“La Filonzana” di Sara D’Andrea: tre destini in Sardegna

Avevo da tempo il manoscritto de “La Filonzana”, Sara D’Andrea mi aveva dato il file digitale per avere una mia opinione prima della pubblicazione del romanzo, ma devo confessare che ho disatteso questa richiesta, sono ancora viziato dalla necessità di leggere i libri in versione cartacea.

La Filonzana Sara D'Andrea
La Filonzana Sara D’Andrea

Ai primi di settembre, quando “La Filonzana” era appena stato pubblicato con Edizioni Clandestine, l’ho comprato senza neanche conoscere la trama e ho deciso di leggere le prime pagine, giusto per farmi un’idea.

Ho chiuso dopo averne lette circa ottanta, tutte di un fiato, e avrei continuato se l’orologio non mi avesse detto che erano le due di notte e la vocina dentro la mia testa: «Domani mattina devi andare a lavorare!».

Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “La Filonzana” fin dalla prima pagina, quando la misteriosa figura che tutti in paese chiamano “Sa Filonzana” e che forse non ricordava più il suo vero nome, che vive da eremita in una casupola buia vicino al paese, si mostra con i suoi ripetitivi riti e vaga tra i ricordi di un passato inenarrabile, celato.

Tre donne sono le protagoniste: Beatrice, Rita e la Filonzana: tre destini; veicolano valori e comportamenti universali.

Filonzana è una persona che in paese tutti credono abbia il potere di decidere della sorte degli altri, destino tessuto come su una tela, da mani magiche che già tutto sanno della vita e della morte.

“Le dita esperte andavano da sole, la vecchia teneva gli occhi semichiusi, i suoi polpastrelli saggiavano ogni tanto lo spessore del filo che andava ad arrotolarsi intorno al fuso che cadeva ritmicamente sul pavimento di terra battuta, fra i piedi scalzi. Dalle sue labbra strette intorno alle gengive, quasi del tutto senza denti, usciva una litania.” ‒ (pag. 13)

“Non voleva nulla, non aveva bisogno di nulla; solo della lana per far girare il fuso, schiocca e riavvolgi, per recitare la litania.” (pag.14)

Beatrice: “I lineamenti regolari e l’incarnato chiaro facevano risaltare gli occhi grandi e profondi su un viso di un ovale perfetto, incorniciato da una corona di capelli corvini che erano intrecciati sul capo nell’acconciatura tradizionale.” ‒ (pag.26)

Rita: “Ai suoi occhi piccoli e verdi non sfuggiva nulla di ciò che le accadeva intorno. L’incedere rigido e un po’ mascolino la rendeva goffa nel bellissimo abito, guarnito da una quantità eccessiva di ricchi gioielli lavorati in preziosa filigrana d’oro. Aveva mani e piedi grandi, un fisico forte…” ‒ (pag.26)

La Filonzana è un romanzo storico con elementi fantasy, è una storia di cultura e tradizione, che racconta alcune usanze e superstizioni della Sardegna.

Le donne e gli uomini che vi parleranno da queste pagine sono figli di Sardegna, ma potrebbero essere di qualsiasi parte del mondo.

La Filonzana citazioni
La Filonzana citazioni

Ambientato nel giugno del 1860, in un paese della Sardegna, vediamo da subito una comunità che si prepara a festeggiare il santo patrono. Beatrice, ragazza bella e chiacchierata, anche per le sue misteriose pratiche di morte a maleficio, attira le attenzioni di Jaccu e di Iginio Ferru, marito di Rita Mattana, ricca possidente, a servizio dei quali lavorano Jaccu e Beatrice. Dopo alcuni avvenimenti Rita deciderà di rivolgersi alla Filonzana per riuscire a rimanere incinta. La trama di impronta deleddiana è avvincente e ricca di riferimenti storici documentati da fonti ufficiali.

“Nel 1861 ci fu la riforma del sistema penitenziario in tutto il Regno d’Italia. Prima del raggiungimento dell’Unità, questo risultava arretrato e l’unico fine delle prigioni era controllare la società per reprimere i patrioti durante le guerre risorgimentali. L’Unità nazionale, dopo la proclamazione del Regno d’Italia, doveva essere cercata anche nell’unificazione dal punto di vista legislativo.” ‒ (pag.17)

Lo stile dell’autrice è molto fluido, la lettura scorre veloce, pagina dopo pagina. Sono presenti dialoghi in dialetto (con note di traduzione), il tutto serve a rendere la storia più vera e a creare un ambiente palpabile al lettore.

Consiglio la lettura de “La Filonzana”, un libro a volte crudele, ma in grado di toccare in modo profondo le emozioni di chi si perde nelle sue pagine.

 

Written by Franco Carta

 

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