“Il fantasma dell’Opéra” di Gaston Leroux: l’ombra oscura che aleggia dentro di te

Leggo Il fantasma dell’Opéra di Gaston Leroux e mi pongo la perenne domanda: sarei felice di vederne una trasposizione cinematografica? Sì, mi rispondo, solo se in compagnia di una persona amata o almeno ben voluta. Trieste è una gran bella città, la sua Piazza Unità d’Italia mi riconcilia col mio frastornato paese, così candida, così splendente, ma è stata la presenza di due mie consanguinee che me l’ha resa indimenticabile.

Il fantasma dell’Opéra Gaston Leroux
Il fantasma dell’Opéra Gaston Leroux

A leggere e a scrivere occorre essere soli, per il resto c’è bisogno dell’Altro, dell’Amato. Qual è il personaggio che ho più amato in questo prototipo del romanzo d’appendice Il fantasma dell’Opéra, uscito giornalmente su Le Gaulois dal 23 settembre 1909 all’8 gennaio 1910?

In prima di copertina de Il fantasma dell’Opéra leggo “Un essere quasi soprannaturale: vede e ode tutto senza essere mai visto” – è un inganno senz’altro, come può stare nella stessa frase quel quasi, quel tutto, quel mai?

Qual è il personaggio che m’ha fatto più pena? Qual è quello che ho meno apprezzato?

Non mi va di dirlo finché non avrò carpito la verità sui sentimenti della protagonista, la virginea cantante lirica Christine Daaé. È lei, solo lei, che deve decidere. Mi piego a quel suo venereo volere. M’auguro che la sua scelta sia dettata sia dalla passione sia dalla pietà.

Con chi mi sono identificato di più? Questo è facile da dire: ho amato chi è uscito, nascendo, dal gregge, da quello che doveva essere l’armento in cui doveva essere condotta l’esistenza dove invece non era stato accettato da nessuno, nemmeno dalla genitrice.

Je est un autre, direbbe, a ‘sto punto, Arthur Rimbaud, autore de Une saison en enfer. Il mio selvaggio eroe, Eric è l’Époux infernal, degno d’essere amato (e compatito) come nessuno mai.

Tutti discorrono del “fantasma” – ognuno dice la sua: “Dapprincipio si rilevò che questa testa di fuoco non corrispondeva in modo alcuno alla descrizione che del fantasma aveva fatto Joseph Buquet…” – un uomo che forse aveva scoperto cose terribili e che così pagò la propria incoscienza. Il suo omicidio restava un caso insoluto.

Come non invidio la gente dello spettacolo (come nessuno fra loro invidia me)! Per poter realizzare se stessi devono essere apprezzati in vita! Esemplari sono i casi di Franz Kafka e Guido Morselli, che comprovano il fatto che lo scrittore più da mitizzare è quello postumo. Non esistono attori o cantanti d’opera che raggiungono il loro primo successo dopo la morte. Hanno bisogno della loro, pur mediocre, esistenza per potersi esibire. Diversamente dovranno zittirsi per sempre.

“Richard e io non avevamo riso tanto…” – ma chi sei tu? Non sei Gaston, vero? Affermi d’essere lo scrittore della storia e non hai nemmeno un codice fiscale. Sei un negletto fantasma anche tu? E perché tutti ridete a sentir parlare di quel presunto spettro e, subito dopo, siete così terrorizzati? Un po’ di coerenza, per la mà!

“Potemmo così renderci conto che, in effetti, eravamo stati preda di un’illusione ottica e corremmo senz’altro indugio e ridendo come matti al primo palco n. 5, dove non trovammo più nessuna forma.” – ridete!.. gallinacci che non siete altro, intanto uno di voi è stato bell’e spennato!

Perché un fantasma necessita di un palco, dove nessun altro deve entrare? Perché non si limita ad aleggiare, silente e invisibile come in genere fa Sue dei Fantastici Quattro? Perché non vi ponete ‘ste semplici domande? È vero, la Marvel non aveva ancora pubblicato nulla ai vostri tempi.

