Storie di Pirati #2: il Capitano Roberts e la cattura che gli cambiò la vita
“Correva l’anno 1724. A Londra, vicino alla Cattedrale di San Paolo, nella libreria di Charles Rivington, apparve per la prima volta un piccolo volume in ottavo. L’autore, un certo Capitano Johnson, era un perfetto sconosciuto, e il libro sarebbe passato totalmente inosservato se non fosse stato per il suo titolo coinvolgente: A General Hystory of the Robberies and Murders of the most notorious Pyrates (Storia Generale delle ruberie e degli assassinii dei più celebri Pirati)” ‒ dall’introduzione italiana di Storia Generale dei Pirati

“Storia Generale delle ruberie e degli assassinii dei più celebri Pirati” fu il primo libro ad affrontare e descrivere il mondo dei pirati e dei filibustieri, e a ispirare la moderna visione della figura del pirata.
Il suo successo fra i lettori fu tale che ne furono ristampate tre edizioni in soli due anni, e autori quali Sir Walter Scott, R.L. Stevenson, J.M. Barrie, e Raphael Sabatini riconobbero apertamente il loro debito nell’aver tratto ispirazione dai resoconti del Capitano Johnson per personaggi quali Long John Silver e Capitan Uncino.
L’identità del Capitano Charles Johnson è avvolta nel mistero: sono state fatte differenti ipotesi, considerando soprattutto che egli aveva una conoscenza approfondita di molti fatti reali che narra, del linguaggio marinaresco, delle imbarcazioni e degli strumenti del mestiere, per cui si suppone fosse un pirata a tutti gli effetti o perlomeno un cacciatore di taglie.
Nella prima puntata della rubrica Storie di Pirati, abbiamo introdotto il Capitano Phillips, e abbiamo visto che spesso l’annessione alla ciurma avveniva forzatamente: dopo la cattura della nave i marinai venivano obbligati a unirsi ai nemici, pena la morte, o l’abbandono in luoghi deserti, e molti di essi, tra cui il nostro Capitano Johnson, aderivano con entusiasmo, nel lasciare una vita pericolosa, dura e meno redditizia.
Fra loro si contavano canaglie di ogni tipo: delinquenti, evasi, perseguitati, disertori e contrabbandieri, ma tra le file troviamo anche ex capitani di navi mercantili, esperti o meno aiutanti nel comando, ex corsari, le cui lettere di corsa venivano revocate al termine dei conflitti, e nobili che si convertivano alla pirateria per sete d’avventura, o per ribellione verso l’ordine costituito.
Uniti nel loro sogno di libertà e nel comune ideale di vita che prevedeva una ricchezza facile e veloce da sperperare poi altrettanto rapidamente, si ritenevano, più che meri delinquenti, oppressi ribellatisi alla corruzione dei governatori del Nuovo e del Vecchio Mondo, con i quali però compivano grandi affari a terra, ottenendo l’omertà.
Viene inoltre illustrato come la pirateria vivesse secondo leggi proprie: le decisioni importanti venivano prese da tutto l’equipaggio per alzata di mano, il capitano stesso veniva eletto dalla ciurma e la sua condotta seguita e giudicata dal quartiermastro, un uomo della ciurma, che insieme ad essa poteva persino rimuoverlo dall’incarico.

Esistevano leggi anche riguardo alle donne: a bordo della nave del capitano Phillips ad esempio, era proibitissimo, pena la morte, molestare e mancar di rispetto alle signore.
Ma su altre navi, le regole potevano essere ben diverse, e meno votate al rispetto della Donna o alla tutela delle prigioniere. I pirati erano infatti abili nel creare le regole, e altrettanto abili nell’aggirarle.
Addentriamoci per ciò nella vita e nelle regole del Capitano Roberts.
Bartolomew Roberts salpò da Londra con un modesto impiego a bordo della Princess, comandata dal capitano Plumb, di cui egli era capitano in seconda: lasciò l’Inghilterra nel novembre del 1719 e arrivò in Guinea intorno al febbraio successivo, e trovandosi ad Annabona per un carico di schiavi da trasportare nelle Indie Occidentali, venne catturato dal Capitano Howel Davis.
All’inizio era inorridito da quel genere di vita, e avrebbe senz’altro desiderato di fuggirsene, se solo gli si fosse presentata l’occasione buona; ma in seguito cambiò principii, come già tanti altri avevano fatto prima di lui per un motivo o per l’altro, e magari anche per la sua stessa ragione, cioè la carriera: e ciò che gli ripugnava da privato cittadino seppe accettarlo, con buona pace della coscienza, da comandante.
