“La ragazza con la macchina da scrivere” di Desy Icardi: l’inseparabile Olivetti rossa

“È una verità universalmente riconosciuta che una donna in possesso di una lunga storia abbia bisogno di una memoria adeguata. Senza memoria, ogni cosa perde di valore e di utilità, come ad esempio l’oggettino insignificante che stringi tra le dita: freddo al tatto, liscio, di forma circolare e senza alcun valore”.

La ragazza con la macchina da scrivere di Desy Icardi
La ragazza con la macchina da scrivere di Desy Icardi

A contraddistinguere Dalia, protagonista del romanzo La ragazza con la macchina da scrivere, edito da Fazi editore, è la sua inseparabile Olivetti rossa, strumento che l’ha accompagnata fin da giovanissima ed è stata fonte di guadagno per il sostentamento della sua famiglia.

Intorno agli anni Novanta del Novecento, già anziana, Dalia subisce una menomazione, lieve, anche se pur sempre di una seria menomazione si tratta. È solo un ‘piccolo incidente’, come lei definisce l’ictus che in parte ne limita la memoria.

Ma, grazie alla sua fedele macchina da scrivere, la donna ripercorre il tempo che fu. Il passato legato alla sua gioventù, fatta di tanti piccoli avvenimenti, non eclatanti, ma che hanno segnato la sua vita. Anni di servizio in veste di dattilografa, durante i quali ha accumulato ricordi su ricordi che ora faticano ad affiorare.

Ed è per rievocare il tempo passato e recuperare i suoi trascorsi, che Dalia si mette ancora alla macchina da scrivere: come se una forza oscura la spingesse alla ricerca di un qualcosa che non si può scordare. E il ritratto che ne riceve, il quale corre sul filo di una memoria che seppur labile le permette di ritrovare se stessa, è quello di una ragazza mite, una lavoratrice indefessa che non ha difficoltà a spostarsi, per soddisfare l’impegno professionale svolto a domicilio per conto del ragionier Borio.

Sopravvissuti nella memoria delle sue dita, attraverso il tatto, ritrova parte dei ricordi che non si sono dissolti neppure con l’ictus. È così che Dalia ripercorre i suoi momenti giovanili: piccole gioie, ma anche difficoltà per raggranellare un po’ di denaro da portare a casa per sbarcare il lunario. Sono immagini, rimaste nitide nonostante tutto, quelle che le vengono restituite dalla sua arrugginita memoria, che si presenta ancora come un bagaglio ricco di esperienze da cui Dalia non vuole affrancarsi. Solo uno è il ricordo di cui sembra non conservare memoria.

Però, è ben decisa a recuperarlo, dargli nuova vita e riconoscerne l’intensità e l’importanza che ha avuto. Recupero che avviene grazie a sensazioni e immagini legate ad oggetti apparentemente trascurabili, che disseminano il percorso intrapreso dalla donna, a caccia di qualcosa che non è perduto ma soltanto smarrito nella sua mente un po’ offuscata.

Ritrovato, nella tasca di un cappotto e avvolto in un fazzoletto per ‘signorine’, un oggetto dall’apparenza insignificante, si rivelerà però un manufatto che nel corso della narrazione torna a rammentarle un qualcosa che per lei è stato rilevante. Perché gli oggetti assumono importanza nella misura in cui custodiscono dei ricordi.

“Da quando, un paio di anni prima, agli ebrei era stato proibito di frequentare le scuole pubbliche, in assenza di scuole ebraiche nelle vicinanze la signora Levi aveva deciso di educare lei stessa le figlie minori. Anche Ester aveva dovuto interrompere gli studi, il che a parere di Dalia era stato un gran peccato poiché le mancava poco più di un anno per conseguire il diploma magistrale”.

È dunque un viaggio a ritroso quello che Dalia compie alla ricerca di ricordi che vale la pena conservare, ed è grazie al suo vecchio strumento di lavoro che lentamente la matassa dei ricordi prende forma proprio attraverso il rumoroso ticchettio della Olivetti rossa. Amicizie, amori, sogni e speranze di una giovinetta cresciuta in un periodo difficile e ostile come quello del fascismo. A cui aggiungere bombardamenti, oltre all’incertezza del futuro che bussava alla porta.

