“Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway: l’epilogo di una vita
Ernest Hemingway nacque a Oak Park il 21 luglio 1899.

Il suo grande merito consiste nell’abilità di aver conferito una valenza mitica alle sue opere senza però disconoscere la componente oggettiva che si traduce in una tendenza all’aderenza realistica.
Il suo stile asciutto è esemplificativo della volontà di avvalersi della semplicità sintattica del parlato quotidiano.
Tuttavia dietro la parvenza del realismo si celano tutte le caratteristiche tipiche del romanzo modernista, caratteristiche queste intrise di immediatezza quasi giornalistica e di realismo locale.
Il protagonista del suo indiscusso capolavoro, “Il vecchio e il mare”, (scritto nel 1951, pubblicato sulla rivista Life nel 1952, ultima grande opera narrativa pubblicata in vita, fu premiata nel 1953 col Premio Pulitzer e gli conferì il Premio Nobel per la letteratura nel 1954) è Santiago, un vecchio pescatore che non riesce a pescare un pesce da ottantaquattro giorni.
Questa inadempienza lo ha reso nell’immaginario collettivo, inetto e sfortunato.
L’ottantacinquesimo giorno, Santiago esce in mare da solo e un enorme pesce abbocca alla sua lenza: il vecchio pescatore dovrà combattere tre giorni e due notti per riuscire a portarlo a riva.
“La lenza si alzò lentamente e regolarmente e poi la superficie dell’oceano si sollevò davanti alla barca e il pesce uscì. Uscì senza fine e l’acqua gli ricadde dai fianchi. Era lucente nel sole e la testa e la schiena erano di un rosso scuro e nel sole le strisce sui fianchi apparivano larghe, di un lavanda leggero. La spada era lunga come una mazza da baseball e appuntita come un’alabarda e il pesce si alzò in tutta la sua lunghezza dall’acqua e poi vi rientrò, dolcemente, come in un tuffo, e il vecchio vide la grande lama falcata della coda andare sott’acqua e la lenza incominciò a filare. «È mezzo metro più lungo della barca»”
La pesca si traduce in una lotta interiore, una dicotomia tra forza fisica e forza di volontà.
Anzi il pesce diviene l’alter ego di Santiago, in quanto gode del suo stesso istinto di sopravvivenza trasformando questa diatriba in una lotta ad armi pari: tra loro intercorre un rapporto di reciprocità per cui a divenire la preda è talvolta lo stesso pescatore.
“La pesca mi uccide proprio come mi dà da vivere”.
Teatro degli eventi è il mare, che diviene componente di contrasto ma al contempo di fratellanza tra Santiago ed il pesce.
Esso impersonifica la dimensione atavicamente legata al protagonista, l’unica in cui Santiago si sappia muovere e l’unica che abbia comportato gli eventi drammatici della sua esistenza. Con il mare si stabilisce un legame indissolubile che determina il totale assoggettamento e la devozione del protagonista.

“Guardò il mare e capì fino a che punto era solo, adesso. Ma vedeva i prismi nell’acqua scura profonda, e la lenza tesa in avanti e la strana ondulazione della bonaccia. Le nuvole ora si stavano formando sotto l’aliseo e guardando davanti a sé vide un branco di anatre selvatiche stagliarsi nel cielo sull’acqua, poi appannarsi, poi stagliarsi di nuovo; e capì che nessuno era mai solo sul mare.”
Santiago rappresenta l’uomo che si rivolta al proprio destino, destino denso di povertà, di vecchiaia, di sorte malevola, trovando dentro di sé la giustificazione di tutta una vita.
“L’uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto.”
Nelle opere di Hemingway si profila dunque il modello di un’immagine virile che si erge al di sopra della drammaticità degli eventi: l’eroe che converte la propria sconfitta in una vittoria dell’animo.
Written by Manuela Muscetta
Bibliografia
Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare, Mondadori