“I signori Richard e Moncharmin, facendo mostra di divertirsi e ridendo l’uno dell’altro, spostarono i mobili del palco, sollevarono le fodere e le poltrone ed esaminarono con cura…” – la vostra scatola cranica, dovreste sottoporre a opportuna visita, ragazzetti ingenui. Lo sapete cosa rischiate?

Ricevete una Sua lettera che così inizia: “Se tenete ancora alla tranquillità…” attenetevi con scrupolo alle sue avvertenze e modalità d’uso, pena la maledizione vostra e del vostro teatro…

Una più esplicita minaccia spetta a Carlotta – la cantante titolare: se canterà, potrebbe essere l’ultima volta.La Carlotta non aveva né cuore né anima. Non era che uno strumento. Uno strumento meraviglioso, certo…”ma Jimi Hendrix qualche decennio dopo proverà che l’unico strumento sacro è quello che arde al termine del concerto!

I due direttori mentecattiAvevano sentito il suo respiro. Alcuni capelli di Moncharmin si erano rizzati a quell’alito… e Richard si passava il fazzoletto sulla fronte sudata.” – di certo non avevano un’oncia dell’eroismo di un Willer e di un Carson allorché sono alle prese con un Mefisto.

Le due pecorelleSi sentivano sotto l’influsso del fantasma.” – che pena che fanno!

Carlotta sfida la sorte:Questa sera canta in modo da far venire giù il lampadario.” – ed è ciò che puntualmente avviene, finendo per stroncare una vita che non poteva inevitabilmente evitare quel rio destino. Riposa ora in pace, vegliarda.

Sedicente autore, mi fai sogghignare quando dici che i due direttori “… si erano così ermeticamente chiusi con un’intenzione che il lettore non conosce ma che è mio dovere storico – intendo dire mio dovere di storico – non nascondergli oltre.” – io sono un lui ignorante, tu un io storico!

“… ma lui, Moncharmin, si trova davanti al grande mistero… quello che fa rabbrividire l’umanità dalla sua nascita: l’ignoto.” – il filosofo sa di non sapere ma credimi anche lui ha dei dubbi a proposito. Se il mondo fosse un nudo mistero, amen! Ci sia affanna a cercare invece la soluzione e ci si inguaia l’esistenza! L’unica soluzione sarebbe il diventare, ognuno a modo suo, uno scrittore, un creatore di parabole, similitudini, metafore, allegorie e thriller vari. Ecco perché le persone intelligenti, se ci riescono, si tramutano in scrittori di storie ricche di suspense, o, diversamente diventano poeti, scienziati o parastatali a seconda della voglia che hanno di studiare in ateneo.

Raoul incontra coluiche era noto come un Persiano e che abitava…” – non importa dove, il quale dice: “Assistevo allo spettacolo e non c’è che Erik al mondo capace di organizzare un simile rapimento…” – e poi parla del riconoscimento che ha avuto della “mano del mostro!” – e quel termine viene ripetuto così tante volte che alla fine pare Lui l’unica persona normale della storia.

Lui Comanda ai muri, alle porte, alle botole. Da noi lo si chiamava con un nome che significa: ‘il re dei sotterranei.”: è meglio essere primo da quelle infami parti che secondo a Gavassa!

La vita è una successione di specchi girevoli che ti conducono ovunque: leggendo pagina 212 de Il fantasma dell’Opéra e seguenti ne ho la prova ferocemente comprovata!

A pagina 222 de Il fantasma dell’Opéra accade un’impietà: la nota 1, scritta da uno sconosciuto curatore dell’opera, un fantasma anche lui?, dice che “L’autore non darà maggiori spiegazioni sull’apparizione di quell’ombra…” – etc etc… Il mistero s’infittisce. Chi sei tu? Gaston? Soprattutto un poeta, a quanto pare. Vedendo la tua ghigna sul web mi pari un incrocio fra Carducci e Pascoli.

