Thorwald Dethlefsen e l’esoterismo: un differente modo di interrogarsi sulle cose
Cos’è l’esoterismo? Innanzitutto vale la pena di precisare che l’esoterismo – al pari di tutti quei saperi che ci siamo abituati a considerare “di seconda classe” – coinvolge un “insieme eterogeneo di dottrine spirituali” che condividono il fatto di non avvallarsi attraverso il rigore ed il metodo propri della scienza.
L’esoterismo non ha la pretesa di fare scienza, l’esoterismo vuole soltanto aprire porte: e con il suo corollario di conoscenze offrire prospettive di comprensione del reale che schiudano all’uomo a vedute ancor più ampie, misteriose e stupefacenti.
Mettiamolo quindi subito in chiaro: esoterismo e scienza viaggiano su binari separati. Pertanto occorre non cadere nella tentazione contemporanea di ridurre a “chiacchiera” ogni discorso che esuli dal metodo tipico della ricerca classica.
L’esoterismo è infatti un movimento millenario che, addirittura si presta ad essere la componente essenziale da cui si sarebbe originata ogni forma di religione. In senso lato infatti l’esoterismo denota la presunta “capacità di accedere al nucleo intimo e unitario di una verità andando oltre le apparenze esteriori.”
Usando la definizione che Thorwald Dethlefsen fornisce in uno dei suoi scritti di psicologia esoterica “Il destino come scelta”, l’esoterismo è il modo non scientifico di considerare la realtà.
Difficile da ritenere attendibile dato che (Dethlefsen, 2001): “[…] L’aggettivo scientifico è diventato un criterio col quale si tenta di misurare l’esattezza di un pensiero, di una teoria, di una affermazione. Tutti noi pensiamo in termini di categorie scientifiche, anche in campi che in realtà non hanno niente a che fare con la scienza. Siamo così diventati dei grandi «credenti nella scienza», senza però renderci ben conto delle contraddizioni presenti in questa parola.”
Lo scrittore prosegue invitandoci a riflettere in maniera sottile: «credere» è infatti un verbo ben differente da «sapere». Il sapere è il risultato di un atto conoscitivo individuale. Ma tutto ciò che viene dalla scienza e di cui noi ci serviamo per rapportarci al mondo è in realtà soltanto qualcosa di trasmesso e condiviso, di cui però non abbiamo quasi mai avuto un’esperienza diretta.
La scienza così diventa “credenza”, perché aldilà dei presupposti analitici e del rigore metodologico, si fonda preminentemente su verità empiriche, per le quali, si sa, si ha sempre bisogno di prove. Queste prove che la scienza fornisce, le sue dimostrazioni della fondatezza di un qualcosa ‒ sia esso un pensiero, un processo o un principio di causa – avvallano una verità che per il singolo non è direttamente accessibile, rendendola così, di fatto, un’informazione che benché attendibile, in quanto condivisa e trasmessa, finisce per risultare proprio pari a un credo.
La scienza inoltre si propone da sempre di fornire risposte funzionali, certe ed esatte, ma così facendo esclude dai suoi orizzonti di indagine tutto ciò che non può rientrare nel suo ristretto campo di valutazione: vale a dire tutto ciò che non è empirico e non può quindi essere dimostrato mediante i suoi sistemi di riferimento.
Ma diciamocelo apertamente: tutto ciò che è vero non è sempre tout court dimostrabile.
Questa è un’affermazione probante l’incompletezza del sapere, una nozione in realtà alla mercè del pensiero critico di tutti, ma cui è servito applicare la certezza fondante del primo teorema di Gödel. Egli da sapiente matematico mette in luce – con un’impeccabile dimostrazione – l’impossibilità evidente di spiegare la verità di un enunciato a partire dal suo stesso sistema formale di riferimento. Come a dire: chi pretende di tutto dimostrare, non può in realtà dimostrare nulla.
Questo significa che il modo “essoterico”, vale a dire “esteriore” o “condiviso” (di cui appunto si serve la scienza) non è l’unica strada per ricercare la verità e significa che dobbiamo ammettere che ne possa esistere un altro.
Ecco allora che il modo “esoterico”, il cui termine deriva appunto dal greco antico ἐσωτερικός, a sua volta da ἐσώτερος, che significa esattamente “interiore”, si presta ad essere un’altra strada.
Al ricco ed occulto mondo dei saperi esoterici non interessa la funzione delle cose, di stabilire il loro “come” e la loro esattezza, ma interessa il loro contenuto ed il rimando di senso che per analogia è possibile cogliere.
L’esoterismo non vive dunque – come la scienza – di verità empiriche tout court dimostrabili, bensì di intuizioni che possono assomigliare molto alle cosiddette verità a priori, perché la loro evidenza diviene immediata e si costruisce direttamente all’interno del nostro intelletto dopo avere vissuto determinate esperienze.
Ciò che pertanto consente di contraddistinguere in maniera manifesta i due territori gnoseologici è proprio questo “modo” differente d’interrogarsi circa le cose. Se infatti da un lato la scienza si nutre di dimostrazione e di divulgazione, dall’altro l’esoterismo consta di un sapere che ha la caratteristica di essere almeno in parte segreto o riservato, divenendo accessibile solo per mezzo di un’esperienza privata, vissuta in prima persona.
