“Il fanciullino” di Giovanni Pascoli: cogliere la verità celata dietro l’apparenza
Momento di congiuntura tra ‘800 e ‘900 è rappresentato dall’attività poetica di Giovanni Pascoli che incarna simultaneamente il ruolo dell’ultimo intellettuale classico ed al contempo del primo moderno.
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Antico e moderno si conciliano in lui in un connubio perfetto.
Questa duplice valenza si avverte nella stessa poetica del fanciullino: il fanciullino è sì facilmente riscontrabile in ogni uomo ma serba in sé una vocazione particolare, appannaggio esclusivo dei poeti che sono i soli degni e capaci di avvalersene.
Pubblicato nel 1876 sulla rivista fiorentina “Il Marzocco”, Il fanciullino si erge a discorso programmatico attraverso cui Pascoli disciplina i tratti connotativi della sua poetica: il fanciullino consiste in un particolare status, similare all’infanzia, che consente di cogliere la verità celata dietro l’apparenza e di individuare ciò che in età adulta viene tralasciato mediante percezioni intuitive e poco razionali che si sottraggono alla logica ordinaria.
Questa prospettiva confluisce in un particolare simbolismo teso alla rivelazione della verità segreta di cui il solo interprete è il poeta vate.
“È dentro noi un fanciullino che non solo ha brividi, come credeva Cebes Tebano che primo in sé lo scoperse, ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra, e dei due fanciulli che ruzzano e contendono tra loro, e, insieme sempre, temono sperano godono piangono, si sente un palpito solo, uno strillare e un guaire solo. Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. Il quale tintinnio segreto noi non udiamo distinto nell’età giovanile forse così come nella più matura, perché in quella occupati a litigare e perorare la causa della nostra vita, meno badiamo a quell’angolo d’anima d’onde esso risuona. E anche, egli, l’invisibile fanciullo, si perita vicino al giovane più che accanto all’uomo fatto e al vecchio, ché più dissimile a sé vede quello che questi. Il giovane in vero di rado e fuggevolmente si trattiene col fanciullo; ché ne sdegna la conversazione, come chi si vergogni d’un passato ancor troppo recente. Ma l’uomo riposato ama parlare con lui e udirne il chiacchiericcio e rispondergli a tono e grave; e l’armonia di quelle voci è assai dolce ad ascoltare, come d’un usignuolo che gorgheggi presso un ruscello che mormora.”
![Giovanni Pascoli](https://oubliettemagazine.com/wp-content/uploads/Giovanni-Pascoli-2-300x169.jpg)
Mediante la poetica del fanciullino Pascoli definisce le tre funzioni di cui la poesia, per ritenersi tale, dovrebbe godere:
La funzione conoscitiva che si rivela solo mediante l’intuizione;
La valenza simbolica del linguaggio che consente di disambiguare la realtà;
La funzione sociale della poesia che sottende un messaggio morale di comprensione reciproca.
Ne consegue come venga riscattata la funzione sociale del poeta che è con la sua poesia artefice di momenti di consolazione e pacificazione delle tensioni sociali.
“La poesia, in quanto è poesia, la poesia senza aggettivo, ha una suprema utilità morale e sociale.”
Written by Manuela Muscetta
Bibliografia
Giovanni Pascoli, Il fanciullino, Edizioni Nottetempo, 2012 (con un saggio di Giorgio Agamben)
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