“Viva l’Italia” di Roberto Rossellini: Giuseppe Garibaldi, figura simbolo del Risorgimento italiano
“Qui, si fa l’Italia o si muore” – Giuseppe Garibaldi
È il cinque maggio 1860 quando, dallo scoglio di Quarto in Genova, il generale Giuseppe Garibaldi salpa alla volta della Sicilia. Evento che, nell’immaginario collettivo, rimane come ‘l’impresa dei Mille’.
L’obiettivo è liberare il Sud d’Italia dai soprusi messi in atto dai Borboni, iniqui detentori di un potere di stampo feudale. Ed è episodio su cui ruota la trama del film Viva l’Italia realizzato da Roberto Rossellini nel 1961, per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia.
Viva l’Italia non è pellicola gravida di passaggi romanzati, ma è fedele resoconto storico delle modalità con cui l’Italia si è trasformata, da paese frammentato in tanti piccoli stati, a unica entità.
“Finché, domestica o straniera, voi avete tirannide, come potete aver patria? La patria è la casa dell’uomo, non dello schiavo”. – Giuseppe Mazzini
Ma, prima di accennare alla trama del film, un breve excursus sul complesso periodo storico che ha visto l’Italia protagonista e testimone del movimento risorgimentale.
Per convenzione, si fanno risalire le fasi iniziali del Risorgimento al 1815, periodo in cui sul suolo italiano si esaurisce la dominazione francese, mentre la sua conclusione viene datata al 1870.
Quando prendeva forma una presa di coscienza pseudo-nazionale, anche se pallida, venivano organizzate le prime azioni insurrezionali (moti carbonari del 1820-21), su sollecitazioni ideologiche a opera di Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872 – nel film interpretato da Pietro Bracciolini), seppur con esiti non propriamente positivi.
Mazzini sarà il primo a elaborare un piano che possa godere di una qualche forma di successo, coordinando fra loro i vari gruppetti di cospiratori, e cercando al contempo di avviare una campagna di propaganda per sensibilizzare le masse e coinvolgerle in gesti che le emancipassero dal dominio straniero cui l’Italia da troppo tempo era sottoposta. Assoggettati a svariati ‘padroni’, gli italiani andavano sollecitati al fine di prendere parte ad azioni per affrancarsi dal dominio straniero.
Il processo ideologico che Mazzini aveva in mente era basato su idee repubblicane, che dessero una coscienza nazionale alle masse; presupposto indispensabile perché il popolo italiano si conquistasse la dignità di considerarsi ‘nazione’.
L’ideologo genovese rifiutava in toto l’idea della monarchia, convinto che quando il potere è nelle mani di un re non ci poteva essere uguaglianza. Collaboratore di diversi giornali di stampo liberale e iscritto alla carboneria, nel 1830 Giuseppe Mazzini veniva arrestato e mandato in esilio. Sarà questa l’occasione per fondare la Giovane Italia prima, e successivamente la Giovine Europa. Organizzazioni clandestine con il fine ultimo di esortare le coscienze.
Idee moderne quelle del Mazzini, da un punto di vista teorico però, perché nella pratica i suoi principi non erano affatto di facile attuazione, a causa dell’arretratezza popolare e soprattutto dell’eterogeneità della gente italica.
“La Vita è Missione, e quindi il Dovere è la sua legge suprema”. – Giuseppe Mazzini
Erano svariate le correnti liberali che trovavano spazio in quel periodo storico; alcune senza dubbio più moderate rispetto a quella del Mazzini. Fra queste, era di rilievo quella accreditata al Cavour.
Politico dotato di fine intelletto e tendente al conservatorismo, Camillo Benso conte di Cavour caldeggiava una politica riformista prudentemente liberale, visione che gli faceva vedere i moti insurrezionali come ‘spettri inquieti’.
Secondo Cavour la strada da intraprendere per ottenere l’indipendenza nazionale andava percorsa gradualmente, dopo aver effettuato una radicale ristrutturazione tecnica ed economica dell’intero paese, ovviamente sotto l’egida del Piemonte.
Tuttavia, la svolta decisiva per un inevitabile cambiamento, veniva dall’intraprendenza del generale Garibaldi. Che, come si evince dal film Viva l’Italia, dopo sei giorni di navigazione approdava con i suoi mille uomini in terra di Sicilia, acclamato come un liberatore.
Raggiunta Marsala, accolto dalla popolazione come un eroe, al raggiungimento del suo ambizioso obiettivo si frapponevano ostacoli incarnati dalla figura del generale borbonico Francesco Landi (Napoli, 13 ottobre 1792 – Napoli, 2 febbraio 1861 – nel film interpretato da Amedeo Girard). A Calatafimi, il generale Garibaldi (Renzo Ricci) e i suoi uomini affrontarono una turbolenza che presto si trasformava in un conflitto armato. Uno scontro assai cruento con i Borboni, anche se i garibaldini ne uscirono vittoriosi.