Le dottrine esoteriche hanno inoltre la caratteristica di essere accessibili soltanto in forma cifrata, pertanto chi non è preparato non può individuarle. Nell’esoterismo è fondamentale prepararsi e conoscere il valore dei simboli. Per questo si parla di iniziazione, perché (Dethlefsen, 2001)“per poter vedere, bisogna prima imparare a vedere” («La luce venne nelle tenebre, ma le tenebre non la riconobbero» Giov. 1).
Da un certo punto di vista si potrebbe dire che l’esoterismo assomigli ad una sorta di “intuitiva consapevolezza gestaltica del reale” che impone di approcciarsi all’uomo con una visione assolutamente de-antropocentrica, perché se è vero che, come vuole uno dei suoi principi fondanti, “così sopra, così sotto”, allora non possiamo prescindere da una cosmogonia umana. Dall’interrogarci sui legami esistenti tra l’uomo e il mondo (coinvolgendo nelle nostre riflessioni le assonanze con la natura, il cielo, gli astri e gli altri esseri viventi), per magari, in questo modo, ottenere risposte che vadano oltre il piano empirico e che soddisfino il nostro sempre eterno bisogno di senso.
Tutte le dottrine esoteriche hanno inoltre una visione animistica del mondo e credono nella “trina complessità” umana (l’uomo come materia, come spirito e come anima), non rinunciando al valore trasmutazione interiore.
Condividono altresì una visione ampissima dell’esistenza, considerando questa vita come un campo d’allenamento che acquista senso e valore soltanto se messa in relazione al processo completo, ai cambiamenti che ci competo e che ci completeranno fino all’elevazione ultima dell’anima.
Per capire meglio di cos’è fatto il mondo dell’esoterismo – che racchiude saperi come l’alchimia e lo sciamanesimo, la cabala, l’ermetismo, la teosofia e anche l’astrologia – possiamo rifarci a Antoine Faivre. Questo studioso, nel 1992 propose la prima definizione storico-religiosa della nozione di esoterismo.
Secondo Faivre che metodologicamente circoscrive la sua analisi all’ambito delle correnti moderne dell’occidente, è esoterica ogni dottrina o forma di pensiero che si basi sui seguenti quattro principi:
1. l’esistenza di una corrispondenza analogica tra macrocosmo e microcosmo (l’universo e l’essere umano sono l’uno il riflesso dell’altro);
2. l’idea di una natura viva, animata;
3. la nozione di esseri angelici (o comunque spirituali), di mediatori tra gli umani e Dio, ovvero di una serie di livelli cosmici intermedi tra la materia e lo spirito puro;
4. il principio della trasmutazione interiore.
A proposito di quest’ultimo punto, Thorwald Dethlefsen, che prima ho citato senza introdurre, è autore di diversi libri che descrivono il suo avvicinamento alla via esoterica ed il suo tenace tentativo di convalidare la teoria della trasmutazione e della reincarnazione.
Thorwald Dethlefsen, infatti, da psicologo e psicoterapeuta tedesco che diresse a Monaco di Baviera “l’istituto privato di psicologia straordinaria”, da lui stesso fondato, mise in atto particolari tecniche di ipnoterapia, divenendo celebre per alcuni esperimenti di ipnosi regressiva che lo portarono a credere senza riserve alle sopraccitate teorie.
Queste sedute, condotte a partire dal 1968, lo indussero infatti a sostenere di far rivivere ai suoi pazienti non solo momenti della loro infanzia e vita intrauterina, ma anche di vite passate, rammentate in stato di trance. Con la racconta di queste particolarissime esperienze documentate, Thorwald Dethlefsen riferisce di come il suo approccio, inizialmente scettico e improntato all’ateismo psicologico, sia mutato di fronte a tali esperimenti, spingendolo ad orientare le sue ricerche nell’ambito della medicina esoterica.
Thorwald Dethlefsen ebbe modo di conoscere l’astrologo Wolfgang Döbereiner, dal quale apprese la capacità di utilizzare le stelle come strumenti diagnostici e l’occultista Oskar Rudolf Schlag, capo della «Società Ermetica» in Svizzera e già collaboratore di Carl Gustav Jung.
Se pertanto volete saperne di più sull’esoterismo, rifatevi a lui. Nel “Il destino come scelta”, setacciando ed illustrando le antiche dottrine segrete, l’autore fornisce un’immagine esoterica del mondo, ripercorrendo le trame dell’astrologia, dell’omeopatia e della reincarnazione in maniera completa e coinvolgente.
Con le sue altre pubblicazioni “Vita dopo vita”, “L’esperienza della rinascita”, “Malattia e destino”, egli introduce gradualmente il lettore nel nucleo della sua psicologia esoterica, tentando di riqualificare il significato della vita e specialmente di reinterpretare il significato della malattia e della morte.
Tutto un mondo di significati è la fuori, alla portata di tutti, eppure privato della dignità e del valore corroborato da tradizioni millenarie per via della preminenza scientifica con cui ci siamo abituati a pensare e a giudicare la verità nel mondo.
Eppure l’esoterismo è una via, un sentiero realmente percorribile.
Written by Elisa Magnani
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