Fatto fuori Davis[1], la compagnia si trovò nel bisogno di rimpiazzarlo, per cui tra gli aristocratici dell’equipaggio si fecero avanti due o tre candidati che vantavano il titolo di Milordi, vale a dire Sympson, Ashplant, Anstis, ecc. e mentre costoro indugiavano a rivoltare la questione e a discutere di come sarebbe stato difficile e rischioso andare avanti senza la guida di un capo, con Davis tolto di mezzo a quel modo, Lord Dennis – su una bottiglia, si dice – fece la sua proposta.
Che in quel caso il vanto d’un titolo non aveva grande importanza, perché in verità in tutti i buoni governi (come il loro) il potere supremo era nelle mani della comunità, che poteva senz’altro conferirlo e revocarlo a proprio piacimento e a seconda del proprio interesse. “noi siamo quelli che han dato origine a questo diritto”, disse, “e dovesse giammai un capitano comportarsi in modo impudente da eccedere il suo mandato, beh, allora abbasso il capitano!
La sua morte sarà un ammonimento per i suoi successori delle fatali conseguenze che toccano chi s’arroga diritti che non ha. Comunque, la mia opinione è che, fintantoché siamo sobrii, facciamo cadere la nostra scelta su un uomo coraggioso e abile nella navigazione, uno che col suo giudizio e il suo valore sia in grado meglio di chiunque altro di difendere la nostra repubblica e ci protegga dai pericoli e dalle tempeste di questo incostante elemento, e ci ripari dalle fatali conseguenze dell’anarchia; e tal uomo è a parer mio Roberts. Un uomo, sono certo, degno della vostra stima e del vostro favore sotto ogni rispetto.”
Questo discorso fu molto applaudito da tutti eccetto Lord Sympson, che nutriva in segreto delle ambizioni personali ma di fronte allo smacco s’imbronciò e si allontanò sacramentando che “non gli importava chi sceglievano per capitano, bastava che non fosse un papista, perché contro i papisti, lui covava un irriconciliabile odio”, infatti suo padre era stato tra le vittime della ribellione di Monmouth[2].
Roberts venne quindi eletto, ancorché non fossero sei settimane che si trovava a bordo; la scelta fu confermata sia dai Milordi sia dai Comuni, ed egli accettò l’onore, dicendo che “dal momento che s’era sporcato le mani e doveva essere pirata, meglio esserlo da comandante, che da semplice marinaio.”
Non appena fu formato il governo, con la creazione di nuovi ufficiali al posto di quelli uccisi dai portoghesi, la compagnia risolvette di vendicare la morte del Capitano Davis, che godeva di un rispetto fuori dell’ordinario tra la ciurma, tanto per la sua affabilità e la sua umanità, quanto per la bravura e l’intrepidezza dimostrate in ogni occasione, e dando corso alla risoluzione una trentina di uomini scesero a terra per andare all’assalto del forte, cui si giungeva inerpicandosi su per un ripido pendio giusto in faccia alle bocche dei cannoni […]; non appena vennero avvistati, i portoghesi abbandonarono le loro postazioni e fuggirono in città, sicché i pirati penetrarono nel forte e scaraventarono tutti i cannoni in mare, e quindi si ritirarono in tutta calma sulla nave.
Ma ancora non pareva loro d’essersi presa una sufficiente soddisfazione per l’offesa che avevano ricevuta, onde la maggioranza della compagnia propose di dare fuoco alla città. Roberts avrebbe acconsentito, disse, se soltanto si fosse trovato il modo di farlo senza correre troppi rischi, giacché la città era meglio protetta del forte, con un fitto bosco che le arrivava quasi a ridosso e offriva riparo ai difensori […]. Queste prudenti parole ebbero la meglio; nulladimeno piazzarono 12 cannoni sulla nave francese che avevano catturata e la alleggerirono, così da poter risalire le acque basse del canale, raggiungere la città e radere al suolo diverse abitazioni; dopo di che fecero ritorno a bordo della loro nave, restituirono il vascello francese ai legittimi proprietarii, e lasciarono il porto al bagliore di due navi portoghesi che si compiacquero di dare alle fiamme.

