“Il gatto di Omero” di Paola Gabrielli: il mistero che cova dentro di noi

Dopo averlo riletto per la seconda volta (tanto si riesce a farlo in giornata), forse ho la certezza di non aver compreso bene il senso del titolo del libro “Il gatto di Omero”.

Il gatto di Omero di Paola Gabrielli
Il gatto di Omero di Paola Gabrielli

Abbozzo un tentativo di spiegazione.

Paola Gabrielli offre al lettore una serie di raccontini, a volte ameni, a volte a-meno, a volte a-più, alcuni tragici, altri drammatici, altri un po’ esistenziali, altri non so proprio come definirli, a una platea di studenti delle medie inferiori e delle scuole superiori.

In Le fusa del gatto narra di un gatto che vince una singolar tenzone che comprende lui, un leone, una giraffa e un elefante. Scopo è di guarire l’infanta di un re che è oppressa da una profonda tristezza.

Senza entrare in succosi particolari, la gara (perché di un vero e proprio concorso a premi si tratta) vede come vincitore il micino, il quale mette in saccoccia un importante premio: “da quel giorno il gatto venne addomesticato dall’uomo e considerato una creatura dai poteri magici.”

Tutti sappiamo che è bello per quelle bestiole aver a che fare con noi umani (ma non in tempi sospettosi, come nel Medioevo, quando i felini venivano bruciacchiati insieme alle streghe).

Il peloso animaletto ha vinto perché non ha voluto donare alla ragazzina né diamanti né altro, ma solo quel che usciva dal suo cuore.

Ed è lo stesso motivo per cui gli scrittori scrivono, i pittori dipingono, gli scultori scolpiscono e i critici, ahimè, criticano.

Premessa tardiva e postdatata: io non sono un critico, ma un enzima che reagisce e che tenta di liberare quell’energia, che finisce, più o meno, per catalizzare un qualcosa che ti fa andare avanti nella vita, perché bisogna andare sempre avanti, nella vita.

Anche Omero, orbo o vedente che fosse, era un enzima, anzi, un Grandissimo Enzima.

Il suo gatto non so, forse, o più o meno.

Ma perché i mio miao fanno le fusa?

Ho convissuto con una carnivora per quasi vent’anni, tanto che la credevo immortale e poi però scoprii che non lo era affatto.

Una volta ricordo che parlammo a lungo della questione; o meglio: io parlavo e lei menava la coda. So quindi che:

  • Lo fanno sempre, anche quando non stanno del tutto bene, ma solo quando pare a loro;
  • È il loro personale modo di comunicare al prossimo che insomma la vita non è poi così malaccio;
  • È un mugugnare un po’ gutturale, in cui le corde vocali e la laringe giocano sonoramente col respiro;
  • Imparano a farlo quando sono ancora lattanti;
  • Così ronfando, cercano d’instaurare un rapporto amichevole con chi gli sta vicino, soprattutto sotto il loro culetto;
  • Inoltre, c’è un sesto motivo, ma lo sanno solo loro;
  • Mi piacerebbe imparare a farlo anch’io;
  • Loro però non ci pensano a insegnarlo a noi umani, non sono mica matti;
  • Ma chissenefrega;
  • Però… mi piacerebbe riuscirci un giorno!

Il libretto (detto in senso vezzeggiativo, non perché è indubitabilmente corto, sennò avrei detto libriccino) di Paola è (posso usare un parolone?) importante per chi desidera esprimere il proprio io, che (per citare l’opera di un autore che di solito scrive libroni lunghi svariate centinaia di pagine) si può chiamare anche IT, un ESSO che è celato e che a volte è dolorosissimo da estrarre.

Un tipo che conosco (diciamola tutta: un amico) tenta da anni di scrivere il libro che gli darà, lui spera, una certa notorietà. Questo è già un piccolo errore. Bisogna scrivere innanzi tutto per tirare fuori il meglio e il peggio di sé, ed entrambe le espressioni sono importanti.

Scrivere è come partorire, o andare di corpo (mi era venuto in mente un verbo di sei lettere che cominciava con la c di cane). Quando quello esce, si sta male, si fa per dire, almeno per la seconda azione indicata. Soprattutto se uno è piccolino, e ho dei ricordi a proposito: c’è un’espressione dialettale che dice dai, ninîn, cócia, che a gh da pasèr la maéstrèina!, come se ci fosse l’insegnante che deve uscire insieme ai tuoi bisognini, quindi spingi!.

Esprimiti!

Poi sopraggiunge il momento secondo che non vale meno del primo: la comunicazione.

Si scrive per sé, ma poi si deve permettere agli altri di leggerti e di comprendere che tipo sei.

Quando, scorrendo le pagine di un’opera, io incontro l’anima dell’autore, capisco meglio di che tipo è la mia.

Paola Gabrielli
Paola Gabrielli

Si tratta di un fenomeno detto correlazione. Si entra in contatto con l’Altro e quello, anche se magari è da un’Altra Parte da più di due mila anni, entra in contatto con te.

Paola vorrebbe che questo facessimo noi giovanetti (e io sono tale da oltre mezzo secolo): riuscire a estrarre quel che abbiamo covato fino a oggi nel nostro intimo. O, nel nostro Intimo, se si preferisce. E poi di consegnarlo agli Altri.

Alla fine di ogni raccontello (che fa rima con bello), Paola propone dei temi, del tipo: “Scegli tre parole che ti rappresentano”, oppure “Chi ti piacerebbe essere”, ma anche “Sono luce e ombra”, e tanti altri. Sotto il titolo sono indicate poche parole che possono aiutare nella scrittura.

Ogni tanto, nel libro figura un cerchio grande quasi quanto la pagina, con un punto al centro e con la scritta “Colora il tuo Mandala”, e con un avviso che cambia ogni volta, del tipo: “La paura del pregiudizio”.

In tal modo a ognuno di noi discenti (ma che strana parola!), di noi allievi, è permesso di dire la sua su un argomento preso a caso (ma non troppo).

In tal modo Paola intende favorire l’espressione da parte di ciascuno di noi.

Per la comunicazione, beh, vediamo poi come butta.

Ogni racconto, tema e invito al disegno riporta il numero del giorno: 1, 2, 3, fino a 62 (21×3).

L’ultimo tema si intitola:Cosa è cambiato in me?” – con, sotto, una citazione tratta da un romanzo di Ambrogio Borsani.

Paola, sicuramente conoscerai la poesia di Baudelaire: Le Flambeau vivante, con la F maiuscola, com’è ovvio, in cui l’immenso poetastro mostra di saper seguire la route du Beau, la via della Bellezza che è indicata da quegli enigmatici e Charmants Yeux, pleins de lumières, che cantano, non la Morte, ma il Risveglio: astres dont nul soleil ne peut flétrir la flamme!

È un Mistero che custodiamo dentro di noi, ma che dovrà pur uscire perché, prima o poi, a gh da pasèr la maéstrèina!

Grazie, Paola!

 

Written by Stefano Pioli

 

Bibliografia

Paola Gabrielli, Il gatto di Omero, Fontana Editore, 2020

 

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