“Anzol” di Haria: alcune citazioni tratte dal libro edito da Rupe Mutevole Edizioni
“Anzol” è stato pubblicato nel 2006 dalla casa editrice Rupe Mutevole Edizioni nella collana Letteratura di confine, con seconda ristampa nel 2010.

Haria, l’autrice del libro, scelse di vivere sulle montagne ed iniziò a scrivere per poter divulgare una conoscenza antica che, dapprima, si volgeva oralmente ma, ora, con le nuove tecnologie può essere trasmessa con maggiore risonanza.
“Anzol” consta di tre parti suddivise in paragrafi. Si inizia con “La prima sorte” (sei paragrafi), seguono “La seconda sorte” (sette paragrafi) e “L’ultima sorte” per un totale di ottanta pagine. È caratteristica la presenza dell’elenco dei personaggi del racconto, in realtà sono le personificazioni presenti e non i “reali” personaggi che s’incontrano nella lettura. Le personificazioni sono: Il Destino, La Sorte, La Scelta, La Piana, La Nebbia, Il Gaigo, Il Gioco degli Strati, L’Azzardo, Il Mercato, Anzol, I Soldi, L’Ot, Il Rio Gemello del Cen, Il Suolo, Il Vento, Gli Intrichi, Il Tempo, Gli Uomini. Figurazioni che raggruppano lo svolgimento delle varie nascite della città di Anzol.
Haria cominciò a scrivere del suo cammino di conoscenza per donare la possibilità a coloro che necessitano di accedere alla meraviglia. In pochi anni pubblicò con Rupe Mutevole: “Donne di conoscenza”, “La luce negli occhi”, “Il respiro della bellezza”, “Piante di energia”, “Estensità”, “Anzol”, “La via dell’ignoto”, La mappa delle antiche donne di conoscenza”, “Restare sospese”, “Eventi di bellezza”, “L’altra estensità”, “Castagni e Trasmutazioni”, “Il magico cammino”.
La scelta della casa editrice non è assolutamente casuale, infatti, Rupe Mutevole – fondata lo stesso anno delle prime pubblicazioni di Haria – scelse un villaggio sui monti dell’Appennino ligure-emiliano come sede e luogo dell’attività editoriale.
Si presentano alcune citazioni tratte dal libro “Anzol” così da presentare ai lettori la particolarità di prosa e di intenti della nostra autrice, donna di conoscenza.
Citazioni tratte da “Anzol”
“Tutti i sentieri non tracciati confluiscono ad Anzol, perché Anzol è il centro di un labirintico sogno non segnato sulla carta del Destino.”
“La gente di Anzol non ha memorie ma mutevoli ricordi di un istante prima, che parole erose dalla nebbia moltiplicano e contraddicono nelle oterìe separate dal fragore sotterraneo del rio gemello del Cen.”
“La nebbia arrivò un pomeriggio umido e monotono come non se n’era mai visti. Scese lenta sui tetti, proseguì e si consolidò all’altezza delle finestre. Nessuno riuscì più a distinguere qualcosa oltre il grigiore delle pietre e presto i confini naturali della piana furono un mutevole ricordo cui l’anziana Finìla ricorreva ogni tanto per rintronare l’insistente voglia di storie dei bambini.”
“Gli anzolani ripresero cautamente a vivere, gli stranieri a pascolare pecore nella piana e quelli si dedicarono con quotidiano zelo a ogni sorta di brutalità a danno di vecchi, uomini, donne e persino bambini. A parte Itta – che usciva solo a notte fonda – nessuno fu risparmiato.”
“Gli stranieri fecero il lavoro sporco: spogliarono i cadaveri (tenendosi i piccoli dischi di metallo che tintinnavano nelle tasche dei morti al minimo spostamento), li caricarono su delle carrette cigolanti e li scaricarono in una fossa comune all’estremo confine meridionale della piana, dove nemmeno le pecore o i cinghiali si spingevano.”

“La pratica di mangiare e bere in piazza divenne abitudine e questa convinse gli stranieri ad aprire a loro volta un banco: un giorno un uomo e una donna si presentarono con una lunga tavola e tre cavalletti; in pochi attimi allestirono un’esposizione di collane di piccole pietre finemente lavorate.”
“Otto – ubriaco riverbero di un mondo che stava cambiando – si trovò la fortuna in mano, la giocò e la perse in un colpo solo. Chi vinse l’ineguagliabile ricetta dell’ot accettando per curiosità la sfida ai dadi fu un costruttore di banchi arrivato ad Anzol il giorno prima.”
“Quando le scorte di ot – sobriamente stivate da Itta – furono esaurite il panico percorse il mercato. La gente si chiese dove Itta avesse nascosto la ricetta, si frugò ovunque ma il tramandato foglio non si trovò. Ogni tentativo di imitare il ‘nettare di Gutto’ fallì; chi riuscì a replicarne il rosso scuro – ma non il sapore – fu compatito o deriso. L’ot era inimitabile e la sua per[1]dita sarebbe stata un disastro.”
“Presto batté moneta e i falchi sostituirono i soldi. Istituì un calendario che suddivideva le stagioni in tempi, i mesi in aspetti e la giornata in nove momenti e mezzo, quante erano le dita delle sue mani, compreso un moncherino che secondo lui non faceva rimpiangere il mignolo della sua mano sinistra.”
“Mira sognò che il foglio si posava sulle sue mani aperte, lei alzava lo sguardo e vedeva la nebbia dissolversi e il cielo – il cielo azzurro di cui conosceva storie e leggende – aprirsi su Anzol. Si svegliò com’era: ragazza straniera in un tempo non suo, sola in una casa desolata. Uscì inquieta nelle vie umide e strette.”
“Fu quando la nebbia toccò il suolo che il mercato si fermò; tacque la folla, tacquero i soldi, tacquero le cose per un istante lungo; un incedere esitante e diseguale segnò il nuovo rumore dei passi nel vuoto completo e un brusìo incostante e frastagliato sostituì le voci. Allora si scatenò la furia delle streghe.”
“Donna si era catapultata nel cuore del mercato e una dopo l’altra aveva scovate sei vecchie dall’incedere continuo e cadenzato: sei figure minute, piegate, raggrinzite, partorite dal fetore dei vicoli bui, lerci e abbandonati. I loro abiti spenti, sfilacciati, disadorni, sprigionavano un odore di muffa, orina e muschio fradicio: era la traccia che Donna cercava, il primo segno di complicità con la tenebra; l’implacabilità, il secondo, lo vide nei loro occhi mobili, nei loro sguardi accesi; il bieco sarcasmo, il terzo, lo percepì nei loro ghigni.”
“Per Ottia, veggente che veniva da un’altra èra e aveva negli occhi un altro mondo, quella piana attraversata da un rio impetuoso e circondata da invalicabili intrichi di rovi e liane di vitalba che velavano i boschi era il luogo perfetto.”
“Si capì presto che Ot, il primogenito, aveva carattere: non parlava ancora e già imponeva i suoi capricci; ragazzino, riusciva ad addomesticare volpi, conigli selvatici, cinghiali, topi, lucertole e bisce; giovane uomo, in mezza stagione tracciò sul suolo della piana, senza ripensamenti, la pianta di un labirintico villaggio. Alzò la testa, fiutò nel vento e disse: «Arriverà gente».”
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