Honoré Fragonard e gli studi di anatomia e mummificazione
Chi entra per la prima volta nel Museo della Scuola nazionale di Medicina veterinaria di Alfort, in Francia, rimane sconcertato nel trovarsi di fronte al “Cavaliere” di Fragonard.

Questi non è da confondere con Jean-Honoré Fragonard (5 aprile 1732 – 22 agosto 1806), celebre pittore francese, allievo di Boucher e di Chardin, che fu in Italia nel 1752 e nel 1773, uno tra gli ultimi rappresentanti del Rococò, nonché eccellente disegnatore e illustratore di La Fontaine, Ariosto e Cervantes.
In questo articolo parliamo di suo cugino, Honoré Fragonard.
Nato a Grasse il 13 giungo del 1732 (come il pittore) da un’agiata famiglia di profumieri (ancora oggi, a Grasse, è famosa la Casa Fragonard), a diciotto anni si reca a Lione, ma sei anni dopo ritorna nella sua città natale per prendere un “brevet d’apprentissage”, conseguito nel 1759 presso il chirurgo René Lambert.
Si perdono le tracce del Nostro fino al 1763, quando lo troviamo direttore della Scuola veterinaria di Lione, fondata nel 1761 da Claude Bourgelat (1712 – 1779), avvocato con la passione per i cavalli, e che prende subito il nome di “Ecole Royale Vetérinaire”, la prima scuola di medicina per animali del mondo.
Dunque, a Lione, Fragonard fu professore e dimostratore di anatomia, un luminare nel suo campo, dedicandosi anche allo studio dei veleni vegetali e alla ricerca sui prodotti chimici capaci di mummificare i cadaveri.
Intanto, nel 1765, si apre una scuola analoga a Parigi, trasferita un anno dopo nel castello di Alfort. Qui ritroviamo Fragonard come intendente, una sorta di direttore, che però non abbandona lo studio dell’anatomia del cavallo, della mucca, della pecora e dell’uomo.
Con i suoi allievi, prepara animali imbalsamati o immersi in liquidi conservanti (un inventario del 1795 ne riporta 3033, duemila dei quali eseguiti in meno di nove anni) e, com’è ovvio, tutto questo fervore attira l’invidia di Bourgelat, che, con losche manovre, riesce a convincere il ministro Bertain a mandare in pensione il noto anatomista.

Così, nel 1771, a soli trentanove anni, Honoré Fragonard è brutalmente messo in disparte.
Se la sua carriera di veterinario è stata stroncata, non manca tuttavia di una certa reputazione e soprattutto di una indiscussa pratica anatomica. Ma qui si perdono nuovamente le sue tracce, fino al 1778, quando sposa la vedova Marie Decaux, che morirà tre anni dopo.
Nel 1792, Fragonard si presenta all’Assemblea Legislativa per sollecitare la creazione di un “cabinet anatomique national”, che non verrà mai realizzato.
Dopo una lunga battaglia, nel 1795 la collezione d’Alfort è smembrata: parte andrà al Muséum National d’Histoire Naturelle e parte all’Ecole de Santé di Parigi, dove Fragonard è nominato chargé de diriger les recherches anatomiques et d’exercer les élèves dans l’art d’injecter (“incaricato di dirigere le ricerche anatomiche e di far esercitare gli studenti nell’arte di iniettare”).
Honoré Fragonard morirà il 19 germinale dell’anno VII, cioè il 5 aprile 1799.
All’inizio abbiamo detto che il nostro Fragonard era cugino del famoso pittore omonimo; l’arte dell’uno, sulla tela, eguagliava l’arte dell’altro, nella preparazione dei cadaveri.
Descrivere i preparati di questo anatomo-artista è impossibile: bisogna vederli.
La scienza aveva fornito a Fragonard l’occasione di modellare delle sculture di carne, e lui fu un vero artista nel triplice senso della parola: artigiano, manovale dell’arte e artista.

Il famoso “Cavallo e cavaliere” è del 1771. Trattasi di un destriero con in groppa il suo cavaliere, non imbalsamati nel senso tradizionale della parola: un animale impagliato con sopra una mummia.
Più nello specifico, sullo scheletro sono messi in evidenza i tendini e i muscoli, le vene e le arterie, ma non nella loro integrità, bensì staccati, sollevati, svolazzanti, accartocciati, laminati o a tutto tondo.
“Venez et voyes! (Venite e vedete)”, come diceva lo stesso Fragonard.
Purtroppo il tempo e l’incuria degli uomini sono stati fatali per quasi tutti i lavori di Fragonard: delle migliaia di preparati ne sono giunti a noi non più di una dozzina. Oltre a ciò, è andato perduto anche il segreto della loro creazione.
Written by Alberto Rossignoli
Info
Rubrica Le métier de la critique
Pratiche di mummificazione America ed Europa
Pratiche di mummificazione Africa, Asia, Australia ed Oceania
Bibliografia
R. Grilletto, “Il mistero delle mummie”, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma 1996.