Beppe Fenoglio: la vita, i romanzi e la lotta partigiana
“Faccio una fatica nera, la più facile delle mie pagine esce spensierata da una decina di penosi rifacimenti.” – Beppe Fenoglio

Era il 1° marzo 1922 quando ad Alba (Cuneo) vedeva la luce Beppe Fenoglio, scrittore da omaggiare attraverso la memoria delle sue opere; appartenente alla corrente del Neorealismo, il suo apporto letterario è stato, ed è tuttora, significativo.
Il 1° marzo 2022, dunque, è la data in cui ricorre il centenario della nascita di un narratore che molto ha dato alla cultura del Novecento; e dichiarato, secondo fonti autorevoli, il più eminente e autentico rappresentante del Neorealismo italiano.
“Era sull’uscio scardinato, fronteggiando il freddo micidiale, il grande caos ventoso…” – da Il partigiano Johnny
Nato ad Alba, luogo dove trascorrerà l’intera esistenza, è proprio la città piemontese lo scenario di una delle opere più intense di Fenoglio durante la quale rievoca i giorni che hanno visto la città di Alba, seppur per un breve periodo, affrancata dall’occupazione nazifascista.
Una raccolta, I ventitré giorni della città di Alba, che si snoda in 12 episodi, descritti in modo realistico e crudo, della guerra partigiana e della liberazione di Alba.
È al liceo che Beppe Fenoglio ha occasione di approfondire le sue inclinazioni letterarie e filosofiche; incoraggiato da alcuni suoi insegnanti che gli daranno l’input per formarsi una coscienza antifascista.
Ma Fenoglio non è da celebrare soltanto come scrittore, ma anche come fine traduttore della lingua inglese, da sempre studiata con entusiasmo, per cui ha nutrito grande trasporto. Fino ad inserire espressioni in lingua in alcune delle sue opere, con accenni di bilinguismo in una mescolanza di italiano e inglese. Da riscontrarsi, per esempio, nella prima stesura di Milton, racconto lungo, scritto in inglese e poi tradotto in italiano.
Ed è proprio grazie all’ottima conoscenza dell’inglese, che durante la Resistenza lo scrittore svolge il ruolo di interprete e ufficiale di collegamento tra le forze alleate e il gruppo di partigiani cui appartiene.
Tuttavia, nonostante l’uso di espressioni inglesi, il linguaggio narrativo di Fenoglio è spesso vicino al dialetto, con un risultato molto efficace per descrivere situazioni dove la tensione dei personaggi diventa elemento prioritario nella narrazione.
Ed è talmente grande la passione per la cultura inglese, che insieme a Cesare Pavese, a Elio Vittorini e ad altri letterari, dell’America ne fa un mito.
“Al mattino si svegliò e le sue braccia congelate non riuscirono al primo colpo a sollevare il monte di fieno sotto il quale era giaciuto tutta la notte. Ripeté lo sforzo e poté vedere la lercia travatura del fienile ed il cielo…” – da Il partigiano Johnny
È il 1943 quando, richiamato alle armi, Beppe Fenoglio abbandona l’Università e la Facoltà di letteratura per rispondere a un appello che non sente come proprio.
Ma, all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, in seguito allo scioglimento del suo reparto di appartenenza e tornato alla propria terra d’origine si dà alla clandestinità, diventando partigiano nella formazione dei badogliani. Con partecipazione attiva alle operazioni militari per liberare la città di Alba.
Terminata la guerra trova impiego presso una società vinicola, attività che gli permette di dedicarsi alla scrittura in un suo personale stato di isolamento.
Ed è con rigore certosino, come un imperativo a cui non può dire di no, che si consacra alla narrativa partorendo opere considerate pietre miliari della letteratura.
Nonostante si leghi ad intellettuali del suo tempo, lo scrittore rimane però lontano dai dibattiti culturali, da lui considerati sterili.
Ampia parte delle sue opere saranno pubblicate postume, purtroppo, in quanto lo scrittore ama rivedere i suoi scritti a più riprese, consegnandoli alle stampe dopo un fine lavoro di cesellatura.
“Poi l’uomo volò il fossato verso la strada, disperatamente, e Johnny sparò tutto il caricatore e l’uomo cadde di schianto e rimase crocifisso sul selciato” – da Il partigiano Johnny
Romanzi e racconti, e ampia parte degli scritti di Beppe Fenoglio si fondano su due capisaldi: la sua partecipazione alla Resistenza e il mondo rurale delle Langhe. Che attraversano trasversalmente tutta la sua produzione e vengono trasposti nelle sue opere. Dove si evince una sorta di continuità, in quanto la sua narrativa affonda le radici nelle sue esperienze esistenziali, anche se nelle sue sperimentazioni non c’è alcun intento ciclico.
A proposito della tematica della Resistenza, in Fenoglio manca la dimensione celebrativa ed epica del fenomeno; nei suoi racconti, infatti, sono assenti toni grandiosi, ma presentando la tragedia della guerra, che toglie ogni dignità all’individuo, con un ritratto nudo e crudo.
Ed è senza alcun tipo di filtro che la sua esperienza personale diventa testimonianza storica.
