“Kill Creek” di Scott Thomas: la casa infestata ed il potere evocativo della parola

Nel genere horror, nella ghost story, una situazione classica lega a un fatto cruento la presenza dell’elemento soprannaturale in un luogo, quasi che il sangue sancisca un patto tra il mondo visibile e quello invisibile, per una corruzione endogena.

Kill Creek di Scott Thomas
Kill Creek di Scott Thomas

Kill Creek (Rizzoli, 2019, pp. 505, trad. di Roberto Serrai) è un romanzo horror con venature gotiche in cui Scott Thomas riscrive il τόπος della casa infestata attribuendo la genesi del Male al potere evocativo della parola.

Kill Creek è strutturato su due filoni: il soprannaturale orrorifico, con forti implicazioni psicologiche, e la potenza della scrittura, secondo una prospettiva metaletteraria.

Nel 1859 Joshua Goodman costruisce una casa monumentale nel verde cuore del Kansas; lì trascorre anni sereni con la propria donna, una schiava liberata. Una notte la coppia viene assassinata e la dimora sul torrente Kill Creek resta vuota e spettrale. Si vocifera che fenomeni inquietanti accadano tra quelle mura e che strane luci facciano capolino dalle finestre buie. Poi su di essa cade il silenzio.

Nel 1975 le sorelle Finch, Rachel e Rebecca, costretta su una sedia a rotelle, vi si stabiliscono. Sopravvissuta alla gemella, Rachel apre le porte della casa al dottor Malcom Adudel, un parapsicologo che scrive un bestseller sui fenomeni cui avrebbe assistito durante la sua permanenza a Kill Creek, la quale viene di nuovo dimenticata alla morte della proprietaria.

Anni dopo, quattro celebri autori di romanzi horror vengono invitati a trascorrervi la notte di Halloween per una trovata pubblicitaria. Sam McGarver, T.C. Moore, Daniel Slaughter e Sebastian Cole, acclamati maestri del macabro accomunati da un pesante bagaglio di dolore, si ritroveranno a lottare per la sopravvivenza. L’entità che hanno risvegliato li segue, li tormenta, li perseguita fino a farli diventare parte della efferata eredità di Kill Creek.

Durante la sua gestazione, la casa non è un feto malvagio nutrito da un terreno blasfemo, non nasce con un corredo genetico maledetto che la condanna a un destino di sangue. Viene invece costruita con passione e dedizione e per anni respira un amore assoluto, incosciente, nella sua purezza, di non poter sopravvivere in un mondo in cui bianchi e neri, liberi e schiavi, non appartengono alla stessa famiglia umana. Così quella che era sembrata una fiaba diventa tragedia e quell’Eden si corrompe in inferno. Il sangue versato dalla coppia inaridisce la terra, prosciuga il torrente, offre linfa velenosa alla vegetazione e attira sulla casa sussurri, poi voci, poi una leggenda nera.

Kill Creek di Scott Thomas - Photo by Tiziana Topa
Kill Creek di Scott Thomas – Photo by Tiziana Topa

Il nome sinistro di Kill Creek finisce per evocare terrori ancestrali; su questo humus un’entità malvagia stabilisce la sua dimora. La casa è di una bellezza quasi soprannaturale; sembra impossibile che sia stata costruita da mani umane e per di più di un solo uomo. I dèmoni, per sedurre, assumono splendide fattezze; allo stesso modo essa attira nel tempo nuovi inquilini ma nessuno si sente accolto. Bella e fredda, bella e ostile, essa respira, ascolta, parla e pulsa di vita sotterranea. Le sorelle Finch la riportano agli antichi fasti ma è proprio con loro che la rinnovata stagione d’oro si consacra come trionfo del Male. Esse sono viste come streghe e, in effetti, sono le vestali che custodiscono il sacro fuoco grazie al quale la casa può continuare a vivere. La legna che va arsa in quel braciere è la memoria: finché sarà ricordata, Kill Creek godrà buona salute ma qualora cadesse nell’oblio la morte sarebbe inevitabile. Rachel ha capito che verba volant, scripta manent; le parole hanno dato alla casa un cuore pulsante e un’anima, sia pure malvagia, ma sono le parole scritte a renderla immortale. Con il libro di Adudel essa viene incoronata ufficialmente come porta per arrivare oltre e viene conosciuta e chiamata per nome in tutti gli stati del Paese.

“La casa restava dormiente per lunghi periodi, come un cancro in remissione, aspettando che il suo nome tornasse a far parte dell’immaginario collettivo, perché il suo potere potesse spingersi al di là dei confini della proprietà.

Tuttavia anche i romanzi più popolari, dopo aver cavalcato l’onda del successo, vengono messi da parte e, insieme all’eco dell’opera di Adudel, anche quella della casa si affievolisce. Il respiro di Kill Creek è impercettibile, il battito debole ma essa non è ancora cadavere e può essere rianimata. La casa è un’entità vivente dotata di intelligenza, pertanto mette in atto una strategia per attirare a sé chi ha il potere di rinnovarne la memoria e quindi di rinvigorirla. Tesse dunque una ragnatela che va ad avviluppare i quattro scrittori, i quali assurgono al ruolo di cantori della vita che si annida silenziosa in ogni mattone, in ogni asse di legno.

Con astuzia diabolica, la casa si mostra mite nell’unica notte che essi trascorrono tra quelle mura di cui tanto si favoleggia: nulla accade. Nulla sembra accadere. Ma il ragno è paziente e continua a tessere; in poche ore il gruppo ha respirato un’aria viziata da un virus perverso che li ha infettati. Il germe del Male si è insediato nelle menti di tutti e quattro, la malattia avanza e ne prende possesso, soffocando la razionalità. Nelle loro case, essi sono ostaggio della casa che li imprigiona tra le spire di un disturbo ossessivo compulsivo per cui non possono fare altro che scrivere. Scrivere di lei.

Scott Thomas
Scott Thomas

Fiumi di parole, frasi, pagine, migliaia di pagine, si compongono quasi da sé. Le dita che battono sui tasti obbediscono a un’ispirazione che soffia nelle orecchie, sfiora il cervello ma viene da altrove e da qualcun altro. La voce silenziosa che eccita il furor creativo appartiene alla casa che canta sé stessa attraverso quattro scrittori i quali, pur nell’assoluta difformità dello stile, stanno scrivendo lo stesso romanzo.

È una Musa tiranna perché esige da loro un impegno forsennato; non concede tregua perché, se essi tentano di riprendere fiato, eccola aggredirli e riportarli a quella notte, nelle stanze in cui nulla successe eppure tutto successe. Ed è un ritorno insopportabile per cui essi devono continuare a scrivere, sempre a ritmi vorticosi. Ricatto? Vendetta? Minaccia? Sembra dire loro che non possono sfuggirle, che è inutile cercare di scappare, tanto li troverà ovunque perché ormai le appartengono.

 

Written by Tiziana Topa

 

 

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