Sentendosi perduti, di fronte a una reazione tanto imprevista quanto determinata, i Borboni chiedevano un primo armistizio che si risolveva in un nulla di fatto, poiché non accettavano le condizioni imposte da Garibaldi.
Animato dal desiderio di dare giustizia a un popolo oppresso e preda di fame e povertà, il generale, spinto da quell’anelito di libertà che gli era proprio, non esitava ad avanzare raggiungendo Palermo. Anche qui, le camicie rosse si scontravano con l’esercito avversario, in collaborazione con il popolo.
Nonostante le masse contadine fossero rimaste estranee agli eventi, in quanto prive di alcun tipo di coscienza nazionale, la vittoria era nuovamente in mano ai garibaldini.
Attraversato lo stretto di Messina, le camicie rosse, con Garibaldi in testa, raggiungevano la terra di Calabria, dove trovavano sostegno e aiuto da parte della popolazione locale sottoposta ad angherie d’ogni genere.
Nel frattempo, Francesco II, dopo aver preso atto della piega negativa degli eventi, abbandonava Napoli e fuggiva a Gaeta.
A Napoli, dopo aver affrontato la storica battaglia del Volturno, a fiancheggiare il generale e i suoi interveniva Giuseppe Mazzini offrendo suggerimenti e consigli; in pratica li sollecitava a proseguire verso Roma, e poi verso Venezia, perché fossero parte dell’Italia unita.
Mentre Cavour, non soddisfatto degli avvenimenti, si impegnava affinché il re si mettesse a capo dell’esercito piemontese e raggiungesse Garibaldi. Con lo scopo di farsi consegnare il Regno delle due Sicilie e poter così unificare il paese sotto l’egida dei Savoia.
Consapevole che lo scotto da pagare per proseguire nella sua ‘missione’ sarebbe stato troppo alto, e che sarebbe costato il sacrificio di molti uomini e della stessa popolazione, Garibaldi prendeva l’unica decisione che il buon senso gli suggeriva. Anche perché, la lunga mano della politica di Cavour, arrivata a scompaginare la volontà di Mazzini e dei garibaldini, avrà un peso determinante sulla soluzione finale.
A quel punto, Garibaldi si vedeva obbligato a placare gli animi dei suoi uomini, Nino Bixio (Paolo Stoppa) in testa, e ad incontrare il re, Vittorio Emanuele II (nel film interpretato da Vittorio Bottone) a Teano, luogo diventato storicamente mitico, e a consegnargli brevi manu il Regno delle due Sicilie; mentre lui, deluso, si ritirava presso l’isola di Caprera.
I territori conquistati, grazie a un plebiscito, nel novembre del 1860 venivano annessi al Regno d’Italia; mentre il Parlamento sabaudo, l’anno successivo, proclamava Vittorio Emanuele II re d’Italia. Cavour, appagato per la realizzazione di quella che sembrava un’impresa utopica, scompariva dalla scena politica e da quella della vita.
“Sono figlio della libertà, e a lei devo tutto ciò che sono”. – Camillo Benso conte di Cavour
Tuttavia, sebbene l’apparente vittoria, le questioni ancora in sospeso erano svariate: fra queste la questione romana e il Veneto, regione da sottrarsi alla dominazione austriaca. Tasselli mancanti, affinché l’Italia si potesse definire un paese progredito.
Nonostante il successo dell’impresa di Giuseppe Garibaldi, le prime fasi dello stato unitario sarebbero state di estrema difficoltà. Soprattutto a causa dell’evidente eterogeneità delle genti italiche.
Dopo l’unificazione il profilo socioeconomico del paese era disastroso a causa del grave sottosviluppo che attanagliava qualsiasi settore dell’economia. La diffusione dell’agricoltura, prima fonte di sostentamento, era appena accettabile, ma le tecniche utilizzate e la scelta delle colture erano di assoluta arretratezza. A differenza dell’Europa occidentale dove già si era affermata un’agricoltura di stampo capitalistico che prometteva ampi profitti.
Mentre in Italia, soprattutto al Sud, vigeva un tipo di produzione meno redditizia, definita ‘a grano e pecore’, così come la distribuzione terriera, dove vigeva un enorme divario fra latifondi e minifondi. Il settore industriale era pressoché inesistente; a differenza di altri paesi europei molto più progrediti.
Insomma, l’Italia, all’indomani dell’Unità, era un paese allo sbando, lontano dalle prospettive di Garibaldi e da ciò che stava accadendo nel resto d’Europa. Ovvia conseguenza di secoli di dominazioni che avevano impedito nottetempo agli abitanti della penisola di amalgamarsi, perché troppo lontani fra loro per usi e costumi, oltre che a livello culturale.
