“Borgo Sud” di Donatella di Pietrantonio: un’eredità di parole non dette

Alcuni mesi fa ho recensito “L’Arminuta”, romanzo di Donatella di Pietrantonio di cui è stata realizzata anche una bella trasposizione cinematografica.

Borgo Sud di Donatella di Pietrantonio
Borgo Sud di Donatella di Pietrantonio

In una delle mie sortite in libreria ho adocchiato il suo conseguente logico-cronologico, Borgo Sud”, edito da Einaudi, secondo posto all’edizione 2021 del Premio Strega e che potrebbe presto tradursi anch’esso nel linguaggio audio-visivo: non ho saputo resistere e l’ho acquistato.

Il romanzo traccia le vicende dell’Arminuta da adulta e di sua sorella Adriana, il duo di donne che si muove sullo sfondo di un Abruzzo popolare, l’una cercando un riscatto discreto e convenzionale alla sua esistenza divisa a metà tra due famiglie, l’altra gridando la sua protesta a una vita che non le dà abbastanza o che, comunque, vuole assaporare in una modalità talora improntata a un’eccessiva veemenza.

In un continuo gioco temporale di analessi e prolessi, flussi e riflussi di coscienza, col consueto incedere cinematografico Donatella di Pietrantonio ci trasporta attraverso il matrimonio con sorpresa annessa della protagonista, le bizzarrie comportamentali e relazionali di sua sorella, nella saldatura di due esseri così distanti eppure così vincolati, negli scenari abruzzesi che io conosco e che mi sembra di respirare.

Così la protagonista sul proprio rapporto con Adriana:

“Sono tornata ogni estate, per le vacanze di Natale, e non ho visto niente. Era un tempo troppo breve per cogliere la verità su mia sorella. Ci raccontavamo il meglio delle nostre vite, come si fa quando si è distanti.

Sfido chiunque a non riconoscersi in quest’ultima affermazione.

Lo stile della Pietrantonio potrà sembrare molto descrittivo, come in una successione di fotogrammi secondo i dettami contemporanei della narrativa: tuttavia non mancano riflessioni accuratissime del personaggio parlante su di sé e sull’universo di vite che gli gira intorno, facilmente fruibili per consonanza dal lettore.

Inoltre, la scrittrice fa un uso molto convincente delle metafore, riuscendo a rendere le immagini che costruisce con una suggestione pittorica.

Particolarmente convincente la divaricazione tra la crudezza della materfamilias e la capacità della figlia di vivere in maniera differente la propria maternità, nella coerenza di un je accuse sottinteso ma non troppo.

Ancora una volta consiglio di collocare l’autrice tra i “must” della propria biblioteca.

Un ulteriore estratto, che ce ne faccia assaporare le atmosfere:

Donatella Di Pietrantonio - Photo by SkyTG24
Donatella Di Pietrantonio – Photo by SkyTG24

“Nostra madre era già accanto a suo figlio, quando Adriana è entrata al camposanto. L’ha annunciata un brusio di disapprovazione, e Piero che mi toccava il braccio. Durante la veglia la domanda su di lei era circolata di bocca in bocca: quell’altra dove sta?

Il gruppo dei paesani si è aperto per lasciarla passare, mi è arrivata vicino insieme a un soffio di vento mentre l’operaio del Comune murava il loculo.

… i singhiozzi scuotevano le costole di Adriana. Piangeva di rabbia sull’occasione perduta, sulla sua superficialità. Non aveva creduto alla malattia di nostra madre. Erano bagnate di lacrime e muco le mani che l’avevano picchiata.

Con mia sorella ho spartito un’eredità di parole non dette, gesti omessi, cure negate. E rare, improvvise attenzioni. Siamo state figlie di nessuna madre. Siamo ancora, come sempre, due scappate di casa.”

 

Written by Barbara Orlacchio

 

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