“Sassaresi per sempre”: antologia di racconti, ricordi, visioni, tempi e luoghi
Ma poi un ricordo combacia davvero con il momento da ricordare? Quello che è stato e quello che ricordi sono corrispondenti in tutti gli angoli? O la memoria mette dei filtri con le lenti rosa?

Allora un libro di ricordi racconta la verità o inganna il tempo e i sentimenti? Credo che i ricordi abbiano una vita propria, che viaggi lontano dal tempo che lo ha generato. Oppure vicino, perché anche un ricordo di ieri lo vedi con gli occhiali rosa.
Ma quando il ricordo prende corpo di pagine e righe diventa qualcosa di più, diventa una sublimazione indipendente. Forse l’episodio pian piano si cancella, e resta solo il ricordo, che se è incisivo può riscrivere anche l’episodio stesso.
Tutte queste domande nascono dall’antologia Sassaresi per sempre, Edizioni della Sera, 2024, di autori vari, ben diciassette, per diciassette racconti.
Diciassette ricordi.
Diversi, per le emozioni, le visioni, i tempi e luoghi. È sorprendente come la stessa Isola, la stessa città in questo caso, possano far piangere, sorridere, fare paura, dare speranza o graffiare di nostalgia. I diciassette autori quindi non raccontano lo stesso territorio, raccontano i loro ricordi, e i ricordi, abbiamo detto, sono una narrazione personale, spesso bugiarda, ma che appartenendo alla memoria sono più veri della realtà. Che è volatile e fugge via.
La vita è nel ricordo, sembrano dire i racconti, e se non corrisponde alla realtà è perché questa va sbiadendo lasciando che rimangano parole, righe e pagine come unici e autentici testimoni dei fatti. Perché quello che si ricorda è il succo migliore di ciò che è successo.
Allora è questa la vera chiave di interpretazione.
Allora il fantastico plotone di autrici e autori (sedici più me che non mi cito per non rischiare il conflitto di interessi) ci raccontano tante diverse visioni/ricordi Sassari. Ma Sassari è solo una scusa, perché ogni città, ogni luogo del cuore ha angoli, personaggi, piazze e cuori che possono vivere in ricordi simili. Tanto è vero che non tutti sono di Sassari, e chi non lo è lo diventa a pieno titolo per il tempo di un racconto, o di una veloce e profonda sensazione che fugge ed è già ricordo.
Quindi Sassaresi per sempre assume un valore al di fuori delle mura della città in senso stretto. Potrebbe trattarsi di Nuoro, di Savona, o di Messina, e ugualmente troveremmo tracce del nostro cuore, dei nostri vissuti, degli spigoli di case e degli spigoli di macchiette che si fanno amare nella loro universalità.
Con questo spirito godiamoci la sottile ironia di Francesca Arca, corrispondente dai quartieri alti, con l’autenticità di macchiette e manie che forse solo il grande Alberto Sordi ha saputo far vivere altrettanto bene nei vecchi film. In questi quadretti ci si stupisce, si sorride, e ci si può commuovere, perché quelli siamo noi, esseri imperfetti, poetici, impacciati e sognatori.
Poi troviamo uno “straniero”, un autore di Torino, Fabio Burzagli, che arriva nella nostra città per scoprire sé stesso tra suoni, luna che occhieggia e introspezioni musicali che salvano l’anima. Al centro una ragazzina russa che “ha la voce di una sciamana”. Forse è una strega, perché la forza le emozioni e la potenza di un canto stanno dentro la magia. La magia di una città incantata, come la vede chi viene “da fuori”.
Venire da lontano, ma trovare una città che accoglie è il tema centrale di Lalla Careddu. Tre giovani neri suscitano la diffidenza delle anziane vicine di casa. Solo inizialmente, perché in una vera città civile il cuore si apre con chi genuinamente ha da offrire la sua amicizia e la sua cultura. Perché, ci spiega il teorema, in città, dentro le antiche mura, il colore della pelle non conta, e vince sempre l’umanità.
Poi è Alberto Cocco che ci racconta del suo innamoramento della nostra città anche per chi, come lui, arriva da Cagliari. Ma la città dove arrivi, se hai amore nel cuore, lo sa ricambiare, sempre. Lo si percepisce seguendo il suo sguardo che ci porta dalla periferia alta fino al cuore del centro più centro. In quella piazza secolare dove anticamente c’erano le dispute tra diverse fazioni: i simpatizzanti per il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer, opposti a chi teneva per la Democrazia Cristiana di Antonio Segni e Francesco Cossiga. Tanto per essere orgogliosi di tre sassaresi indimenticabili.
Con Eugenio Cossu invece entriamo nel centro storico più intimo e scabroso della città. E lui ci racconta con squisita ironia delle case di tolleranza rimaste fin quando la legge Merlin le ha fatte chiudere. Non si condanna né si assolve, ma la sua scrittura frizzante ci racconta che la città di un tempo sapeva chiudere un occhio per la leggerezza; con la leggerezza di saper prendere la vita come viene. Forse non era giusto, ma è la nostra storia, e per capirla e giudicare è giusto conoscerla.
Ah, poi questa è particolare davvero: la città vista attraverso gli occhi di una bambina che per sentirsi emancipata fugge di casa. Ce lo racconta Franca Falchi mostrandoci una città intera, così bella e così vera che, nel secolo scorso, era fatta di gente che amava la gente, e che era in grado di costituire un meraviglioso cordone di sicurezza attorno a una piccola incosciente fuggiasca. Così la bambina si salva, e Sassari anche.
