Da “Inland Empire” al David Lynch Theater: dall’incubo ai cieli blu
Il 20 gennaio scorso David Lynch ha compiuto 75 anni.
Dall’11 maggio del 2020, nel pieno del lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19, il regista americano ha inaugurato un suo canale YouTube, David Lynch Theater, sul quale carica quotidianamente brevi video: in particolare due serie – se così vogliamo definirle – curiosamente legate alle previsioni del tempo e all’estrazione di numeri.
Pare che Lynch sia sempre stato interessato, o forse un po’ ossessionato, dalle previsioni del tempo, e in effetti sul web si possono reperire suoi video risalenti a più di quindici anni fa legati all’argomento.
Nella serie dei Weather Report, inaugurata appunto l’11 maggio dell’anno passato, il regista, con ironica serietà, officia quotidianamente dal suo studio un rito mattutino dalla struttura sempre uguale, con minime variazioni interne, dove proprio la ripetizione – anche nelle intonazioni della voce – e la seriosità un po’ surreale sortiscono un effetto esilarante. Ne riporto alcuni esempi:
«Buongiorno. È l’11 luglio 2020 ed è un sabato. Qui a Los Angeles: cominciamo oggi con bellissimi cieli blu e luce dorata del sole, tutto molto calmo al momento. La temperatura è intorno ai 65° Fahrenheit, 18° Celsius: dovrebbe raggiungere i 90° Fahrenheit circa, 32° Celsius questo pomeriggio. Avremo la luce dorata del sole per tutto il giorno. A tutti: abbiate un’ottima giornata!»
«Buongiorno. È il 13 ottobre 2020 ed è un martedì. Qui a Los Angeles: un mattino chiaro, ma non calmo, con un vento caldo, 64° Fahrenheit al momento, 18° Celsius. Oggi sto pensando agli Sparklehorse e alla loro canzone It’s a Wonderful Life. La temperatura dovrebbe raggiungere questo pomeriggio i 91° Fahrenheit, 32° Celsius, e sembra che potremo godere di quei bellissimi cieli blu e della luce dorata del sole fin da subito e per tutto il giorno. A tutti: abbiate un’ottima giornata!»
«Buongiorno. È il 5 dicembre 2020 ed è un sabato. Qui a Los Angeles: alcune nuvole questa mattina, al momento molto calma, 46° Fahrenheit, circa 8° Celsius. Pare che la temperatura raggiungerà questo pomeriggio i 73° Fahrenheit, circa 23° Celsius, e dovremmo avere queste nuvole almeno fino a ora di pranzo. Ma questo pomeriggio sembra che potremo tornare ad avere quei bellissimi cieli blu e la luce dorata del sole per il resto del giorno. A tutti: abbiate un’ottima giornata!»
«Buongiorno. È il 1° gennaio 2021 e – se potete crederci – è ancora una volta un venerdì: non solo un venerdì, ma il primo venerdì del nuovo anno. Qui a Los Angeles: un mattino chiaro, molto calmo al momento, 46° Fahrenheit, circa 8° Celsius. La temperatura dovrebbe raggiungere questo pomeriggio i 69°/70° Fahrenheit, circa 21° Celsius, e sembra che potremo godere di quei bellissimi cieli blu e della luce dorata del sole per tutto il giorno. Buon anno nuovo, e a tutti: abbiate un’ottima giornata!»
«Buongiorno. È il 20 gennaio 2021 ed è un mercoledì. Qui a Los Angeles: un mattino abbastanza chiaro, molto calmo al momento, 59° Fahrenheit, circa 15° Celsius. Oggi è un giorno monumentalmente importante; è anche il giorno dell’inaugurazione per un nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America. La temperatura dovrebbe raggiungere questo pomeriggio i 75° Fahrenheit, circa 24° Celsius, e sembra che potremo godere di cieli blu e luce dorata del sole per tutto il giorno. A tutti: abbiate un’ottima giornata!» (20/1/2021: il giorno del suo compleanno, nonché dell’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca!).
Dal 17 agosto del 2020 è poi iniziata la “serie” Today’s Number Is…, dove – anche qui quotidianamente, con la consueta serietà e la sequenza di frasi e azioni sempre ossessivamente uguale – Lynch estrae ogni giorno un numero da un contenitore che contiene dieci palline da ping-pong numerate: «… Today’s number is…», seguito dal numero estratto, conclude regolarmente il brevissimo video del giorno.
Poliedrico nello sperimentare diversi media, dal cinema alla televisione, dalla pittura alle installazioni, David Lynch è stato un antesignano anche nel sondare le possibilità creative del web: si pensi alla sitcom Rabbits, del 2002, che fu distribuita esclusivamente sul suo sito Internet, all’epoca un’azione assolutamente innovativa.
Già, ma a quando risale l’ultimo lungometraggio vero e proprio, realizzato per il cinema, dell’autore di capolavori come The Elephant Man, Blue Velvet, Mulholland Drive?
Bisogna riandare addirittura al 2006 e a un’opera forse poco riuscita, ma molto rappresentativa delle sperimentazioni e della poetica di Lynch: si tratta di “Inland Empire” (secondo la volontà del regista, in realtà, il titolo dovrebbe essere scritto tutto in lettere maiuscole…).
Accolto all’epoca in maniera contrastante, questo film potrebbe essere definito “l’incubo dello spettatore”, fin dai primi momenti in cui – scardinata la consequenzialità narrativa lineare – si impone un ritmo lentissimo con una visionarietà plumbea e opprimente. Un incubo di quelli da cui non ci si riesce a svegliare, viste le quasi tre ore di durata e almeno due falsi finali. Sembrerebbe un esperimento (perfettamente riuscito) di sadismo nei confronti del pubblico, ma anche una spettacolare operazione di autolesionismo artistico e commerciale.