La lingua italiana era praticamente sconosciuta alla massa, che per comunicare si serviva del dialetto. Ma i dialetti erano talmente lontani l’uno dall’altro, che costituivano un ostacolo insormontabile ai fini comunicativi.
La nobiltà, per esprimersi ricorreva all’italiano, mentre le classi meno abbienti, e soprattutto quelle povere, erano ancorate ai dialetti in uso da sempre.
In definitiva, quale giudizio dare a proposito della tanto agognata Unità d’Italia?
Che nonostante la lungimiranza di alcuni protagonisti della scena risorgimentale, Garibaldi, Mazzini e Cavour fra questi, le ferite impartite nel corso dei secoli ai diversi stati italiani non si erano rimarginate.
Spaccato di una realtà tutta italiana, Viva l’Italia è film che dà la cifra esatta di cambiamenti epocali, le cui conseguenze, tangibili ancora oggi, erano visibili nel tessuto sociale ed economico del Sud. A tutt’oggi, le differenze fra Nord e Sud d’Italia sono ben riconoscibili, e sono state colmate in minima parte, nel corso del tempo.
“Il primo bisogno dell’Italia è che si formino italiani dotati d’alti e forti caratteri. E pure troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si sono fatti gli Italiani”. – Massimo d’Azeglio
Autore di capolavori del neorealismo, Roberto Rossellini è stato un regista fra i più amati e apprezzati del cinema italiano del Novecento.
Pietra miliare della cinematografia, Viva l’Italia ha rappresentato una novità rispetto ad altre pellicole dedicate al Risorgimento. L’approccio narrativo lo si può definire ‘episodico’ in quanto racconta una pagina di storia fra le più importanti, con vari retroscena politici, mettendo in luce gli episodi fondamentali.
La figura che emerge con maggior incisività dalla narrazione filmica è Giuseppe Garibaldi, con tratti caratteriali e fisici ben presenti nell’immaginario comune degli spettatori.
Il generale è illustrato, così come viene descritto nella realtà, come un gentiluomo, un filantropo dotato di coraggio, una figura pregna di nobiltà d’animo e umanità. Rimandi questi, declinati anche nel suo quotidiano, come si evince dalle sequenze filmiche di Viva l’Italia.
Inoltre, Viva l’Italia è pellicola che sollecita più di una riflessione.
In primis, il sacrificio, in termini di vite umane, costato a una moltitudine di uomini, al fine di fare del suolo italiano un paese raccolto sotto a un’unica bandiera.
Il film si serve tra l’altro di una pregevole ed eccellente ricostruzione d’immagine, pressoché identica allo svolgersi dei fatti, grazie anche a una narrazione filmica realizzata nei siti dove si sono realmente svolti gli scontri fra i Borboni e l’esercito di Garibaldi.
E sono proprio quei territori, testimoni di cruenti combattimenti, a essere protagonisti di scene che ricordano eventi storici, bagaglio della memoria collettiva dell’Italia.
Da non trascurare è la ricostruzione di alcune delle battaglie affrontate da Garibaldi e dai suoi, dopo aver messo piede in Sicilia. Quella di Calatafimi, per esempio, momento filmico di particolare suggestione, in uno scenario quanto mai corrispondente al vero.
L’insurrezione di Palermo, da parte della popolazione tutta, mostrata come una città spettrale, specchio degli eventi che lì si sono consumati, e specchio soprattutto del clima in cui si è storicamente contestualizzata l’impresa dei Mille.
Il tutto, insieme a un’eccellente ricostruzione d’ambiente, così come i costumi e le numerose comparse: rappresentazione plastica di un’epoca che ha dato i natali al paese Italia.
La critica, a suo tempo, si è espressa in maniera dubbia circa il taglio registico impresso alla pellicola. Si è imputato al regista di aver offerto un punto di vista troppo moralistico e agiografico della figura di Giuseppe Garibaldi.
In realtà, il film è alieno dalla retorica risorgimentale, e approda invece al rigore storico dando un’interpretazione oggettiva degli eventi che hanno contribuito a cambiare il volto dell’Italia, portandolo, seppur fra molte difficoltà e lentamente, verso una progressiva evoluzione sociale ed economica.
In conclusione, una curiosità.
Il prozio di Rossellini è stato legato a Giuseppe Garibaldi da una sincera amicizia negli ultimi anni di vita del generale. E ciò, a conferma della validità delle fonti cui può aver attinto il regista, le quali hanno probabilmente contribuito a fotografare puntualmente il periodo storico in questione; non solo con una dovizia di dettagli completamente affidabile, ma anche dotato di un certo pathos che fa della pellicola un capolavoro della cinematografia di genere.
“Oggi ciò che importa anzitutto è moralizzare l’Italia”. – Giuseppe Mazzini
Written by Carolina Colombi