“La guerra dei trent’anni. 1992-2022” di Filippo Facci: Mani pulite, collusioni fra politica e mondo dell’imprenditoria
“Il palcoscenico milanese era aperto a strapiombo sulla spettacolare vallata degli anni novanta, e qualche teatrante si ritrovò per le ultime cene…”
In oltre 700 pagine, il giornalista e scrittore Filippo Facci traccia una linea dei fatti che hanno visto il paese Italia attraversato da sconvolgimenti che ne hanno cambiato l’assetto politico.
Sono gli anni di Mani pulite quelli che l’autore racconta nel volume La guerra dei trent’anni pubblicato nel 2022 da Marsilio editore. Anni, animati da un fervore che faceva pensare a un cambiamento rivolto a dare un diverso ordine al paese.
“Quello che era degenerato. A Milano, come nel resto d’Italia, era un sistema che ormai suscitava ribrezzo: non c’era più un solo appalto che non dovesse sovvenzionare la politica in quote prestabilite…”
Oggi, 2022, trascorsi trent’anni da quella stagione, secondo Facci, il fenomeno di Mani pulite non ha avuto gli esiti positivi che aveva promesso. E neppure si può quantificare la cifra politica del riverbero che ha avuto sugli eventi e sui tempi a venire. Ed è con un breve salto nel passato, per sommi capi, che è importante ricordare quel periodo storico.
Era il febbraio del 1992 quando un’inchiesta giudiziaria partita dalla Procura di Milano, poi in sinergia con altre Procure, apriva un fascicolo volto a indagare su collusioni fra politica e mondo dell’imprenditoria, basate su un sistema di corruzione diffusa.
Il primo eccellente arresto fu di un esponente di primo piano, colto in flagranza di reato, del PSI milanese. Episodio che dichiarava la crisi della politica; che venne ulteriormente indebolita da altri arresti e avvisi di garanzia atti a scoperchiare una pentola in ebollizione.
Il malcostume che venne alla luce scoprì che i soldi entrati nelle casse dei partiti erano illeciti, con una corruzione dilagante estesa a molti settori delle istituzioni, e giustificata, da parte dei corrotti, da esigenze politiche. Motivo, che vide la politica tutta, e ovviamente i partiti che la rappresentavano, essere travolta da uno tsunami di enorme portata.
A seguire, fu un’ondata di indignazione generale a sancire la fine della cosiddetta Prima Repubblica, le cui conseguenze furono davvero drammatiche. Con alcuni personaggi, accusati di prendere tangenti per scopi personali, che arrivarono a togliersi la vita.
Ovviamente, gran parte dell’opinione pubblica fu coinvolta e sorpresa dai fatti, e con proteste più o meno accese si schierò apertamente dalla parte delle Procure. Anche perché i partiti godevano già di un finanziamento, quello pubblico, che sembrava non essere stato sufficiente a coprire attività elettorali, se in molti erano dovuti ricorrere a ‘mazzette’ da parte di privati.
Nell’aprile del 1992 una tornata elettorale sancì la nascita di un nuovo governo, che uscì dalle urne con una formula quadripartitica dando vita alla Seconda Repubblica.
Il tutto, consumandosi in un’altissima tensione politica, tanto che si fece fatica ad eleggere un nuovo Capo dello Stato; fu Luigi Scalfaro a succedere al Quirinale ad Azeglio Ciampi. Che, a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio reclamò una persona dal volto pulito e dalle credenziali specchiate.
“L’Italia dei primi anni Novanta era avvolta da una crisi economica latente, dove. Le conflittualità sociali erano comunque già esasperate…”
Sul fenomeno, battezzato dalla stampa Mani pulite, sono stati scritti molti libri, con interpretazioni fra le più svariate che si possa immaginare.
Nel suo imponente e certosino lavoro, Filippo Facci non fa un’apologia di quegli anni, a differenza di altri improvvisati difensori, e il suo libro neppure vuole essere un’accusa rivolta alla magistratura.
Il saggio La guerra dei trent’anni è una lucida cronaca di una stagione che ha visto un ‘tintinnio di manette’ intrecciarsi a suoi fatti personali di cui l’autore dà conto.