“Un tarlo che rosicchiava i pensieri di Dalia riguardava proprio il padre: come se la sarebbe cavata senza di lei e i suoi seppur modesti guadagni?”

Da sottolineare, quale elemento di notevole pregio narrativo, la cornice storica, ben delineata, in cui i fatti narrati sono compresi. E riferiti dall’autrice non con memoria ostile, ma come cronaca vera. Anche se, Dalia, segnata da alcuni episodi toccati in sorte a persone a lei amiche, vive il momento storico come un grande disagio psicologico ed emotivo.

Desy Icardi
Desy Icardi

Da tempo il regime fascista aveva messo in atto misure, a dir poco restrittive, contro gli oppositori del regime, e degli ebrei nello specifico. Ed è il cammino di dolore e ingiustizia, a cui assiste in prima persona, attraverso le vicende della famiglia Levi, ed Ester in particolare, con cui Dalia ha stabilito un legame affettuoso, che la segnano nel profondo.

È questo lo stato d’animo che ha accompagnato Dalia lungo la sua adolescenza e durante la sua gioventù. Momenti di estrema durezza, affrontati però, dalla giovinetta che Dalia era all’epoca con forza, coraggio, spirito d’indipendenza e non ultimo una sorta di buonumore.

“Dalia rammentava benissimo chi era: una ragazza di diciassette anni che attaccava bottoni nuovi su una vecchia camicetta, nella speranza di dissimulare la consunzione del tessuto. Non le pesava lo stato di ristrettezza nel quale viveva…”.

Romanzo dalla palese originalità La ragazza con la macchina da scrivere gode di un registro narrativo scorrevole e di assoluta gradevolezza, il quale accompagna ogni pagina della narrazione.

A fare da sfondo al racconto un pizzico d’ironia, quanto basta e dosata in giusta misura, tanto da accompagnare un romanzo tutt’altro che banale.

Strutturato su piani temporali diversi e punti di vista diversi, dove il passato e il presente si avvicendano senza forzature narrative di sorta, ma si integrano in una simmetria di toni che porta a un’attesa colma di aspettativa.

Attraverso la terza persona viene dato conto del passato di Dalia, la quale diventa quasi un’osservatrice esterna di se stessa, mentre la seconda persona, cui l’autrice fa ricorso tramite il ‘tu’, è spartiacque fra i due momenti narrativi, ed è espediente per coinvolgere attivamente il lettore e farlo partecipe dei fatti narrati.

Ben descritta l’ambientazione del periodo in cui si svolgono le vicende narrate, corroborata da dialoghi ben esplicitati: la moda dell’epoca, i divieti fascisti, la mentalità maschilista che con i suoi pregiudizi voleva le donne stare un passo indietro rispetto agli uomini.

Sono inoltre i dettagli, le piccolezze evidenziate dall’autrice lungo il percorso narrativo a fare del libro un romanzo da assaporare con la delicatezza stessa che l’autrice ha impresso al romanzo. Delicatezza accompagnata da una leggerezza di fondo che, senza guizzi eclatanti, ma con tanti piccoli episodi fanno della vita comune di Dalia una vita straordinaria.

“Il paesino era formato da una manciata di case, affacciate su di un’unica strada che culminava su di una piazzetta dove c’erano la chiesa, un minuscolo palazzo municipale e una ancor più piccola scuola. Le case avevano tetti spioventi e lunghi balconi di legno che attraversavano le facciate in pietra. Fuori da quello che con molto ottimismo gli abitanti definivano il ‘centro’ sorgevano, qua e là in mezzo ai pascoli, casette isolate, anch’esse in pietra”

L’autrice de La ragazza con la macchina da scrivere, Desy Icardi, vive e lavora a Torino, città che le ha dato i natali. Formatrice aziendale e copywriter, è stata autrice nel 2019 del romanzo L’annusatrice di libri, pubblicato da Fazi editore. Libro che ha ricevuto grande successo di critica e di pubblico, e i cui diritti sono stati venduti anche all’estero.

 

Written by Carolina Colombi

 

 

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