“Munch – Amori, fantasmi e donne vampiro” docufilm di Michele Mally: emblema dell’angoscia dell’uomo moderno
“Malattia e pazzia furono gli angeli custodi della mia culla.” – Edvard Munch

Nei giorni 7, 8 e 9 novembre 2022 il cinema si prepara a omaggiare Edvard Munch, grande artista.
È la Nexo Digital, su di un suo progetto esclusivo e originale, come già accaduto per altre figure del mondo dell’arte, a dedicare al pittore norvegese il docufilm Munch – Amori, fantasmi e donne vampiro, a firma del regista Michele Mally, autore anche della sceneggiatura in collaborazione con Arianna Marelli.
Il pregio del docufilm sta, innanzitutto, nel raccontare la personalità e l’arte di Munch da una prospettiva diversa da quella conosciuta. Che vede la vita del pittore norvegese scandagliata da un punto di vista inedito.
Definire Edvard Munch personaggio oltre gli schemi convenzionali è cosa fin troppo ovvia: a raccontare di lui è la sua singolare esistenza. Ed è proprio su ciò, oltre che sul suo universo espressivo, che la Nexo Digital pone l’accento con ampia ricchezza di dettagli, grazie anche all’intervento di addetti ai lavori, tutti altamente qualificati.
Ed è tramite la ricostruzione di fatti che hanno visto il celebre esponente assurgere a simbolo di un’arte dai connotati particolari, che viene narrato il suo percorso di vita: certamente non stereotipato. Per l’appunto, fuori dagli schemi tradizionali.
Pittore dal fascino misterioso, a parlare per lui è soprattutto il suo più famoso dipinto: Urlo, diventato icona dei nostri tempi.
Emblema dell’angoscia dell’uomo moderno, in cui il protagonista raffigurato nella scena dà voce al proprio malessere interiore con un grido sordo guardando nella propria interiorità, e non trovando nulla se non disperazione. La stessa, quasi certamente avvertita dal pittore. Da leggersi perciò, come una rappresentazione pittorica a carattere autobiografico.
“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad una palizzata…”

A dare inizio al docufilm in un viaggio che ha visto Munch protagonista del suo tempo è la presenza dell’attrice Ingrid Bolsø Berdal, la quale intrattiene alcuni bambini leggendo loro una favola: il gruppo è inserito nel paesaggio del Grande Nord dove Munch ha visto la luce nel 1863.
L’esistenza di Munch è stata segnata in negativo da eventi di cui è stato protagonista fin da giovanissimo.
Figlio di un medico, assiste alla sofferenza, fisica e mentale, dei pazienti del proprio padre, con la conseguente marginalità da cui spesso i malati sono inglobati. A fare di lui una persona fragile è la morte della propria madre, della giovane sorella Sophie, cui ha dedicato un drammatico quanto esemplificativo dipinto, e la crescente depressione del proprio padre.
Gli 80 anni vissuti da Munch, che morirà nel 1944, sono stati per lui un doloroso travaglio che ha condizionato la sua arte ma soprattutto la sua esistenza, insidiata da importanti problemi psichiatrici, oltre che da alcolismo e solitudine.
Anche perché pervaso da persistenti sensazioni negative e animato da sensazioni di inadeguatezza, quelle che il filosofo Søren Kierkegaard definisce il sentimento dell’angoscia.
Ed è attraverso il suo universo artistico che Edvard Munch ha cercato di declinare il proprio malessere esistenziale, rappresentando trasfigurazioni proprie di alcuni stati d’animo ossessivi.
Figura di riferimento per i successivi movimenti artistici, l’Espressionismo in primis, l’evoluzione artistica di Munch ha dato voce alla condizione esistenziale dell’uomo moderno e dei suoi affanni, causati anche delle contraddizioni insite nelle società di stampo borghese.
Anche la raffigurazione, in alcune delle sue opere, di vagabondi e prostitute, tramite la tecnica dell’incisione o con vignette, sono al contempo la rappresentazione plastica e la critica di una società che elude gli emarginati.
“Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura… E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura” – Edvard Munch