Concentrandosi soprattutto sul 1992, 1993 e 1994, tre anni durante i quali il giovane cronista di allora seguì con passione giornalistica l’evolversi degli eventi.
È quasi un ‘diario’ quello steso da Facci tramite il suo libro, un affresco all’interno del quale traccia l’origine di una rivoluzione che si è poi rivelata fallimentare.
E lo ha fatto seguendo le tracce lasciate, analizzando il fenomeno e la sua genesi, o almeno la versione impacchettata e infiocchettata proposta all’opinione pubblica.
Mani pulite è stata una realtà fittizia studiata ad hoc per nascondere altri e gravi problemi che in quel momento storico assillavano il Paese?
Era soltanto una diceria che l’Italia fosse in fallimento a causa dei soldi rubati dai politici?
Molto è stato detto e raccontato a proposito dei fatti; qualcuno è arrivato a sostenere che dietro a tutto ci fosse un complotto. Ma per mano di chi? E a quale scopo?
È stata una rivoluzione giudiziaria o soltanto un gioco della politica per oscurare esponenti dei partiti presenti sull’allora scena politica?
È cambiato qualcosa rispetto al periodo precedente oppure è stata una stagione di un illusorio cambiamento?
A questo e ad altri interrogativi il giornalista risponde in maniera esaustiva nel suo corposo saggio. Raccontando delle sue prime esperienze di giovane cronista quando, con impegno e passione giornalistica ha seguito il terremoto che ha investito gli anni Novanta, grazie a una testimonianza lucida di eventi, che hanno segnato un’epoca, intrecciandosi a un suo racconto privato.
Eventi che hanno poi avuto risvolti inaspettati, che poi amplificati mediaticamente, come sottolineato dall’autore, hanno aperto la strada alla cosiddetta antipolitica di cui oggi si assiste l’evoluzione.
È una storia diversa da altre già raccontate quella di cui Facci dà conto; forse più vicina alla realtà dei fatti, che non quella data in pasto all’opinione pubblica dell’epoca. Una storia narrata senza alcuna forma di ‘ipocrisia’, la quale offre al lettore un affresco non certo edificante della politica.
È infine una domanda quella che si fa l’autore, a pesare più di altre al fine di chiarire il fenomeno: valeva la pena di buttare all’aria il mondo già esistente per cascare in quello attuale?
Secondo la sua personale interpretazione Facci afferma che quello non fu un momento di rottura; il cambiamento che si chiedeva da più parti non c’è stato. Non dunque una forma di trasformismo, che di questo neppure ha visto neppure l’ombra. Ma un fenomeno sfruttato ad uso e consumo da nuovi gruppi della politica che hanno cavalcato l’onda trasformista, al fine di entrare nei palazzi del potere, di cui poi hanno fatto parte, diventando anch’essi corrotti e corruttori.
Secondo Bettino Craxi, all’epoca segretario del PSI, il fenomeno Mani pulite è stato ‘un esorcismo’, che avrebbe dovuto liberare l’Italia dal malaffare e della malapolitica.
In definitiva, secondo l’autore di La guerra dei trent’anni, non si può dare altro che un giudizio negativo del fenomeno Mani pulite, schiacciato sotto una forma di giustizialismo, che ha visto inchieste inique durante il quale tutti accusavano tutti.
“Secondo i giudici, insomma, Andreotti chiese aiuto alla mafia per salvare Aldo Moro prigioniero delle Br.”
Libro indubbiamente originale, in cui le vicende di Mani pulite, a un certo punto della narrazione, si intrecciano con eventi di matrice mafiosa, quali le stragi di Capaci e di via D’Amelio in cui hanno perso la vita i giudici Falcone e Borsellino. Ma quella è un’altra storia che merita un ben più dettagliato approfondimento.
“Intanto passano gli anni e Cosa nostra cambia profondamente: i ferocissimi Corleonesi di Riina spazzano via tutti gli altri e però rimangono convinti che Andreotti resti un personaggio avvicinabile. Quando capiranno che non è così, per loro sarà troppo tardi.”
Written by Carolina Colombi
Info
Leggi l’intervista a Filippo Facci su MowMag