Le métier de la critique: Gaspara Stampa, poetessa versatile e appassionata

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“E come in ciel gran refrigerio e vita dal volto Suo solete vo fruire, tal io qua giù da la beltà infinita.  In questo sol vincete il mio gioire, che la vostra è eterna e stabilita, e la mia gloria può tosto finire”. – Gaspara Stampa, I sonetti d’amore

Gaspara Stampa
Gaspara Stampa

Oggi la si potrebbe definire un’icona femminista, ma nel ‘500, momento che ha visto l’affermarsi di Gaspara Stampa, quest’espressione non era d’uso. Poetessa versatile, il suo nome è arrivato fino a noi grazie anche a Maria Bellonci, che nel 1954 firma l’introduzione alla ristampa delle Rime della nobildonna veneziana.

Scrittrice e studiosa del Rinascimento, Maria Bellonci nasce nel 1902 e muore nel 1986. A lei si deve l’idea, nata nel suo salotto letterario ‘Amici della domenica’, del Premio Strega.

Nel 1939 scrive la biografia di Lucrezia Borgia che la porta alla ribalta letteraria. Abile nel ricostruire i personaggi di cui ripercorre la vita, grazie all’uso di ricerche storiche documentate con estrema precisione, il suo lavoro è di notevole importanza divulgativa.

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Aliena agli aspetti leggendari delle figure descritte, con le sue narrazioni la Bellonci restituisce ritratti intensi e prossimi al vero dei personaggi da lei illustrati. Il suo capolavoro è considerato Rinascimento privato, biografia di Isabella d’Este che le è valso il Premio Strega nell’anno stesso della sua scomparsa.

“Io assomiglio il mio signor cielo meco sovente. Il suo bel viso è l’sole; gli occhi, le stelle; e l’suo de le parole è l’anima che fa ‘l signor di Delo”. – Gaspara Stampa. I sonetti d’amore

Ma chi è invece Gaspara Stampa, per aver attirato l’attenzione di una figura di rilievo del panorama culturale italiano, come quella della Bellonci?

Gaspara Stampa, nata a Padova nel 1523 è una poetessa veneziana appartenente all’aristocrazia. Ed è grazie alle sue nobili origini se, insieme ai suoi fratelli riceve un’alta formazione culturale, propria del ceto di cui fanno parte.

Latino, greco, retorica, grammatica, musica e letteratura sono le discipline impartite ai giovani Stampa, le quali non si arrestano neppure con la prematura morte del padre che spinge la madre a trasferirsi con i figli a Venezia, sua città natale.

Grazie al maestro toscano Fortunio Spira, amico dell’Aretino, i ragazzi acquisiscono la facoltà di comporre odi e componimenti in latino; e le ragazze, al loro già ampio bagaglio di conoscenza, aggiungono il liuto e il canto. Ed è proprio in virtù della loro erudizione e della frequentazione di letterati, che casa Stampa diventa uno dei salotti culturali più ricercati e famosi della città. Fra cui Francesco Sansovino, figlio di Jacopo, grande architetto fiorentino, il quale è uno dei fedeli frequentatori del Cenacolo degli Stampa.

“Se l’amore mi ha portato fin qui, perché non può far la pena e la penna in me simile?” – Gaspara Stampa

Il Rinascimento, periodo di grandi trasformazioni, inevitabilmente interessa anche il mondo femminile, in conseguenza del quale la donna, con la partecipazione attiva alla vita culturale dell’epoca, si trova ad occupare un nuovo ruolo all’interno della società.

È dunque d’uso, per le donne, nel panorama culturale del primo Cinquecento esprimere apertamente il loro sapere. A differenza delle epoche precedenti in cui non avevano modo di pronunciarsi, sia in prosa che in poesia. Ma più che altro, nella civiltà tardomedievale e umanistica, il ‘gentil sesso’ era sì fonte di ispirazione, e soprattutto destinatario di versi e di liriche composte per celebrarne la bellezza e il fascino.

È quindi la poetica al femminile, grazie alla presenza delle donne, ad affermarsi con forza in questo periodo in qualità di autrici di versi.

Ma, quale è la spinta che, a cavallo del ‘400 e del ‘500, muove il genere femminile a farsi largo in un universo culturale appannaggio fino a quel momento degli uomini?

A favorire il cambiamento è l’ambiente di corte, dove in un contesto intellettualmente dinamico si afferma la nuova tendenza: adesso le donne si conquistano un ruolo letterario attivo in veste di letterate e poetesse, in molti casi anche di grande valenza creativa.