Salpata da Sao Tomè, la Rover del Capitano Roberts si dà alla razzia lungo le coste brasiliane, per poi spingersi a Nord sino alle coste del Maryland, e di nuovo a Sud, sino al Mar dei Caraibi, e poi della Guiana, dove a seguito della cattura di una corvetta che proveniva da Boston, la compagnia si separa:
Qualche giorno dopo aver catturata la summenzionata nave della Virginia, incrociando alla latitudine della Giamaica, Kennedy prese una corvetta in arrivo da Boston, carica di pane e farina. Vi salirono a bordo tutti coloro che erano per sciogliere la banda, separandosi da quelli che invece eran dell’idea di proseguire in cerca di altre avventure. Tra i primi era Kennedy, il capitano, del cui onore avevano tutti un tanto miserabile concetto, che erano sul punto di gettarlo a mare quando se lo ritrovarono sulla nave, temendo che al ritorno in Inghilterra li potesse tradire; giacché fin da bambino era stato cresciuto come borsaiolo, e prima di diventare pirata era stato un ladruncolo scassinatore: che sono entrambe professioni di cui questi gentiluomini hanno una pessima opinione. […]
La compagnia di Kennedy fece rotta verso l’Irlanda, ma approdarono in Scozia a causa della loro incompetenza nella navigazione. La compagnia, abbandonata la nave in una baia isolata, proseguì a piedi lungo il paese, ma a causa della loro condotta, i pirati furono man mano arrestati o uccisi lungo il cammino.
Di essi solo in sei giunsero in Irlanda, tra cui Kennedy, che finì a sua volta arrestato a seguito dell’accusa di furto da parte di una prostituta, infine riconosciuto, e giustiziato per pirateria il 19 giugno 1721 al Dock delle Esecuzioni di Londra.
Il Capitano Johnson commenta l’esecuzione di Kennedy con le seguenti parole:
Così vediamo che disastroso destino spetta ai malvagi e come raramente essi sfuggano al debito castigo per i loro delitti. Abbandonati a una simile vita dissoluta, costoro rubano, saccheggiano e spogliano l’umanità, contravvenendo al lume della legge della natura, non meno che alla legge di Dio. […] Tutto il profitto che ne trassero (i compagni) fu di elogiare il senso della giustizia della corte, che aveva condannato Kennedy perché (dissero) era un cane miserabile, e meritava la fine che aveva fatto.
Ma per tornare a Roberts, che abbiamo lasciato sulla Costa della Guiana, infuriato per quanto gli avevan fatto Kennedy e la ciurma.
Adesso andava progettando nuove avventure per il piccolo equipaggio della sua corvetta; ma riflettendo sul fatto che fino a quel momento erano stati una compagnia tutta sbrindellata, redasse un codice di leggi da sottoscrivere e giurare, onde garantire la miglior conservazione del sodalizio, e mantenere al suo interno la giustizia; tutti gli Irlandesi ne erano esclusi, per i quali i pirati avevano maturato un implacabile odio a causa di Kennedy. Non saprei dire come Roberts potesse davvero credere che i suoi compagni avrebbero obbedito a un tal giuramento, quando avevano già sfidate le leggi di Dio e degli uomini; ma era convinto che la loro salvezza consistesse in ciò: che era interesse di tutti di rispettare quelle regole, se avevano intenzione di tenere in piedi quella loro abominevole confraternita.
Ciò che segue è la sostanza del codice di Roberts, in base alle informazioni rilasciate dagli stessi pirati.
1. Ciascuno ha diritto di Voto negli Affari d’Importanza; ha egual Titolo sui Viveri freschi o i Liquori catturati in qualunque Momento, e può disporne a piacimento, salvo che in caso di Scarsità (cosa non infrequente tra i pirati) non sia necessario, per il bene di tutti, provvedere al Razionamento.
2. Ciascuno deve essere senza inganno ammesso a turno a Bordo di ogni Nave catturata, poiché (oltre alla propria parte di Bottino) tutti hanno diritto in queste Occasioni a una Muta d’Abiti: ma qualora uno defraudasse la Compagnia del Valore di un Dollaro, in Argento, Gioielli, o Denaro, la Punizione è l’Abbandono. (Consisteva nel barbaro uso di mettere a terra il reo su un qualche desolato o disabitato capo o isola, con un fucile, qualche colpo, una bottiglia d’acqua e una bottiglia di polvere, con cui sopravvivere o morire di fame. Se il furto avveniva semplicemente tra un pirata e l’altro, si contentavano di tagliar via le orecchie e il naso del colpevole e metterlo a riva, non in un luogo disabitato ma da qualche parte ove fosse sicuro che avrebbe trovata una vita dura).
