“Al mare (o quasi)” poesia di Eugenio Montale: le siepi hanno avuto lo sfratto

Di seguito si potrà leggere la poesia intitolata “Al mare (o quasi) di Eugenio Montale ed una breve biografia del poeta.

“Al mare (o quasi)”

Eugenio Montale - poesia - Al mare (o quasi)
Eugenio Montale – poesia – Al mare (o quasi)

L’ultima cicala stride
sulla scorza gialla dell’eucalipto
i bambini raccolgono pinòli
indispensabili per la galantina
un cane alano urla dall’inferriata
di una villa ormai disabitata
le ville furono costruite dai padri
ma i figli non le hanno volute
ci sarebbe spazio per centomila terremotati
di qui non si vede nemmeno la proda
se può chiamarsi così quell’ottanta per cento
ceduta in uso ai bagnini
e sarebbe eccessivo pretendervi
una pace alcionica
il mare è d’altronde infestato
mentre i rifiuti in totale
formano ondulate collinette plastiche
esaurite le siepi hanno avuto lo sfratto
i deliziosi figli della ruggine
gli scriccioli o reatini come spesso
li citano i poeti. E c’è anche qualche boccio
di magnolia l’etichetta di un pediatra
ma qui i bambini volano in bicicletta
e non hanno bisogno delle sue cure.
Chi vuole respirare a grandi zaffate
la musa del nostro tempo la precarietà
può passare di qui senza affrettarsi
è il colpo secco quello che fa orrore
non già l’evanescenza il dolce afflato del nulla.
Hic manebimus se vi piace non proprio
ottimamente ma il meglio sarebbe troppo simile
alla morte (e questa piace solo ai giovani).

***

Al mare (o quasi)” è stata tratta dalla silloge “Quaderno dei quattro anni”.

Ultimo di sei figli di un grosso commerciante, Domenico Montale (madre: Giuseppina Ricci), Eugenio Montale nacque il 12 ottobre del 1896 a Genova (morto il 12 settembre del 1981 a Milano). Trascorse la sua infanzia ed adolescenza a Genova nella stagione invernale mentre in quella estiva la famiglia era solita recarsi nella villa a Monterosso, nelle Cinque Terre. Di salute cagionevole perse qualche anno di scuola, e si diplomò come ragioniere.

Con la sorella Marianna, però, si dedicò allo studio del canto presso l’ex baritono Ernesto Sivori sino al sopravvento dell’interesse verso la poesia e la letteratura. Le letture che Montale preferì furono Rousseau e Constant, Baudelaire, Mallarmé, Maurice de Guerin, Jammes, Lemaître, Valéry, Campana, Onofri, Manzoni, Cervantes, Gentile, Croce.

Fra i suoi conterranei ebbe stima profonda per Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Boine e per il poeta e scrittore Camillo Sbarbaro (1888-1967) a cui fu legato da una stretta amicizia ed a cui dedicò anche una silloge intitolata “Poesie per Camillo Sbarbaro”.

Come lo stesso Montale dichiara nel 1976 in “Confessioni di scrittori (Intervista con se stessi)”: «L’argomento della mia poesia […] è la condizione umana in sé considerata: non questo o quello avvenimento storico. Ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo; significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l’essenziale col transitorio […]. Avendo sentito fin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia

Filomena Gagliardi nella recensione del libro “Satura” (Mondadori) scrive: “In generale, quella di Montale è una poesia dell’oggetto, della concretezza, anche nel senso che essa stessa può diventare oggetto da dare in dono. L’unico modo per rendere vivo qualcuno che è morto è porgergli oggetti votivi: e quale oggetto votivo merita più della poesia? E così, paradossalmente e malgrado le intenzioni dello scrittore genovese, la poesia torna centrale: non sarà certo l’assoluto, ma è il meglio che si possa dare. […] Leggete più Montale e amatevi di più, con complicità e con ironia, ma in modo intenso e meta-fisico, oltre i difetti, oltre le piccole brutture, oltre le mille contraddizioni. Satura, del resto, indicava anche l’insieme degli argomenti vari insiti nel genere satirico: tutta la poesia, però, può aspirare a cogliere le innumerevoli sfumature possibili del reale!”

 

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