Anche dell’ambientazione delle Langhe, suo luogo del cuore, Fenoglio dà una visione piuttosto austera e dolente. Come sperimentato da lui, la vita contadina è intessuta di rapporti umani difficili, spesso attraversati dalla violenza la cui causa è da ricercarsi soprattutto nella povertà.
A differenza di Cesare Pavese, suo conterraneo, che descrive la terra natìa avvolta da una mitica atmosfera capace di evocare struggenti ricordi infantili, in Fenoglio il mondo rurale è raccontato in modo intimo, in uno scavo che parte dall’interno della realtà contadina.
Un realismo, quello di Fenoglio, che spesso richiama alla mente quello di Giovanni Verga, dove, nella descrizione della realtà non c’è alcun segno di speranza.
“L’eccitazione e la grimness degli uomini era all’estremo, le loro menti tutte alluvionate di sangue…” – da Il partigiano Johnny
Pubblicato postumo nel 1968, nel romanzo Il partigiano Johnny, considerato uno dei suoi capolavori, la Resistenza è innalzata a una dimensione universale che porta il protagonista a misurarsi con se stesso e con le proprie debolezze, nonché con l’ostilità del mondo.
Il racconto è tutto incentrato sulla figura di uno studente che si unisce alle formazioni partigiane e si trova a vivere una realtà soltanto immaginata e idealizzata.
Testimone ed eroe al contempo di una lotta contro la storia, Johnny fa fatica a trovare i motivi che l’hanno portato a ribellarsi, gettandosi nella lotta in un’alternanza di azioni militari e ore di angoscia e solitudine; constatando infine la durezza della vita di montagna la quale mette in discussione la propria scelta. Spinto da un’emozione iniziale, l’esperienza di Johnny si trasforma in una prova che però lo rende forte. Perché il disagio e la sofferenza trovano una loro ragione d’essere nella liberazione della città di Alba.
È un racconto altamente incisivo quello con cui Fenoglio illustra debolezze e contraddizioni di un movimento partigiano definito troppo eterogeneo, speculare allo stato d’animo di Johnny, in preda a un caos interiore per la devastazione che vede intorno a sé.
Altro elemento che si evince dalla narrazione de Il partigiano Johnny è l’intrecciarsi del piano personale con quello collettivo.
“Johnny si coprì gli occhi alla miseria della giornata. Ed in quella tenebrosa pressione si concentrò e lottò per ottenere una piena, assoluta aloftness…” – da Il partigiano Johnny
Per Fenoglio la lingua vera è il dialetto, retaggio culturale del mondo contadino cui appartiene.

Nonostante l’amore manifestato per l’inglese, che rappresenta per lui la scoperta della letteratura inglese quale propria dimensione intellettuale che gli permette di alienarsi, quasi metafisicamente, dal fenomeno del fascismo provinciale da cui è circondato.
La lingua di Shakespeare e di Coleridge rappresenta per lui anche una rivincita interiore rispetto al suo ambiente d’origine.
“Lo spettacolo dell’8 settembre locale, la resa di una caserma con dentro un intero reggimento davanti a due autoblindo tedesche not entirely manned, la deportazione in Germania in vagoni piombati avevano convinto tutti, familiari ed hangers-on, che Johnny non sarebbe mai tornato” – da Il partigiano Johnny
Una questione privata è un racconto lungo incentrato sulla figura di Milton, studente universitario innamorato della cultura britannica, da cui un riferimento chiaramente autobiografico, dove la gelosia entra con forza nella narrazione. In un’atmosfera onirica, ricca di simbolismi linguistici, si sviluppa il racconto di un giovane nel momento in cui scopre che la ragazza di cui è innamorato è amica di Giorgio, un partigiano. Che verrà catturato dai fascisti. Ed è sul filo di azioni e gesti intrisi di generosità che Milton si presta a fare uno scambio fra il suo giovane antagonista e un prigioniero fascista.
È dunque una questione privata quella che dà vita a un racconto davvero memorabile e rimasto incompiuto. Anche in questo caso il tema della Resistenza non è mitizzato, ma viene raccontato in una narrazione volta a cogliere i gesti semplici della quotidianità, in assenza di eroismo o di spettacolarizzazione.
“Ma che ci vado a fare? Stanotte ero pazzo, certo deliravo per la febbre…” – da Una questione privata
La malora è racconto dolente di una famiglia contadina che per necessità cede uno dei propri figli. Ambientato nelle Langhe, la famiglia di cui si racconta è profondamente legata alla propria terra, che viene raccontata come una condanna e non un luogo idilliaco, e così descritta dall’io narrante, che è il protagonista. Sottoposta dal ‘padrone’ a soprusi e povertà, in uno stato prossimo alla schiavitù, è un triste racconto di costume, in cui lo sfruttamento della famiglia porta il giovane a tornare e lavorare la poca terra rimasta, convinto di riscattare la misera condizione familiare.
Dopo aver dato alla narrativa un contributo memorabile, Beppe Fenoglio si spegne alla giovane età di poco più di quarant’anni. È il 1963 quando lascia per sempre questo mondo, regalando ai suoi estimatori un’ampia eredità, dal valore testimoniale indiscutibile ancora oggi.
“Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano.” – da I ventitré giorni della città di Alba
Written by Carolina Colombi