Quello che invece racconta Marco Farina non si può definire una sua visione della città. Perché l’autore è un non vedente e parlare di visone sarebbe inappropriato. Il tono leggero è lo stesso autore a impostarlo fin da subito, strappando un sorriso per ipotizzare le sensazioni di chi arriva in città come se arrivasse da un altro pianeta, ma senza il dono della vista. Così diventa difficile comprendere un territorio, se anche la giornata è sbagliata. Che fare? Sorriso e andare alla cieca…
Scopriamo poi la nostra città risalendo dalla stazione ferroviaria fino al Magistero universitario. Chi arriva a Sassari come studentessa pendolare è Emma Fenu, che scopre la città insieme al suo mondo da adulta. È una visione particolare, dal treno delle 8:07 in poi. Sassari, città, personaggio, amica, volo interiore. Viaggio dentro l’anima, come premonizione, per chi poi per lavoro è andata alla scoperta del mondo, e il mondo, da Sassari in poi lo porta dentro di sé.
Tanti quadri di Sassari si illuminano sotto la luce dei ricordi di Maria Antonietta Macciocu. È una città com’era, o più precisamente come la ricordiamo, se è vero il postulato di questo articolo. Andiamo indietro di decenni per ritrovare la Rocca di Chighizzu, a strapiombo sulla pianura che da Sassari arriva al mare. L’autrice ci racconta la leggera freschezza delle ragazze e dei ragazzi di allora, a anche di chi voleva farla finita lì, o forse no. Ma poi sono tanti i fotogrammi che ci rimandano dai giardinetti ai canti studenteschi dentro le aule di un famoso Liceo secolare. Emozioni dei ricordi, con sempre qualcosa in più.
Una città del cuore deve essere anche una città dell’amore. È l’amore che ci racconta Isabella Mastino. Un amore che vola in uno spazio ultraterreno. Succede a Sassari, in un vecchio quartiere anticamente elegante, dove i sentimenti superano le barriere della vita terrena. Nelle vie della città, nella vecchia e una volta nobile collina, un’innamorata di un sentimento struggente, rimane bloccata in forma di spirito ad aspettare il suo lui per sempre. Per sempre per dare profondità al ricordo, appunto, che rivive senza potersi spegnere mai. Sogno, chimera, ricordo reale.
Il ricordo di un grandissimo pittore nato in città alla fine dell’Ottocento ce lo descrive Alessandra Piras. Ci narra la vita davvero avventurosa, tra Ventennio, viaggi e guerre, di un maestro dell’arte pittorica. Giuseppe Biasi ha lasciato importanti impronte a Sassari, e Sassari lo ha segnato profondamente. L’autrice ci fa rivivere un fervente periodo di fibrillazione culturale che ha generato grandi talenti e grandi opere. Storia vissuta, emozioni, arte e spirito, non solo ricordi.
Sassari non è proprio sul mare, ma la spiaggia di Platamona è talmente vicina e dentro il comune, che porta i suoi ricordi legandoli alla città e al suo vissuto. Maria Piras ci porta attraverso gli amarcord di un tempo dimenticato, quando la giornata al mare era un’avventura, una fuga nella libertà assoluta, un taglio dei vincoli convenzionali perché sulla sabbia poteva anche essere anarchia lecita. Ma poi il mare, dentro il nostro cuore, diventa prologo di tante forme d’arte.
Tutte le città hanno radici che vanno a scavare dell’ironia, per alcune è più sottotraccia ma per Sassari è un punto d’orgoglio. La lente che mostra i ricordi, dicevamo, è rosa, e se è rosa deve portare anche sorrisi e risate. Così Silvia Sanna ci fa fare un balzo negli anni Ottanta scalando modi di dire e modi di essere che con sapiente ironia portano dentro vignette umoristiche. C’è il cuore anche dentro una ristata?
I ricordi e il cuore di qualunque città arrivano alle emozioni forti con la locale squadra di calcio. Andrea Sini ci racconta in presa diretta forse il momento più alto della nostra Torres, la squadra, appunto. Era il 7 giugno 1987 quando i nostri calciatori conquistarono un posto nel campionato in serie C1. Il bello è che successe ad Alessandria, e che la trasferta per seguire la squadra fu talmente partecipata che riempirono lo stadio intero della città piemontese. Un racconto epico che ancora, a distanza di tanti anni, rivive nei ricordi con un‘emozione ancora più vera e più grande. Ma sì, il ricordo è anche una lente d’ingrandimento delle sensazioni più belle.
Ancora più in là è il salto temporale che ci fa fare Maria Teresa Tedde. Quando i vicoli del più antico centro storico erano il regno dei bambini e dei loro giochi. Corse, marachelle a non finire, e anche punizioni corporali sono ancora ricordi fantastici di ogni bambino di ogni città. E gli occhiali rosa? Quelli non sono negli episodi in sé, ma negli occhi e nelle emozioni di chi guarda.
Ma a Sassari ci si può arrivare anche per punizione. Nel racconto di Pietro Zucca (pseudonimo di fantasia) un dirigente milanese viene “sbattuto” nella nostra città per fargliela pagare. Che visone si può avere di un posto dove ti cacciano? M se hai l’animo predisposto anche la città dove arrivi per dispetto ti può conquistare. Indossa gli occhiali rosa e considera che ogni momento vissuto è prezioso, e se lo sai coccolare domani potrà rivivere in un bellissimo ricordo.
È questo il segreto di un libro di ricordi.
È questo il senso di una città che sa stringersi attorno a sé stessa, alla sua accoglienza, e alle sue tradizioni, come dice Aldo Addis nella sua postazione.
È questo quello che scrive anche Lorena Piras nella sua prefazione raccontando che il “tempo è una plastilina che può diventare qualunque cosa: ricordo, sorriso, tristezza”.
È questo il senso finale di Sassaresi per sempre: un libro di una città e dei suoi ricordi. Perché alla fine i ricordi sono la vita vera.
Written by Pier Bruno Cosso