Ma forse Inland Empire vuole davvero essere un incubo, o meglio: la riproduzione fedele del meccanismo linguistico e narrativo dell’incubo. Proviamo allora a esaminarlo sotto un profilo psicoanalitico.
Nell’intreccio dei piani narrativi del film è difficile capire se ci sia e quale sia il piano “reale” della fabula, ma assumiamo che sia la storia dell’attrice (Laura Dern) cui viene offerto il ruolo principale in un film “maledetto”. Una sua inquietante vicina di casa le predice che otterrà il ruolo, ma insiste anche nell’asserire che nel film si consumi un omicidio, cosa che l’attrice nega recisamente. La vicina è il perturbante, l’elemento che dalla quotidianità scatena il ritorno del rimosso.
In effetti nel film un omicidio si compirà, e la vittima sarà proprio il personaggio interpretato dall’attrice. Ma un secondo omicidio è presente in Inland Empire: quello dell’uomo che – nella storia “polacca” – perseguita il “doppio” dell’attrice stessa. E, come in ogni sogno che si rispetti, fin da subito i piani narrativi si confondono e i personaggi “saltano” (come i quanta: cfr. la struttura narrativa di Mulholland Drive!) dall’uno all’altro di questi piani.
Piani che sembrano essere essenzialmente cinque: 1) quello narrativo “primario” dell’attrice che lavora al film diretto da Jeremy Irons; 2) la storia di miseria e prostituzione nella Polonia postbellica; 3) la vita squallida e piccolo-borghese della donna col marito insensibile che la picchia (e che ha amici polacchi); 4) la storia narrata nel film in cui è impegnata l’attrice e che è difficile delineare per via delle continue incursioni degli altri piani narrativi: vi appartengono però, oltre alle scene “girate” sul set, anche quelle con le prostitute di Hollywood – del film viene detto che si tratterebbe del remake di un film polacco rimasto incompiuto, donde i continui riferimenti alla Polonia che pervadono anche gli altri piani narrativi; 5) la donna che osserva tutte le storie nel suo televisore.
In realtà c’è anche un sesto piano “narrativo”: è il palcoscenico su cui si muovono i tre personaggi con teste di coniglio, dicendo battute di un dialogo che un invisibile pubblico accompagna con incongrue (e asincrone) risate. Si tratta proprio di Rabbits, il miniserial di cui parlavamo sopra, che parodizzava le sitcom. È davvero arduo trovare un collegamento di queste scene al resto della trama onirica: l’unica cosa certa è la connotazione simbolica sessuale molto forte degli animali protagonisti.
Tornando alla trama “principale”, il perturbante ha dunque scatenato il ritorno del rimosso nella protagonista, o meglio: ha costretto la protagonista a percepire che nel film che interpreterà vi è qualcosa che la tocca in profondità rimosse dal suo conscio.
Qual è la materia di questo rimosso?
Considerando che praticamente tutti i “doppi” della protagonista denunciano violenze subite da un uomo (dal marito nella variante piccolo-borghese al cliente sadico nell’ambientazione polacca), si può ipotizzare un complesso di Edipo con fantasie di stupro da parte della figura paterna.
Di qui l’autopunizione dell’attrice che muore nel film (il primo omicidio) per mano della legittima moglie dell’amante, nella quale si attua lo spostamento della figura materna. Lo stupro da parte del padre avrebbe potuto, però, avere effettivamente luogo – questa variante non esclude l’altra – e quindi l’uccisione simbolica del padre (il secondo omicidio, quello del cliente sadico polacco) spiegherebbe l’improvviso “lieto fine” del film.
C’è in effetti, centrale a livello di scansione temporale del film, la rappresentazione del rapporto con lo psicoanalista, che tipicamente viene visto dalla protagonista come complice nel complotto che la circonda (la resistenza all’analisi).
Rimane, infine, il piano narrativo apparentemente più lineare, quello della donna che osserva tutti i fatti (inclusa la stessa sitcom Rabbits) sul suo televisore, e con la quale la protagonista alla fine sembra attuare una riconciliazione. Ho detto “alla fine”, ma avrei potuto dire “all’inizio”: una ricostruzione accurata della selva narrativa di Inland Empire dovrebbe infatti iniziare probabilmente da qui.
È questa donna (Lynch nei titoli di coda la chiama Lost Girl, e l’interprete è un’attrice polacca: Karolina Gruszka), che osserva in TV se stessa sdoppiata nei vari personaggi della protagonista Laura Dern, ad attuare la “discesa agli inferi” nell’inconscio (nel suo inland empire).
L’approdo del suo “doppio” principale nella sua stessa stanza – la definitiva emersione del rimosso nel conscio – potrebbe rappresentare quindi la riconciliazione con se stessa, la ricostruzione di un’integrità dell’Io non più violentemente scisso a causa di blocchi dovuti alla rimozione (onde il bacio catartico tra le due donne, come suggello a un percorso di analisi).
Siamo però di fronte anche a una sorta di mise en abyme del Cinema stesso che – come già Christian Metz aveva intuito negli anni Settanta, approfondendo con strumenti psicoanalitici e semiotici un tema principe dei registi Surrealisti – grazie alle proprietà specifiche del suo linguaggio riesce a riprodurre i meccanismi del sogno non solo a livello visivo e narrativo, ma anche e soprattutto a livello subliminale. Questo “brutto” film di David Lynch potrebbe esserne una prova definitiva, che in un certo senso andava a esplorare i limiti estremi della visibilità cinematografica.
E forse proprio per questo da allora David Lynch ha abbandonato il cinema propriamente detto, rivolgendo la sua creatività ad altri ambiti, inseguendo forse bellissimi cieli blu e la luce dorata del sole.
Written by Sandro Naglia