Di Munch, inoltre, non si può dimenticare l’approccio fotografico sperimentato accanto ad altre tecniche; mezzo attraverso cui immortala sia i malati all’interno di cliniche come le infermiere impegnate nella cura dei malati in istantanee realizzate con anomalie artistiche. Ricche di effetti sfuocati e velature create volutamente tanto da rappresentare figure ‘mosse’.
Munch sarà anche un viaggiatore, dai cui soggiorni trae alcune linee guida, soprattutto inerenti all’uso del colore, da imprimere alla sua arte: dalla linea curva propria dell’Art Nouveau alla pittura simbolista.
È il 1885 quando visita Parigi per la prima volta; ad esercitare su di lui grande fascino sono Degas, Toulouse Lautrec e Van Gogh, ma fonte di ispirazione è soprattutto l’arte di Paul Gauguin per i suoi accordi cromatici.
A Parigi, il pittore ha occasione di visitare una mostra dedicata ai Maya: i volti scavati di alcuni teschi mostrati nell’esposizione saranno per lui suggerimenti per alcuni dei suoi dipinti.
Munch, inoltre, fa esperienze da bohémien da prima a Christiania (oggi Oslo) e poi a Berlino negli anni che vanno dal 1892 al 1908, dove incontra il drammaturgo August Strindberg con cui stringe amicizia, mentre inizia la frequentazione di intellettuali che fanno uso di cocaina. Sempre a Berlino imbastisce legami con figure femminili con cui però ha difficoltà a relazionarsi.
Le donne saranno per lui ‘donne vampiro’, così come riportato nel titolo del docufilm Munch, amori, fantasmi e donne vampiro, figure che lo attraggono e al contempo lo spaventano.
Berlino, fin da subito, gli riconosce un talento inedito, tanto che gli viene destinata una mostra, che purtroppo viene censurata perché dichiaratamente scabrosa non soltanto per le opere esibite: sono anche le tecniche pittoriche di cui il norvegese ha fatto uso a suscitare scandalo. Ovvero, una pittura dai toni piatti, dove sono ben visibili le setole del pennello e la mano dell’autore del dipinto.
Infine, il suo stile di vita errabondo e dedito all’alcool porta Edvard Munch verso un crollo nervoso in seguito al quale viene internato in una casa di cura: è il 1908.
Gli artisti, come risaputo, e ben evidenziato dall’intervento del Direttore del Museo Munch, sono spesso in contrapposizione al loro tempo, e Munch non sconfessa davvero questo modo di concepire la figura dell’artista. Ma la sua pittura non è soltanto da considerarsi un andare contro canoni tradizionali, perché si offre ad una lettura diversa, da interpretarsi cioè come una richiesta di aiuto e di salvezza dal male di vivere alloggiati in lui.
“Non dipingo ciò che vedo, ma ciò che ho visto”. – Edvard Munch

Un documentario, Munch, amori, fantasmi e donne vampiro di ampia valenza culturale, che offre allo spettatore una visione non soltanto dell’arte di Munch, ma vuole essere anche un’esplorazione rivolta alla sua mente, per tentare di far luce sulle problematiche appartenenti ad un maestro che ha avuto un importante impatto artistico su coloro che gli sono succeduti.
Ed è in nome del valore artistico riconosciuto universalmente a Munch che Oslo, sua città natale, ha inaugurato nel 2021 il nuovo Museo Munch, che ospita il patrimonio donato dall’artista alla sua città. Che consta di 28mila opere tra dipinti, disegni, stampe, bozze, quaderni ed esperimenti fotografici e cinematografici. Un patrimonio che offre un quadro d’insieme del pittore norvegese, ma è anche un percorso esplorativo nella sua mente abitata spesso da fantasmi con cui non riuscì a confrontarsi.
Ma che non è solo un viaggio nella vita di Munch, perché protagonista del film è anche la sua Norvegia illustrata attraverso i suggestivi quanto spettacolari paesaggi nordici.
Ancora, Munch, amori, fantasmi e donne vampiro è accompagnato da interventi di vero pregio, che vanno dal direttore dello Strindbergmuseunm di Stoccolma al curatore del Nationalmuseum, al Direttore del dipartimento mostre e collezione del Museo Munch di Oslo, alla curatrice del Britsh Museum Giulia Bartrum, affiancati da altri nomi illustri.
A guidare la visione di un documentario d’eccezione sono inoltre le musiche originali del compositore Maximilien Zaganelli, già autore di altri docufilm prodotti sempre da Nexo Digital.
“In generale l’arte nasce dal desiderio dell’individuo di rivelarsi all’altro. Io non credo in un’arte che non nasce da una forza, spinta dal desiderio di un essere di aprire il suo cuore. Ogni forma d’arte, di letteratura, di musica deve nascere nel sangue del nostro cuore. L’arte è il sangue del nostro cuore” – Edvard Munch
Written by Carolina Colombi
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