A pagina 229 il (medesimo?) curatore delle note informa del probabile destino di “Quelle due paia di scarpe” che “non si sono mai ritrovate. Probabilmente saranno state prese da qualche macchinista o lavorante del teatro…” – teoria che stento a definire scientifica, essendo passati ormai tanti anni da quell’incidente. Potrebbero essere state infilate in un cassettone della Caritas!

A pagina 231 de Il fantasma dell’Opéra si siede in cattedra il Persiano, che inizia il suo “Racconto”. Che sia lui il curatore delle note? Una frase che non intendo riportare letteralmente (non ne ho proprio voglia) mi fa sentire per lui una fraterna simpatia. Egli ha perdonato i dolori che gli ha causato Eric il mostro. Non dice che li ha dimenticati ma che li ha capiti li ha giustificati. Chiunque, anche io, anche tu, mio lettore, li avresti (forse) commessi.

Errare humanum est. Perseverare assai di più.

Egli dice al causale pard: “… Se i segreti di Erik non restano i segreti di Erik tanto peggio per molti che appartengono alla razza umana! Non ho altro da dirti e, a meno che tu non sia un povero pazzo [testuale] dovrebbe bastarti.”d’accord, prosegui ora il tuo racconto.

Eric aveva insegnato alla “piccola sultana…” – povera bestiola viziata – “… a lanciare il laccio indiano e uccise così molte delle sue domestiche…” – non assunte a norma di legge, temo – “… e anche delle sue amiche andate a visitarla…” – e, come dicono a Catania, macari alla fine era rimasta un po’ soletta! Ah ah ah!

Dice il Persiano di aver sentito queste parole di Eric: “… Non bisogna pensare che a se stessi nella vita!… alla propria morte… il resto è superfluo…” – è un flusso che ghignando scorre via, dopo averti infettato: “Vedi come sono bagnato?… Ah! mia cara, ho fatto male a uscire…” – dal ventre materno, intendi? Tutti gli orrori escono da lì.

Tu gli vuoi bene a ‘sto Eric, ma continui a definirlo così: “il mostro” – è forse un segno divino che ammonisce noi umani? Ne esistono? Ogni prodigio umano o bestiale lo è: la tela di un ragno, le conchiglie delle ammonite a forma di frattali, le arnie esagonali! Quanta bellezza, vien da dire, è sprecata in quest’accidente di Kósmos!

Gaston Leroux citazioni Il Fantasma dell'opera
Gaston Leroux citazioni Il Fantasma dell’opera

Eric lo definisci, mio iraniano, “il più grande ventriloquo del mondo”, il più fantasioso dei prestigiatori, degli illusionisti etc etc. Un mago sceso tra di noi per fatale errore.

Assicuri il lettore: “… io non cerco alcun effetto perché il mio scopo è, scrivendo queste righe, di raccontare ciò che è esattamente successo…” – nella mente di Gaston, il poeta?

Eric era bruttino? Davvero? La più grande conoscitrice dell’umano pensiero di suo figlio fu una tale Rosalinda, la quale soleva dire: Pôvra brutâia se n gh fós mia piaşâia! Traduco per i non addetti: poveri i brutti se non potessero, a loro modo, piacere. Io credo (verbo mistico come nessun altro) che Eric sia piaciuto a Chistine, la quale ha poi scelto Raoul, il bello convenzionale, nonché ricco e nobile, perché l’alternativa era il suicidio, oppure il ricovero in un ospedale per dementi o in un monastero, dove poi Eric sarebbe stato in grado di entrare e di uscire a suo piacimento, festivi compresi. A quel brav’uomo bastò poco per morire felice: essere amato in quel breve istante!

A thing of love is a joy for ever – direbbe ora il mio John (Keats)! Il poeta più adattabile di sempre.

Trafitto da un raggio di sole! – urlerebbe poi, a squarciagola, il nostro Salvatore (Quasimodo).

Dici niente?! A te è mai capitato? A me, forse, non ricordo, è stato come un sogno!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Gaton Leroux, Il fantasma dell’Opéra, Garzanti, 1971

 

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