamente) ingurgitato due grevi opere: “La freccia del tempo” di Martin Amis e “Grande Sertão” di Guimarães Rosa.

Miserere coi fichi di Vittorio G. Rossi
Miserere coi fichi di Vittorio G. Rossi

I due bocconi non erano pesanti nell’atto della lettura, ma in fase di digestione. Capita anche coi funghi che, senza eccezioni, contengono sostanze dopanti e a volte letali. Un’opera letteraria non è quasi mai mortale: nel caso preceda la dipartita di chi la legge in genere è colpa del destino. Vittorio G. Rossi è uno degli autori più vitali che abbia mai letto. Ed è quello che ho letto di più. Questo è il ventesimo suo tomo, cinque più di Emilio Salgari.

Tomos in greco è il taglio: un bel tomo è un umano tagliato a mestiere, come si suol dire. Il primo tomino che lessi di questo bel tomo di scrittore fu Tropici. Avrò avuto, non so però dove poi li ho messi, quindici o sedici anni, e la sua scrittura mi parve difficile. Il guaio in cui m’ero imbattuto era l’inspiegabile assenza di banalità, fatto che m’incuteva timore. La lettura richiedeva l’attenzione dovuta a un bando che ti sta informando di cose essenziali per la tua esistenza: in tal caso era banale. Bastava stare attento a non incespicare… ma per uno della mia età non era un fatto facile.

Lo sai? Ebbi la piccola e preziosa fortuna di vederti in tivu, in una puntata di Chissà chi lo sa?, con Febo Conti. Fosti simpaticissimo e assai brioso! Fui veramente contento d’incontrarti, sia pure a distanza: in smartloving! Eri di statura bassina, ma io ti vedevo come un gigante: il mio Colosso!

Se avessi letto questo tuo tomino allora, non l’avrei apprezzato a sufficienza. Avrei avuto difficoltà ad assimilarlo. È così strano! Non è uno dei tuoi tipici reportage, frutto dei tanti viaggi che hai fatto in giro per il mondo. È una finzione basata su dei fatti veri. I personaggi secondari sono esistiti in primo luogo nella tua fantasia e ora, in un secondo, penso ennesimo modo, nella mia. I principali sono sicuramente descritti sulla base di quanto ne è rimasto nelle fonti storiche. Sono certo che hai fatto un grande studio. Uomo serio sei sempre stato, Vittorio Giovanni. Pur mordace!

Il tuo tomo Miserere coi fichi m’ha consentito di risolvere senza eccessivi affanni i miei problemi digestivi. L’ho divorato (la mia natura etrusco-gallo-goto-lattino-unna non mi consente d’assaporare le vivande e i libri, che ingurgito quasi fossi uno squalo tigre!) in due giorni, in cui hi però fatto anche altro.

Di quella celebrata compagine di ironici poeti e scrittori (che usavano definire Liale autori del calibro di Cassola, Bassani e Pratolini, i quali pare non gradissero tale nomignolo) conosco Giorgio Celli e Gianni Celati. A loro due, e ad Achille Campanile (che era di un annetto più giovane di te), io rassomiglio questa tua finzione letteraria, che m’ha stupito, come capitò a Tropici, essendo diversa da come m’aspettavo. Complimenti! Miserere coi fichi è sicuramente un libro che non scorderò!

“Arrivai a Napoli la sera del 7 luglio del 1647, era una domenica.” – e non pioveva (ovviamente: era ‘a stagiune!), ma la mia è un’illazione, una fiction.

“L’idea che ci facciamo del tempo, è semplicemente un’idea che ha paura della distruzione.”: mi sembra che sia stato ieri quel sabato che t’ho visto in tivù, eppure il tempo me ne ha frantumati di week-end da allora!

La frase che ho riportato contiene una costante fissa in questa tua opera: la ripetizione: un’idea. A volte ne abusi, sì, un po’, ma il libro è tuo e io non vado mai a sindacare sugli abusi altrui. Mi bastano i miei. E pochi istanti fa ho deciso nel mio cervellino un quid salvifico!

Se dovessi riportare tutte le frasi significative di questo tuo bel tomino Miserere coi fichi, non ne uscirei vivo, oppure sì, ne uscirei (vedi che ripeto anch’io, ormai), un po’ più anziano, non prima di due o tre settimane: tempus fugit, e dove cavolo vada a volgere il suo corso non lo sa manco lui.

Dentro di me sto approntando un paio di soluzioni… ma devo ancora perfezionarle…

Maronna! Il capitolo 3 de Miserere coi fichi è così zeppo di sottolineature che mi sta venendo la Sindrome di Piondhal!

