“Angel – La vita, il romanzo” film di François Ozon: quel conflitto tra desiderio e realtà
“Non è possibile seguire due ore un film solo ironizzando su di lui…” – François Ozon, regista

Ispirato dal romanzo della scrittrice Elizabeth Taylor realizzato nel 1957 ed alla figura di Marie Corelli (poetessa e scrittrice inglese; Londra, 1º maggio 1855 – 21 aprile 1924), François Ozon, regista, ha tratto un film ascrivibile al genere drammatico, di titolo uguale al romanzo.
Quinta scenografica della pellicola è una cittadina della Gran Bretagna nei primi anni del Novecento che vede la protagonista, Angel Deverell interpretata dall’attrice Romola Garai, vivere con la propria madre, che gestisce una drogheria, in modeste condizioni economiche.
Di origini proletarie Angel ha però enormi ambizioni che la spingono a sognare di diventare una celebre artista. Anche se, almeno inizialmente, non è dato sapere come possa riuscire a realizzare tale obiettivo: non è dotata di istruzione e poco interessata a istruirsi. Nonostante sia in possesso di una fervida immaginazione che fa di lei una ragazza sui generis.
Orfana di padre, la vita di Angel è attraversata da quella che lei percepisce come una sorta di monotonia che non la soddisfa. Anzi, la rende piuttosto inquieta.
Alla giovane non garba la scialba quotidianità di cui sono fatte le sue giornate; il suo temperamento irrequieto ed eccentrico non le permette di apprezzare nulla di ciò che ha a sua disposizione.
Non appagata dalla mediocrità di cui sono pieni i suoi giorni, la ragazza vagheggia su di un futuro diverso, aiutata in questo dalla sua fervida fantasia immaginando di vivere a Paradise House, residenza signorile, presso cui ha prestato servizio sua zia, un tempo modello di sfarzo e poi caduta in rovina. Gli interessi culturali di Angel sono nulli ma la sua inventiva è vivace, tanto da manifestare ampio talento per la scrittura.
A riconoscere le potenzialità in quella giovane dall’aria scapestrata è Théo Gilbright (Sam Neill), editore che contravviene ai suggerimenti della propria moglie per dare spazio alla creatività di Angel e alle sue notevoli doti descrittive.
Tanto da portarne alla luce il talento e farne un’autrice di successo della narrativa popolare.
Fama e ricchezza arrivano ad Angel come un dono auspicato e neppure troppo atteso che le permette di riscattare le sue origini proletarie acquistando la proprietà di Paradise House e riportarla agli antichi splendori.
Tuttavia, nonostante la fama raggiunta, Angel non è soddisfatta. Qualcosa turba ancora la giovane Angel, solo apparentemente la sua vita è completa e gratificante; ma non abbastanza, perché vorrebbe vivere una storia d’amore che le dia completo appagamento.

Amore, che lei concepisce in una dimensione ideale, ma che sarà fonte di dolore. Che le si presenta sotto le spoglie di Esmè (Michael Fassbender), mediocre pittore bohémien squattrinato, fratello di Nora, segretaria di Angel.
Esmè è un uomo tenebroso e infelice, che poco o nulla può dare in termini sentimentali alla giovane scrittrice. Ma lei, caparbia, e soprattutto innamorata di Esmè, si dedica a lui con passione per sollevarlo dai suoi cupi stati d’animo.
L’uomo, però, vittima di una inquieta malinconia, non corrisponde alle aspettative di Angel: prima la tradisce e poi parte volontario per il fronte, pronto a combattere una guerra che non sente propria. È forse un espediente come un altro per allontanarsi da quella vita che gli va stretta? Si chiede lo spettatore che si trova ad assistere a un rovinoso declino di Angel.
È una gabbia dorata quella che Angel gli ha costruito intorno, da cui Esmè sente il bisogno di evadere. E lo fa, nonostante le urla e gli strilli di Angel che vorrebbe legare per sempre a sé il giovane. Che vede soffocata la propria identità dall’esclusiva relazione che lo lega ad Angel.
Per Esmè ci sarà un ritorno dalla guerra, ma nulla è cambiato rispetto a prima della sua partenza.
Nulla per lui è appagante, e per Angel, che sperava di ritrovare un Esmè affettuoso e innamorato nulla è edificante. Perché i sentimenti dell’uomo sono stati sepolti dagli eventi bellici, se mai Esmè ne ha provati prima di allora per la sua donna. Privo di una gamba, che gli è stata amputata per una grave ferita, Esmè è ormai un uomo devastato nel corpo e nell’anima.
Non è dunque il lieto fine che interviene a concludere una pellicola singolare realizzata con una brillante regia, rivisitata rispetto al romanzo, e che può offrire alcuni spunti di riflessione.
Seppur Angel – La vita, il romanzo è film realizzato non per illustrare problematiche di ordine sociale o politico, ma è narrazione di sentimenti e sulla difficoltà a riconoscerli, viverli e manifestarli in una sorta di normalità.
Per esempio, su quanto i desideri, talvolta, non siano appaganti anche se vengono esauditi. Forse, perché sono dei falsi scopi.
O ancora, che le ambizioni smisurate e aliene da un contesto di vita reale, se gestite malamente possano essere dannose.

Oppure, su come ottenere benefici grazie al talento, dono elargito ad Angel a piene mani da una natura benevola, affinché sia impiegato in maniera intelligente e non sia motivo di un’esistenza sventurata. Ma che sia fonte di benessere e appagamento psicologico innanzitutto. Opportunità queste di cui Angel si è mostrata non essere all’altezza, vuoi per caratterialità o per immaturità.
Inoltre, il film mette in luce il conflitto che può venire a crearsi tra il desiderio di appagamento fine a se stesso e lo scontro con una realtà diametralmente opposta.
Se la protagonista del film avesse gestito la sua creatività con più accortezza, incanalandola nei binari di una sorta di ordinarietà, forse il suo legame con Esmè avrebbe avuto un esito diverso.
E la vita di entrambi avrebbe preso un’altra piega. Ma questa sarebbe stata allora un’altra storia.
“È importante esserne anche affascinati dal personaggio. Scarlett O’Hara è la protagonista a cui ho pensato: la ami e la odi allo stesso tempo.” – François Ozon
Written by Carolina Colombi