“Il sentiero dei nidi di ragno” di Italo Calvino: la concezione dell’agire nella Storia
Come lettura per questo inverno propongo “Il sentiero dei nidi di ragno”, primo romanzo di Italo Calvino, del quale, peraltro, quest’anno ricorre il centenario della nascita, pubblicato da Einaudi nel 1947 e qui riproposto nell’edizione Mondadori del 2022.
È ambientato in Liguria, durante la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza partigiana. Ci si potrà domandare perché io abbia scelto una storia così datata. Semplice: Perché Calvino, dal grande classico che è, riesce a catturare istinti cronologicamente universali.
E lo fa scegliendo di raccontare la guerra attraverso gli occhi di un bambino, il protagonista Pin, che si barcamena tra la ricerca d’approvazione e complicità di adulti e coetanei, faticando a inserirsi nella schiera degli uni e degli altri.
Ha già a malincuore compreso che violenza e sesso, Eros e Thanatos, sono nodi centrali nelle esistenze mature.
«Pin è un ragazzo che non sa giocare, che non sa prendere parte ai giochi né dei grandi né dei ragazzi».
Un’immagine, richiamante il titolo del libro, evoca la tenerezza che pervade la narrazione, che tuttavia si snoda attraverso un linguaggio e un ritmo briosi che la alleggeriscono, rendendola gustosa e fruibile.
«Un posto c’è, dove fanno il nido i ragni, e solo Pin lo sa, ed è l’unico in tutta la vallata, forse in tutta la regione: mai nessun ragazzo ha saputo di ragni che facciano il Nido, tranne Pin. Forse un giorno Pin troverà un amico, un vero amico, che capisca e che si possa capire, e allora a quello, solo a quello, mostrerà il posto delle tane dei ragni.»
Effettivamente Pin riconoscerà in Cugino un amico leale, vista la corrispondenza tra la sua puerilità adulta e l’adultità bambina di quegli: due anime gemelle, nella costellazione di personaggi variegati, ciascuno proiettante nella propria partecipazione alla guerra il suo furore personale, il suo conto non pareggiato con la vita: dalla sorella prostituta divenuta proverbiale, la “Nera di Carrugio Lungo”, a Lupo Rosso, a Pietromagro, A Pelle, al Dritto, alla Giglia… fino ad arrivare al dedicatario dell’opera, il commissario Kim, ispirato al capo partigiano Ivar Oddone, conosciuto da Calvino durante la guerra: incarna la riflessione dello stesso Calvino sui conflitti bellici, letti attraverso gli occhi consapevoli di chi aspiri a decifrare la natura umana.
Un romanzo, dunque, di inaspettata attualità, come nella riflessione del piccolo, saggio Pin: «Le bestie sono esseri mostruosi e incomprensibili come gli uomini».
È uno scritto a cui Calvino affida la propria concezione dell’agire-nella-Storia, dando voce ai propri pensieri a mezzo dei suoi personaggi:
«Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano».
Tutt’altro dal nostro odierno astensionismo dei “ci penserà qualcun altro”: qualora ci stessimo chiedendo quale differenza passi tra l’Italia che fu e quella contemporanea, “Il sentiero dei nidi di ragno” di porge un’eloquente risposta.
Written by Barbara Orlacchio