“Monsignore”, “barone”, “donna Celestina”, “Gennarino”: ne sono i fieri responsabili! Tali denominazioni sono reiterate tante di quelle volte, tante di quelle volte, che chissà! Quest’ultima è una tipica reiterazione arşâna, reggiana. Quel che chissà ha adornato i discorsi stupefatti d’intere generazioni di ciarlatori! Glisso. Poi ne parlerò un po’ di ‘sti tapini… Forse… Certamente!

“Il barone era il barone don Liborio Fiorito di Scisciano…” – se fosse stato di Fisciano, senz’altro ci sarebbe un suo cippo funerario presso la limitrofa Università degli Studi di Salerno

A pagina 22 de Miserere coi fichi sono indicati gli altri 5 personaggi che urge conoscere per capire la storia. Ora è meglio ignorarli. Tu non la pensi esattamente così, esi-mio io narrante, ché ne discorri a ogni piè sospinto.

Uno di essi: Don Vincenzo Mercurio, lo paragoni (come fisionomia) a Baruch Spinoza, che era infatti del tuo tempo. Baruch è uno dei tanti sommi filosofi da me ignobilmente ignorati, e di cui posseggo le opere maggiori, ma che se ne stanno lì, ‘n coppa a scanzìa, ad attendere che mi degni di pigliarli in mano. Mi chiedo come faccia un rappresentante di detersivi chimici a sapere di quel gran pensatore dei Paesi tanto Bassi… quanto Lontani!

Don Vincenzo Mercurio spara così tante farsi inclìte e sagge che manco Baruch se le può sognare! Le migliori giacciono (per sempre) a pagina 34. Riporto l’ultima, la più significativa: “Cosí la storia non la conosce nessuno…” – un giorno la Einaudi e tante altre (fra cui la Mondadori, la Feltrinelli e la Bompiani) ha scelto l’accento acuto sia per le i che per le u. Oggi Einaudi, che fa parte del Gruppo Mondadori, continua in tal guisa; mentre Mondadori e le altre case tengono gli accenti aperti: ù e ì. Mistero della fede! Leggiamo per voi e per tutti!

“‘Tu non sei nato per essere un nobile’ disse il barone, come se spostasse Gennarino dalla zoologia dei mammiferi a quella degli invertebrati.”: lo riporto per far capire al lettore del tuo lettore in che caspita di tempi si viveva a quell’epoca ma anche oggi!

Pagina 39 de Miserere coi fichi: “inalzare”; pagina 145: “susurrava”; pagina 170: “sodisfacenti”… Le doppie ti pesano!

“Un fico in faccia lascia fisicamente incolumi: però intacca l’onore…” – se ti sparano e t’accidano, rischi pure d’essere onorato come un caduto della patria; mentre, se ti sbattono sul grugno dei pomodori e dei fichi maturi, diventi ‘nu fetiènte! Alle forze dell’ordine conviene scappare! Il tipo di mercanzia scaraventata loro addosso varia secondo la stagione. Chillo era ‘o tiempo d’a fica.

Due congegni letterari appaiono per la prima volta nel capitolo 8. Il primo è il “cra cra cra” che in seguito ricorrerà talvolta (spesso) nel corso della narrazione: a tavola si lotta con la morte, dicono in quelle calorose lande. Chi sgranocchia ha da sta’ accorto!

Il solito complesso parte-nopeo e parte napoletano: “le nostre disgrazie non commuovono nessuno, credono che lo facciamo per riderecredimi! le disgrazie sono, come le gioie, un patrimonio dell’Unesco: bisogna saperle riconoscere per conferire a loro il peso per cui ci sbattono a terra.

“Masaniello è un vergine” – lo “dice don Filippo Pesce” – che così spiega: “È una forza vergine” – e io lo chiamerei Masaniè puzza ’e pesce

“E tutti hanno la loro rivoluzione da fare, anche quelli che sono contro le rivoluzioni e hanno molta paura di esse.” – la cosa vale anche per me, se serve saperlo…

Vittorio Giovanni o chi per te: inanelli tante di quelle massime filosofiche per cui, reiterando il termine…, mi vien da dire che il tuo è un romanzo filosofico! Complimenti!, dicevano i Tre tre!

“Per gli spagnoli la vita e la morte stanno sempre insieme, sono tutte e due in casa, la morte è uno di casa…” – e non solo nei Quartieri Spagnoli, che (di giorno) sono oggi un’attrazione turistica. Ci passai con Silverio e col fratello Davide. C’era tanta di quella gente che non si riusciva ad avanzare di mezzo passo! All’improvviso accadde un miracolo gennariano… Si spalancarono d’improvviso due ali tra la folla… Un’auto di grossa cilindrata stava risalendo dal fondo della strada… E teneva la precedenza! Roba ‘e pazzi!

Ragionamento usuale per un detersivo-trafficante di origine meneghina a proposito di “Celestina” – ‘a mugliera ‘e Masaniè, che “poteva anche lei passare per nobile, nobile per effetto di quel fenomeno che nell’elettrotecnica si chiamano fenomeni di induzione elettrica e magnetica.”