Ed è Gaspara Stampa, il cui canzoniere spicca per passionalità ed esuberanza, a essere una delle figure più rappresentative del suo tempo.

Rime di Madonna Gaspara Stampa - 1554
Rime di Madonna Gaspara Stampa – 1554

Per tracciare un profilo veritiero di Gaspara, il più possibile, e del breve periodo in cui si è consumata la sua esistenza, è essenziale accennare alla Venezia di quegli anni. Una città moderna, capitale di un vasto Stato, in continuo fermento. Oltre che splendida e potente, anche da un punto di vista economico, laddove il commercio si conquista un posto di rilievo nell’economia cittadina. Anche le arti, si sviluppano ampiamente grazie alla lavorazione del vetro, all’oreficeria, alla tessitura. Un artigianato formato da professionisti, a cui partecipano in qualità di decoratori alcuni illustri artisti del periodo. Il Tiziano, Tintoretto e il Veronese, quali eccellenti figure di pittori che animano lo scenario artistico della città, sono pronti a decorare le scene delle commedie dell’Aretino. Da ricordare poi il Carnevale, che con le sue audaci performance infonde alla società veneziana dell’epoca una ridondanza che la rende unica.

Una società dalle molte sfaccettature, realtà dove libertà e creatività contraddistinguono Venezia, che ha modo di esprimersi Gaspara Stampa. Un ambiente culturale in cui la giovane acquisisce fama grazie alle sue doti di poetessa.

Ma per Gaspara, a interrompere il suo favorevole momento di fervore artistico interviene un episodio che le spezza il cuore. È il 1544 e la giovane ha poco più di 20 anni, pochi per affrontare un evento di così ampia sofferenza come quello della morte di Baldassarre, suo fratello.

Nel 1548 la vena poetica di Gaspara riceve uno smagliante e inedito impulso, un’ulteriore spinta creativa determinata dall’incontro con un giovane che le fa letteralmente perdere la testa. È il conte Collalto di Collaltino, appartenente a una famiglia di possidenti ed educato alle lettere serve la Repubblica di Venezia sia nella diplomazia come nelle armi.

Per conferire alla sua poetica un’originale equazione tra cuore e tecnica, da questo momento Gaspara inizia a far uso nei suoi versi di guizzi stilistici che lei stessa attribuisce alla presenza del Collaltino accanto a lei.

Lo stile, l’arte, l’ingegno, sensi, pensier, voglie, alma e core…”

Attributi questi, secondo le attestazioni della stessa, che il suo amato muove in lei. Che si distinguono nei suoi versi, i quali si fanno specchio e riflettono la passione che la poetessa nutre per il suo innamorato. Il giovane però, sembra non gradire troppo le attenzioni della ragazza traslate in forma lirica, tanto che dopo poco si allontana da lei, in un addio che lascia Gaspara devastata sentimentalmente e vittima di una grande sofferenza.

Preda di una crisi emotiva e mistica, a Gaspara viene in soccorso Suor Paola Antonia Virginia de’ Negri, che le prospetta la vita monacale mettendola in guardia dai pericoli che affollano la città di Venezia. Consigliandole di non ‘fare delle sue grazie un idolo’ è con parole accorate e attente che suor Paola le suggerisce di guardarsi dagli adulatori.

“Non credete agli adulatori, a quelli che vi amano contro la carne; non vi ingannate, stroncate da voi quelle pratiche e conversazioni che vi alienano da Cristo…”

Suggerimenti a cui Gaspara però non risponde. La sua indole letteraria e passionale la porta altrove, alla ricerca di se stessa attraverso la poesia, nonché a esibire la propria bellezza, che ispira i suoi molti ammiratori a dedicarle opere e sonetti.

Continuando a frequentare il mondo salottiero del suo tempo, dove la sua bellezza e la sua sapienza non passano inosservate, semmai tenute in debita considerazione, Gaspara è corteggiatissima e adulata, anche per i suoi versi dal piacevole timbro ritmico dovuto anche allo studio del canto.

In fondo, la poetessa è una donna di grande temperamento, e superata la crisi sentimentale, dalla perdita dell’amato ne trae grande forza che imprime ai suoi versi. Peraltro sempre molto apprezzati dal circolo veneziano, all’interno del quale si consolida la sua fama di valida poetessa.

La lontananza del Collaltino lascia il posto a un nuovo amore, a cui Gaspara si rivolge con versi sì d’amore, ma impregnati anche di autonomia, a denotare la figura di una donna libera e appagata dalla sua attività di letterata.

