“Testamento” poesia di Kriton Athanasulis: ti lascio la mia lotta incompiuta
Di seguito la poesia “Testamento” del poeta greco Kriton Athanasulis sita in correlazione con la poesia “Nella pura luce della prim’alba” del poeta e filosofo bengalese Rabindranath Tagore.

“Testamento”
Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre a me.
Le stelle brilleranno uguali e uguali ti indurranno
le notti a dolce sonno.
Il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco
tu guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del mio tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione mi ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento e pioggia e grandine
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate,
ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austera forma d’uomo,
madri vestite a bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.
Fa’ presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici; già. I nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti
d’una città con tanti prigionieri,
dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono di fuori
il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro,
il pane è fatto pietra, l’acqua fango,
la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sforzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. È questo che ti lascio.”
(Tradotta in italiano da Filippo Maria Pontani)
Kriton Athanasulis nacque a Tripoli (Arcadia) nel 1917 e morì ad Atene nel 1979. Iscritto alla facoltà di legge la abbandonò presto per dedicarsi alla poesia. Il 1940 fu l’anno in cui iniziò a pubblicare.
Le raccolte più significative sono: Poesie (1966); Il mio piccolo universo (1969); Un poeta per la strada e le satire per Leonora (1974); Agathangelo, l’incubo e gli eventi (1974); La questione umana (1977). La sua produzione letteraria comprende anche alcune pubblicazioni di saggi e un’opera teatrale.
Il poeta greco ha manifestato nei suoi versi una sensibilità autentica nei confronti dei problemi civili e sociali. In Italia è poco conosciuto e letto se non per la poesia condivisa in questo articolo “Testamento” edita nel volume Due uomini dentro di me del 1957 con traduzione di Filippo Maria Pontani.
“Testamento” è da intendersi come una meditazione sugli orrori provocati dalla guerra:
“Ti lascio i simulacri degli eroi/ con le mani mozzate,/ ragazzi che non fecero a tempo/ ad assumere austera forma d’uomo,/ madri vestite a bruno, fanciulle violentate./ Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.”
Da sottolineare l’intenzione del poeta di spalancare la porta alla possibilità di libertà per gli esseri umani che tendono al bene proprio così come a quello comune.
“Salta il fosso da solo e fatti libero.”
In chiusura, si lascia al lettore la poesia “Nella pura luce della prim’alba” del poeta e filosofo bengalese Rabindranath Tagore (Calcutta, 1861 – Calcutta, 1941). A voler essere sinceri la connessione Tagore-Athanasulis è stata trovata in un cartoncino con un appunto ‒ 24.3.1970 Testamento Kriton ‒ scritto di pugno dallo sconosciuto proprietario del libro “Le ali della morte” (Guanda, 1961), volume acquistato usato su Ebay.

“Nella pura luce della prim’alba”
“Nella pura luce della prim’alba
M’apparve l’Universo consacrato dalla corona della Pace.
A capo chino gli alberi recitarono la loro lode.
La Pace che stabilmente alberga nel cuore dell’Universo,
Si salva nella lotta dolorosa delle ere.
In sì dissolto mondo manifesta è tal Pace
All’inizio e alla fine del giorno.
O Poeta, tu araldo del Bene,
Tu di certo hai accolto il suo invito.
Se quell’appello ignorando,
Tu divieni l’araldo dello sconforto,
L’emissario del deforme,
E sull’infranta arpa, sonando un’aria falsa,
Storpi l’eterna verità dell’Universo ‒
Qual è lo scopo del tuo esser nato?
Perché nelle risaie i cardi prosperano,
Ad insultar la fame dell’Uomo?
Se gl’infermi stiman la malattia qual verità suprema,
Assai meglio è finir tacitamente la vita propria.
Oggetto sol di sventura sarà dunque fra gli uomini il poeta ‒
Seguendo i sentieri dell’impudica fantasia
E assumendo un’oscena maschera
Dev’egli offuscare dell’umano volto il fulgore?”