E ora sbuca dal nulla ‘sto Don Salvator Rosa – di Arenella (NA) che, mi viene da chiedermi se sia lontano parente di Guimarães. Ma il perché il suo intervento sia importante nella storia che vai narrando lo si scopre solo leggendola. Colpo di scena: “Ma io vendevo detersivi chimici. Ora siamo nel 1963. da allora sono passati in vario modo 315 anni. Ma la voglia di sapere perché avvengono le rivoluzioni, non mi è ancora passata.” – mi chiedo perché tu e Roberto Moscardin amiate porre normalmente una virgola fra una frase soggettiva e il predicato nominale o verbale. Scelte di vita e di scrittura vissuta!

A pagina 82 de Miserere coi fichi e anche altrove risulta lampante il fatto che uno di voi due (te, VGR, o te mio io), o entrambi, avete letto Massa e potere di Elias Canetti e anche, forse, La nascita del totalitarismo di Hannah Arendt: libri che viaggiano sempre appaiati, tipo il Diavolo e l’acqua santa.

“Viva Napoli nobilissima! Viva il popolo fedelissimo! Viva il re di Spagna!” – quando entrarono i russi in Ungheria, come sta scritto in Estella di Valerio Varesi, ci fu chi urlò (a pagina 146): Viva i carri armati sovietici! Stessa logica!

Interessante è la definizione che colgo come se fosse un piscialetto a pagina 90: “l’eloquenza è anche l’arma dei deboli che vogliono diventare forti”.

A seguire, un paio di pagine dedicate alle grida del popolo, su cui glisso per scongiurare l’emicrania. È vero: le grida sono essenziali “in tutte le buone rivoluzioni” – finché rimane uno scampolo di fiato.

Tra pagina 96 e 97 sono elencate alcune frasi che han reso celebre un tracagnotto romagnolo, ma che furono pronunciate in precedenza da altri (ma Quello non versò mai un centesimo di diritti d’autore).

Conclusione da parte del rappresentante di detersivi: “Nessuno è mai stupido per la prima volta”.

Vittorio G. Rossi citazioni miserere coi fichi
Vittorio G. Rossi citazioni miserere coi fichi

La storia t’inquina ma non puoi ingiungerle di smettere: “… mi pareva che qualcosa della storia mi fosse rimasto attaccato, avrebbe resistito anche alla lavatura coi nostri imbattibili detersivi chimici.”

Talvolta mi desti delle perplessità circa i vocaboli napoletani che usi (del resto, ci sono varianti a seconda del tempo e della zona). A pagina 100 m’impari nu termine che nun sapevo: “scemegna”!

“Un vero uomo politico non va in prigione, ci può passare accanto, può sfiorare, rasentare, ma sguscia, resta fuori.” – la storia abbonda di esempi significativi di tale bieca costumanza.

“… che lunga storia di fame è la storia dell’uomo…”in-fame!

Il libro è stato comprato usato e, leggendolo, e ora si è smembrato in tre monconi. Se papà fosse vivo, ci metterebbe della colla. Io sono indolente e non ci penso proprio. Sono all’ultimo boccone.

Quando appare in scena, come un santo, Don Vincenzo Mercurio, è uno sputare sentenze memorabili, di quelle che rendono significativa ogni lettura: a pagina 107 e 108 etc… leggete figlioli leggete.

Ho parlato di tutto, a parte della rivoluzione della fica di Masaniè. Povero cristo anche lui, deceduto a 27 anni (anche lui fa parte di quel funereo club!). Ad Amalfi dicono che fosse uno di loro, perché era Chillo ‘e Amalfi. Ma risulta da atto certo che sia nasciuto a Napoli. Amalfitano magari era il padre, il nonno o chissà quale avo. Aggio conosciuto ad Amalfi nu Sciacalluccio ch’era figlio ‘e Sciacallo, e pàte e Sciacallucio jrFiiil fiiil fiiil!!!

Perché è essenziale leggerti, rappresentante di detersivi chimici? Perché sciogli il calcare, le incrostazioni più resistenti che si depositano su quei cessi che sono le nostre esistenze. La storia è una latrina dove ci sono più ani che escrementi! che lordano l’intero umano territorio!

Non sono più felice dopo averti letto. Più consapevole della mia infelicità sì. È la consapevolezza che, reiterata, mi serve a prendere coscienza di me e degli altri, ma più di me che degli altri, temo.

Grazie Vittorio Giovanni Rossi, t’ho riscoperto tardi e presto leggerò La terra è un’arancia dolce, che mi sta aspettando da Lassù da quasi un decennio…

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Vittorio G. Rossi, Miserere coi fichi, Mondadori, 1972

 

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