Fra Gaspara e Zen, il nuovo innamorato, si stabilisce un rapporto suffragato da un’intesa intellettuale fino ad allora a lei sconosciuta. Un legame basato su una commistione di amore e poesia, che la poetessa, anche in questa relazione, continua ad affermare con vigore nei suoi versi.

Forse Gaspara fa della poesia un uso improprio, secondo l’opinione di alcuni, ma i suoi versi sono destinati a manifestare il suo sentire, oltre che ad esprimere apertamente il suo talento.

Il suo modo di manifestare i sentimenti è traboccante di trasporto, da donna passionale qual è, delle proprie esperienze amorose ne fa la rappresentazione plastica delle emozioni che albergano in lei. È con immagini mitizzate trasposte nei suoi versi, che Gaspara ha sempre espresso i suoi legami sentimentali, anche se, purtroppo questa forma di celebrazione è stata per lei motivo anche di sofferenza: non sempre, infatti, è stata corrisposta come avrebbe meritato.

Gaspara Stampa - Paintig by Eugenio Camerini - Donne illustri (1870)
Gaspara Stampa – Paintig by Eugenio Camerini – Donne illustri (1870)

Da aggiungere, che Gaspara è da considerarsi una figura di donna rivoluzionaria: grazie alla sua poetica capovolge anche il concetto di rapporto fra uomo e donna.

Nei suoi componimenti sono gli uomini, forse troppo idealizzati, a essere oggetto del suo desiderio e non, come accadeva in precedenza, le donne a essere elevate dall’uomo e descritte con un’iconografia sublime.

Purtroppo, Gaspara non avrà modo di esprimersi ancora a lungo, perché l’esistenza di questa poetessa dall’intelligenza vivace e intensa e dai discutibili costumi, giunge al termine quando una febbre altissima ne stronca l’ancor giovane vita: era il 1554.

“Prendi, Amor, de’ tuoi lacci il più possente, che non abbia né schermo, né difesa, onde Evadne e Penelope fu presa, e lega il mio signor novellamente”. – Gaspara Stampa. I sonetti d’amore

Considerata non meritevole di calpestare il suolo della Venezia del ‘500 perché ebbe l’ardire di scrivere liriche d’amore di pugno suo, senza imitare i grandi dell’epoca, Petrarca in primis, Gaspara fu vittima di accese critiche. Indirizzate in prevalenza al fatto di non essersi maritata. Certamente la colpa, se così si può dire, è della società dell’epoca piena di pregiudizi, il più ragguardevole dei quali era di non vedere con occhio benevolo una donna nubile che conduceva una vita libera, e non propriamente edificante.

Di Gaspara, anche grazie al fascino che esercitava fra la gente del suo tempo, si vocifera fosse una cortigiana, fatto questo mai verificato e a cui è difficile dare risposta. Definita così in un’accezione negativa del termine, la sua memoria è stata oggi riabilitata.

Perché sì che Gaspara si muoveva al di fuori delle severe regole della morale cattolica, ma non la si può catalogare cortigiana fra le cortigiane. Anche perché nell’elenco pervenuto fino ai nostri tempi, in cui le donne di piacere erano registrate dalla Repubblica di Venezia, mancano proprio gli anni della sua attività di letterata.

Certo è, che Gaspara fu una donna straordinaria che visse eludendo i costumi dell’epoca, capace di destreggiarsi in una complessa società libertina, come era la Venezia di quegli anni.

Ma, tralasciando ipotesi e suggestioni, dettate da una mentalità obsoleta, o forse soltanto animata dall’invidia, per rintracciare nei versi di Gaspara una modernità insolita per i suoi tempi, e tratto distintivo della sua personalità, è importante menzionare il fatto che fu capace, andando controcorrente, di squarciare il ‘brusio dei molti petrarchisti italiani’.

Anche perché l’amore fu per lei soltanto strumento per dare vita alla sua creatività poetica. L’unica risposta adeguata, quindi, è sorvolare su questi ‘dettagli’ e godere dei suoi versi. Perché sono questi a parlare per lei.

“Una inaudita e nova crudeltate,

un esser al fuggir pronto e leggiero,

un andar troppo di sue doti altero,

un tòrre ad altri la sua libertade,

un vedermi penar senza pietate,

un aver sempre a’ miei danni il pensiero,

un rider di mia morte quando pèro,

un aver voglie ognor fredde e gelate, un eterno timor di lontananza,

un verno eterno senza primavera,

un non dar giamai cibo a la speranza,

m’han fatto divenir una Chimera,

uno abisso confuso, un mar, ch’avanza

d’onde e tempesta una marina vera”. – Gaspara Stampa

 

Written by Carolina Colombi

 

 

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