3. Che nessuno giochi a Carte o a Dadi per Denaro.
4. Le Luci e le Candele si spegneranno alle otto Ore in punto di Sera. Se qualcuno della Ciurma avesse ancora voglia di bere dopo quell’Ora, lo farà all’aperto sul Ponte. (Cosa che Roberts credeva avrebbe tenuto a bada i loro stravizi, siccome personalmente egli era di temperamento sobrio, ma alla fine si avvide che tutti i suoi sforzi per porre un freno ai bagordi erano inutili).
5. Si tengano le Armi, le Pistole e le Sciabole in ordine e pronti all’Uso. (Su questo articolo erano eccezionalmente meticolosi, sforzandosi di superarsi a vicenda per la bellezza e la ricchezza delle rispettive armi, arrivando a pagare trenta o quaranta sterline un paio di pistole messo all’incanto davanti all’albero della nave. Quando entravano in azione tenevano queste pistole appese con fasce di diversi colori ad armacollo, in un modo tutto loro particolare, di cui si compiacevano grandemente).
6. Non sono ammessi né Ragazzi né Donne. Se qualcuno seduce una Donna e la porta a Bordo travestita, sarà punito con la Morte. (Cosicché quando una donna cadeva nelle loro mani, come accadde con la Onslow, le mettevano immediatamente di guardia una sentinella per impedire che da un tanto pericoloso strumento di divisione e discordia derivasse alcuna mala conseguenza; ma qui sta l’inganno: essi si contendevano il posto di sentinella, che generalmente toccava a uno dei maggiori bravacci, il quale per preservare la virtù della donzella, non permetteva a nessuno di giacere con lei fuorché a se stesso).
7. Abbandonare la Nave o il Ponte durante la Battaglia, è punito con la Morte o l’Abbandono.
8. Nessun duello a Bordo, ma che ogni Questione sia regolata a Terra, alla Spada e alla Pistola nel Modo seguente: il Quartiermastro della Nave, qualora i Contendenti non giungano a una Riconciliazione, li accompagna a Terra con il Seguito ch’egli riterrà opportuno, e li colloca Schiena a Schiena a una certa Distanza. Al dato Ordine, i Duellanti si voltano e immediatamente fanno Fuoco (altrimenti le Armi vengono tolte loro di Mano). Se entrambi mancano il bersaglio, si passa alla Sciabola, e allora viene dichiarato Vincitore colui che per primo fa scorrere il Sangue.
9. È proibito a chiunque di parlare di abbandonare la Vita piratesca finché a ciascuno non è toccata una quota di 1000 sterline. Se nel frattempo un Uomo perde un Arto o diventa storpio nel compiere il suo Dovere, deve ricevere 800 Dollari dalla Cassa comune, e in proporzione per le mutilazioni minori.
10. Il Capitano e il Quartiermastro riceveranno due Quote del Bottino, il Secondo, il Nostromo e il Cannoniere una Quota e mezza, e gli altri Ufficiali una Quota e un quarto.
11. I Musicanti riposeranno il Giorno di sabato, ma non ci sarà alcun Trattamento di Favore negli altri sei Giorni e sei Notti.
Emanata una legge, c’è sempre chi trova l’espediente per eluderla. Si dice in genere con rassegnata sfiducia nella forza delle norme giudicate buone, e con riprovazione per i furbi, ma talora assume il valore di una sollecitazione all’astuta mancanza di scrupoli. Ebbene, i pirati in questo erano dei veri esperti.
Info
Photo “Storie di pirati – Capitano Roberts” – Olio su tela “Lo scontro navale di Cartagena” di Samuel Scott (1708)
Bibliografia
“Storia Generale dei Pirati”, Capitano Johnson, Cavallo di Ferro Editore, Roma, 2006
Note
[1] Nel capitolo precedente del libro, si narra come Davis morì in un agguato organizzato dal Governatore di Sao Tomè.
[2] La ribellione di Monmouth (1685) venne condotta contro Re Giacomo II, cattolico romano, da James Scott, duca di Monmouth che affermava essere il legittimo erede al trono. Il duca fu sconfitto in battaglia e giustiziato.
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