Roberto Kusterle: l’arte sorprendente del fotografare le proprie creazioni
Ammirando le opere di Roberto Kusterle un po’ distrattamente e per la prima volta alla galleria Weber & Weber di Torino, confesso di avere pensato che oramai, con i geniali software di editing fotografico che si hanno a disposizione, si possono realizzare immagini davvero sorprendenti. Quando mi è stato spiegato che non c’era nessuna elaborazione, nessun trucco fotografico, ma che il processo creativo era tutto precedente e alle fotografie era solo affidato il ruolo di concluderlo e documentarlo, ho faticato ad accettare l’evidenza.
Roberto Kusterle è un artista goriziano, nato nel 1948. La fotografia è lo strumento principale, non l’unico, con cui indaga il complesso rapporto tra il corpo umano e la natura, spostandolo in un livello dove la realtà e il fantastico, l’essere e il mutare, coesistono in un sorprendente ed elegante equilibrio.
Dal 1970 a oggi è stato presente in molte mostre, solo le personali sono un centinaio, spesso correlate da interessanti cataloghi. Ne ricordo alcune tra le più recenti: ‘Riti del corpo’ del 2003, ‘αναχρονος’ (‘Anacronistico’) del 2007, ‘Una mutazione silente’ del 2009, ‘Abissi e basse maree’ del 2014, ‘Il corpo eretico’ del 2015, ‘Le spose del mare’ del 2016, ‘Fluxus’ del 2017, ‘Echo’ del 2019 e la recente ‘Chiaro di luna’.
Gli anni successivi al 2010 vedono il passaggio dell’artista, che aveva iniziato con le fotografie ai sali di argento, dalla pellicola al digitale, affrontando le nuove possibilità tecnologiche con una capacità espressiva ancora più intensa.
Sul sito dell’artista, purtroppo non aggiornato, è possibile visualizzare cinque brevi video realizzati dal 2008 al 2009 insieme al regista Ferruccio Gioia che, oltre all’innegabile valore artistico, offrono una interessante testimonianza del grande e complesso lavoro di preparazione che Roberto Kusterle svolge per creare le proprie opere.
Nella sua ultima mostra, ovviamente ultima per il momento, l’artista ha saputo trasformare i suoi lavori in un dialogo con il pubblico, leggibile a più livelli, suggestivo e profondamente personale.
In molti ritratti i volti sono di profilo e la loro postura ricorda pose classiche del passato, ma sui volti e sulla pelle è tracciata una densa ragnatela di linee, motivi e disegni, che ricordano i guerrieri di feroci tribù, tatuaggi oggi sempre più di moda, illustrazioni da manuali di anatomia, misteriosi riti magici oppure evocazioni di un’umanità futura.
Gli occhi sono chiusi, non per rifiutare la realtà che ci circonda, ma per trovare risposte in noi stessi, per indagare nel proprio intimo, alla ricerca di risposte che sempre più spesso non cerchiamo più.
Non è la ricchezza l’unico valore che la nostra società ci impone di venerare? Tutto il resto lo si può comprare o dimenticare.
Una serie di opere del 2004 dai titoli, spero di non sbagliarmi, ‘Auspicio’, ‘Chiaro di luna’ e ‘Nelle mie mani’, mostrano figure femminili di grande eleganza, dove i vestiti si confondono con il corpo dipinto e con lo sfondo, mentre i gesti delle mani assumono una potenza e un’energia particolare, stringendosi tra di loro, cercandosi e guidandosi a vicenda.
Il messaggio si ripete, rivolto soprattutto alle donne: recuperare quella coscienza di se stessi, anche come corpo, che si è perduta nell’ingranaggio distruttore del nostro presente. Forse un tornare al passato per potere sopravvivere a un futuro senza speranze, verso cui ci dirigiamo a passi incoscienti e barcollanti.
Sempre del 2004 è ‘La sorgente luminosa’, proprio l’opera ammirando la quale ho pensato a un fotomontaggio, tecnica che peraltro, venti anni fa, non era certo progredita come oggi.
Invece la fotografia documenta una realizzazione vera. In un terreno solcato di aride fenditure è stata creata una pozza dai riflessi bianchi e luminosi e, intorno a essa, quelle enormi mani che nascono dalla terra e sembrano proteggerla, liberando lo spazio alle due giovani che ricevono l’acqua vitale nei palmi uniti delle mani, come sacerdotesse di un tesoro prezioso.
In questo mondo sempre più assetato e non solo di acqua, la terra, soffrendo, ci offre le sue ultime risorse.
Written by Marco Salvario
Photo by Marco Salvario
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